Il Libano fa la fine di Gaza: attacchi israeliani e 27mila sfollati

RMAG news

Nessuna tregua

Perché la guerra totale è la sua assicurazione sulla vita politica. La guerra non come strumento ma come fine. È la dottrina Netanyahu. Libano: la nuova Gaza. «I vostri stivali entreranno nei villaggi che Hezbollah ha trasformato in una vasta postazione militare». Queste parole, rivolte alle truppe dal capo dell’esercito israeliano, sono il segnale che la guerra nel sud del Libano potrebbe salire drammaticamente di livello da un momento all’altro. Il copione finora ha ricalcato l’evoluzione del conflitto a Gaza, ossia il bombardamento prolungato delle postazioni nemiche per aprire la strada alle truppe di terra, la mobilitazione dei riservisti (due brigate dispiegate nel nord) e la richiesta ai civili di evacuare i villaggi di confine.

Un forcing israeliano a cui i miliziani di Hezbollah stanno rispondendo colpo sul colpo, inondando di razzi la Galilea e arrivando persino a lanciare per la prima volta un missile balistico su Tel Aviv. È uno scenario da orlo del precipizio, tra febbrili tentativi della diplomazia internazionale per evitare il peggio. Missili e bombe continuano ad oscurare i cieli del fronte nord. Gli israeliani hanno riferito di aver colpito con i loro caccia 2mila postazioni dei miliziani sciiti in tre giorni. Dall’altra parte le sirene d’allarme hanno risuonato fino a un centinaio di chilometri dal confine, a Tel Aviv, quando Hezbollah ha lanciato un missile terra-superficie che, secondo l’esercito israeliano, è stato intercettato. L’obiettivo era il quartier generale del Mossad, accusato di aver decapitato la leadership militare del movimento libanese facendo esplodere migliaia di cerca persone e walkie-talkie.

Il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha minacciato di ritirare dal governo Otzma Yehudit, il partito di estrema destra di cui è leader, qualora il primo ministro, Benjamin Netanyahu, dovesse accettare un cessate-il-fuoco con Hezbollah. «Se il cessate-il-fuoco temporaneo diventasse permanente ci dimetteremo dal governo», ha dichiarato dopo un incontro con i deputati del suo partito, secondo quanto riporta il Times of Israel. «La cosa più basilare e comprensibile è che quando il tuo nemico è in ginocchio, non gli permetti di riprendersi, ma lavori per sconfiggerlo», ha continuato il ministro, sostenendo che «mettere in pausa i combattimenti trasmette debolezza, mette a repentaglio la sicurezza dei tuoi cittadini e dimostra che non hai intenzione di vincere». Sostenendo che il suo partito «non abbandonerà i residenti del nord», Ben Gvir ha aggiunto che «ogni giorno in cui questo cessate-il-fuoco è in vigore e Israele non combatte nel nord, Otzma Yehudit non è impegnato nella coalizione».

I falchi non hanno da temere. “Tregua” è una parola che non esiste nel vocabolario di Bibi. L’ufficio del Primo ministro smentisce l’apertura a una tregua da parte di Israele in vista dell’avvio di colloqui. Lo fa sapere lo stesso ufficio di Netanyahu. «Si tratta di una proposta franco-americana a cui il primo ministro non ha ancora risposto», afferma l’ufficio del primo ministro israeliano. La dichiarazione definisce inoltre come “contrario alla verità” un rapporto di Channel 12, secondo cui Netanyahu avrebbe ordinato all’Idf di attenuare gli attacchi in Libano, affermando che il premier ha autorizzato l’esercito a continuare a colpire con tutta la sua forza e aggiungendo che i combattimenti a Gaza continueranno finchè non saranno raggiunti tutti gli obiettivi della guerra.
Anche il ministro degli Esteri israeliano, dopo le dichiarazioni di Netanyahu, ha confermato che «non ci sarà alcun cessate-il-fuoco» al confine libanese. “Continueremo a combattere con tutte le nostre forze contro l’organizzazione terroristica Hezbollah fino alla vittoria e al ritorno sicuro degli abitanti del nord nelle loro case”, ha promesso Israel Katz in un post sul social X.

