Aprile: «Così la lobby dell’autonomia punta a svendere l’Italia»

Aprile: «Così la lobby dell’autonomia punta a svendere l’Italia»

Il Quotidiano del Sud
Aprile: «Così la lobby dell’autonomia punta a svendere l’Italia»

L’ACCUSA è pesante, e Pino Aprile, giornalista di rango, autore di Terroni, un bestseller che ha cambiato la narrazione del Sud Italia, l’ha illustrata chiara e tonda, senza mezze parole, davanti ai deputati della Commissione sul Federalismo: “Ci sarebbe una lobbie potente che vuole spaccare il Paese per colpire l’Europa”. L’intervista allo scrittore Pino Aprile parte proprio da qui: “È scontatissimo che ci siano dei poteri economici e politici, ma la distinzione fra l’uno e l’altro non è chiarissima, e mirano ad un’Italia debole e frammentata. Del resto, nella giungla dell’economia, tutti possono essere delle prede. Anche i Paesi ricchi come la Germania”.

Ce lo spiega meglio?

“La neonazista Afd, Alternativa per la Germania, vide crescere i consensi sino a divenire il secondo partito tedesco. A stravincerne il congresso furono i più estremisti iper-patrioti, Petr Bystron e Maximillian Krah. Salvo scoprire che il primo prende soldi dai russi, tramite il portale Voice of Europe e a casa, la polizia gli ha trovato una decina di lingotti d’oro. Il secondo è filo-moscovita, ma riceve con regolarità “contributi” da Pechino. Come sintetizzato dai giornali, sono “patrioti, ma degli altri”.

D’accordo, ma che cosa c’entra questo con l’Italia e l’autonomia?

“Ci sono poteri e capitali enormi che aspettano o creano condizioni di debolezza degli Stati per prenderne le risorse a prezzo di saldo, fallimentare”

Aprile, ma perché proprio l’Italia?

“Per la verità già qualche anno fa, ai tempi della crisi dei subprime si disse che dopo la Grecia, martirizzata dall’Europa per conto della Germania, toccava all’Italia. Si obiettò che la Grecia non ha una vera economia, mentre la nostra è una delle maggiori e più complesse e la popolazione dell’Italia è sei volte quella greca. L’obiezione non regge più se il Paese frantumato in una ventina di staterelli conflittuali e astiosi che cercano di sottrarsi risorse l’un l’altro”.

Insomma, teme la sindrome di Atene?

“E’ utile ricordare come il parlamento greco consegnò il proprio Paese agli speculatori tedeschi. Il due gennaio del 2013, al tavolo di un bar sotto i portici dinanzi alla stazione centrale di Milano, un imprenditore italiano discuteva di affari con investitori arabi. Si avvicinò un tale che l’italiano scambiò per un barbone, ma che gli arabi gli chiesero di accompagnare in banca e aiutarlo, perché in difficoltà con la nostra lingua. L’imprenditore si trovò coinvolto nel trasferimento a Dubai di 270 milioni di euro fascettati “Deutsche bank”. Infastidito, chiese spiegazioni agli arabi. Gli dissero che il presunto barbone era un sottosegretario del governo greco e quei soldi erano la seconda parte di 500 milioni (la prima inviata da Parigi) da trasformare in diamanti, con cui comprare il voto della maggioranza in parlamento, a favore della Germania e a danno della Grecia. Se serve, posso fornire il nome e il cognome dell’imprenditore”.

Ci sarebbe un piano analogo anche per l’Italia secondo Pino Aprile?

“Con l’autonomia differenziata avremmo un Paese molto più debole. E, a questo punto, i poteri sovranazionali sbranerebbero prima il più fragile Sud, con la partecipazione di avvoltoi nostrani, poi il Nord indebolito dalla perdita del primo mercato delle sue merci, il Mezzogiorno, e da una conflittualità interna che riproporrebbe lo schema Nord-Sud attuale, dal momento che quattro regioni su otto (Val d’Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige e Friuli) ricevono più di quanto versino, sono tecnicamente assistite”.

Sarò anche ingenuo, ma perché i partiti nazionali si presterebbero a un’operazione del genere?

“I motivi li vedremo. Resta il fatto che chiunque lavori per l’indebolimento del Paese fa gli interessi dei nemici dell’Italia”.

