Il mistero dei dossier di Striano: 200mila scaricamenti illegali dalla banca dati della DNA

RMAG news

Sono oltre 200mila gli atti che la Procura di Perugia ritiene siano stati scaricati illecitamente dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano dalle varie banche dati della Direzione nazionale antimafia tra il 2019 e il 2022. Numeri che appaiono forse anche il triplo di quelli ipotizzati inizialmente. Una schedatura di massa di queste proporzioni non si vedeva dai tempi del Servizio informazioni forze armate (Sifar), l’allora servizio segreto militare.

Dal 1958 al 1964 il Sifar aveva infatti raccolto informazioni, in maniera illecita, su circa 157mila persone. La circostanza, emersa a margine dell’inchiesta parlamentare sul Piano Solo, il tentato colpo di stato pianificato nel 1964, determinò un tale clamore che il governo decise nel 1966 di sciogliere il Sifar. Per far luce su questa attività di dossieraggio illegale, l’allora ministro della Difesa, Roberto Tremelloni nominò una commissione presieduta dal generale Aldo Beolchini, ex partigiano e medaglia d’argento al valor miliare. Il generale, nella relazione conclusiva, affermò che la raccolta di informazioni compiuta dal Sifar “era finalizzata ad evidenti intenti ricattatori, sia nelle illegittime modalità di esecuzione, sia nell’intenzionale travisamento dei fatti preordinato al raggiungimento di conclusioni quanto più svantaggiose per il vigilato”.

Se i “dossierati” del Sifar erano 157mila, gli attuali numeri dell’Antimafia non possono non fare paura. Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, titolare del procedimento nato a seguito della denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, uno dei tanti “dossierati”, aveva chiesto al giudice di arrestare Striano e il suo superiore diretto, l’ex pm Antonio Laudati. Richiesta che era stata respinta e che vede ora il ricorso della Procura pendente al tribunale del Riesame. L’udienza è prevista per il prossimo 12 novembre. Laudati e Striano, il primo adesso in pensione e il secondo trasferito in un reparto non operativo e privato delle password, sono accusati di accesso abusivo a banche dati e violazione del segreto. L’indagine sul “verminaio” della Dna, per utilizzare una frase di Cantone, sembra comunque destinata a riservare altre sorprese.

Dall’inchiesta è già emerso che alcuni dei documenti sono finiti ai giornalisti investigativi del Domani mentre rimane il mistero su a chi sia stata destinata la parte più cospicua di essi. Striano e Laudati sul punto si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nella richiesta di arresto nei loro confronti la Procura ha sostenuto che avrebbero condiviso una modalità di lavoro del tutto “abusiva e sganciata dai compiti istituzionali della Dna”. Gli atti del procedimento di Perugia sono stati trasmessi all’inizio del mese alla Commissione parlamentare antimafia, presieduta dalla meloniana Chiara Colosimo, che al momento sta però procedendo, nonostante le dimensioni delle scandalo, con il freno a mano tirato. L’inerzia è tale che nessuno si è ancora preso la briga di leggere con attenzione tali atti.

La vicenda ha avuto riflessi anche nella Santa sede. “Se la mia testimonianza può essere utile per ricostruire la verità, mi rendo pienamente disponibile”, ha detto questa settimana il cardinale Angelo Becciu in una intervista al Tempo parlando della sua disponibilità ad essere ascoltato. Nel caso è infatti emerso che anche persone del Vaticano, in relazione al processo sul palazzo di Londra con i soldi della Segreteria di stato, furono spiate da Striano. “Questa storia dei dossieraggi mi ha totalmente sconvolto”, ha affermato Becciu.

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