Aprile, ma non c’è anche chi ci guadagna, in Italia, con l’autonomia differenziata?

“No, come è stato detto tanto e autorevolmente sostenuto da esponenti della Corte dei Conti, dell’Ufficio parlamentare del Bilancio, della Banca d’Italia, di Confindustria, della Svimez e dai maggiori costituzionalisti. Tutti sono stati d’accordo nei giudicare la riforma Calderoli nello “spacca-Italia” o la “secessione dei ricchi”.

Un costituzionalista come Cassese non la pensa, però, così.

“Mi ha sempre colpito la sua improvvisa e per ora inspiegata conversione. Qualcuno sospetta che sia avvenuta sulla via del Quirinale, per conquistare una parte dei voti della destra”.

Per ora c’è stata la conversione di tutta la sinistra contro l’autonomia differenziata?

“Su questo tema non ci sono innocenti. Anzi posso dire che questa vicenda dimostra, in maniera definitiva, che la politica italiana non è mossa dall’ideologia ma dalla geografia, è Nord contro Sud. Lo è stato durante la monarchia, la dittatura e la Repubblica, con i governi tecnici e quelli politici, indifferentemente dal loro colore. L’essenza di questa politica è stato lo sfruttamento coloniale di una parte del paese, il Sud, per rendere super-produttivo il Nord. Un modello classico nell’economia industrializzata, sperimentato per la prima volta in Gran Bretagna. Solo che ora è anti-storico, non rafforza ma indebolisce i Paesi. Il fatto che, in Italia, questo sistema duri ancora oggi, quando la rivoluzione digitale ha di fatto reso superflui perfino gli Stati nazionali, rappresenta un evidente paradosso. L’autonomia differenziata rappresenta solo l’estremo tentativo di fossilizzare il sistema di potere politico ed economico italiano”.

In Parlamento lo scontro si è ormai radicalizzato, con la Sinistra che minaccia le barricate.

“Quello del Pd è una presa di coscienza tardiva e parziale. La verità è che su questo terreno nessuno è innocente. Tutti i partiti sono stati d’accordo a Nord e succubi a Sud. Uno dei più grandi sostenitori dell’autonomia differenziata è stato Bonaccini, esponente di punta del Pd, allineato con Zaia e Fontana. Posizione oggi tacitata perché non conviene al ruolo di un partito all’opposizione. Gli stessi Cinquestelle hanno fatto un governo con la Lega in cui c’era, nel programma, l’autonomia differenziata. E quando, con il Conte-bis, hanno sostituito la Lega con il Pd, sono stati gli stessi pentastellati a confermare il progetto. Tutti d’accordo anche con Draghi, con Fdi che invece era contraria. Oggi, anche il partito della Meloni si è schierata dalla parte dell’autonomia”.

Però il centrodestra non è tutto compatto. E ci sono forze, come la stessa Fdi o Forza Italia, che puntano ad allungare i tempi della riforma insistendo sull’ultima trincea, Aprile, quella della definizione dei Lep, i cosiddetti Livelli Essenziali delle Prestazioni.

“Una mossa sbagliata. I Lep sono incostituzionali. Sono stati introdotti, nel 2001, dalla sinistra. Ma in nessuna parte della Costituzione è scritto che c’è un minimo irrinunciabile per i più deboli e condizioni di maggior favore per i più forti. Per dirla in maniera semplice l’articolo quinto potremmo tradurlo così: “Chi ha in mano i soldi ha vinto”. Anche perché il passaggio dei poteri alle Regioni dovrebbe avvenire a invarianza di gettito. Quindi, lo Stato nazionale avrebbe problemi a finanziarsi e dovrà fare nuovo debito. E qui torniamo al discorso iniziale. Il debito pubblico solo per una piccola parte è in mano agli italiani. Il resto è distribuito fra potentati economici internazionali che potrebbero avere interesse opposti a quelli nazionali. Ha ragione il presidente della Svimez, Adriano Giannola, quando al posto dei Lep ha lanciato l’idea dei Lup, Livelli Uniformi delle Prestazioni, senza differenze cioè basate sulla residenza degli italiani. Ma questo non frantumerebbe il Paese. Caso mai, rafforzerebbe la sua unità”.

Il Quotidiano del Sud.
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