Cronaca di guerra

Un raid aereo israeliano ha distrutto un edificio di tre piani nella valle libanese della Bekaa. Lo riferisce il ministero della Salute libanese, secondo cui l’edificio, abitato da diverse famiglie, è stato completamente raso al suolo, causando la morte di otto persone, tra cui donne e bambini. Decine di feriti sono stati evacuati verso gli ospedali della regione dalla Croce rossa libanese e dalla Protezione civile. Questa incursione fa parte di un’escalation di attacchi aerei israeliani che, dalle prime ore di mercoledì 25 settembre mattina, hanno colpito numerose località nel sud del Libano, sempre secondo il ministero libanese. Tra le 5 e le 8 del mattino (tra le 4 e le 7 in Italia), sono stati bombardati i villaggi di Debbin, Deir Serian, Tayr Debba, Maarake, Bedias, Bazouriye e Majdel Zoun, Tebnin, Souane, Qabrikha, Nabatiyé el-Fawqa e Kfar Remmane.

Poco prima, attorno alle 4.30 locali, violenti attacchi israeliani avevano colpito la regione di Nabatiye, provocando danni significativi alle zone residenziali. In un attacco notturno sulla strada da Douris a Baalbeck, nove persone hanno perso la vita. A Baalbeck, secondo il ministero della Salute libanese, circa 40 attacchi aerei hanno devastato i dintorni della città, nota per le rovine monumentali di epoca romana. Nel villaggio di Shaat, un’intera famiglia è stata sterminata da un bombardamento israeliano, in quello che è stato definito un vero e proprio massacro. Altre località di Bekaa sono state colpite: Sohmor, Yohmor e Jlala, vicino a Shtura. Nella tarda serata di mercoledì i jet israeliani hanno preso di mira le località di Tayr Felsay, Tayr Harfa, Srifa e Wadi el-Kfur nel sud del Libano. E bombardamenti al fosforo sono stati segnalati nei pressi di Naqura. Nelle stesse ore, i villaggi meridionali di Yater, Salaa e Habboush sono stati presi di mira, con un attacco che ha colpito un edificio vicino a un’autostrada: due civili, un ingegnere e sua moglie, sono stati uccisi a Nabatiye.

Sono oltre 100, tra cui 23 donne e 32 minori, i rifugiati siriani che sono stati uccisi da quando si sono intensificati i bombardamenti israeliani sul Libano. Lo ha reso noto l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito e fonti in Siria, secondo cui i rifugiati in fuga dagli orrori della guerra nel loro Paese stanno ora affrontando la morte a causa dei raid dello Stato ebraico. Secondo l’Osservatorio, questi rifugiati hanno davanti a loro scelte molto difficili: restare in Libano sotto il fuoco israeliano o tornare nelle aree controllate dal regime siriano, dove rischiano l’arresto. Si stima che 1,5 milioni di rifugiati siriani vivano attualmente in Libano, la maggior parte in condizioni complicate. Già molti di loro sono senza casa a causa dell’aumento del costo della vita, ma ora a seguito dell’ondata di attacchi ancora di più ora sono costretti a dormire nei parchi o per strada.

Si avvicina ormai a 100mila il numero di persone costrette a fuggire da casa in Libano da lunedì, in appena 4 giorni, sullo sfondo dei raid condotti da Israele. Lo riferisce la Bbc britannica citando i dati aggiornati diffusi dal ministro dell’Interno libanese, Bassam Mawlawi. Il ministro ha detto che al momento si contano 70.100 sfollati interni, alloggiati in 535 ricoveri di fortuna, e 27mila profughi scappati oltre confine, la metà dei quali risultano essere cittadini siriani residenti in Libano che sono tornati in patria.

Bombardamenti a tappeto ed eliminazioni mirate

Il comandante delle forze aeree di Hezbollah, Muhammad Hussein Sarour, è stato ucciso nel raid israeliano su Beirut. Lo hanno confermato le forze israeliane di difesa (Idf), citate da The Times of Israel. Secondo Tel Aviv, Sarour avrebbe diretto e comandato numerosi attacchi aerei contro Israele, utilizzando droni carichi di esplosivo e missili da crociera. Negli ultimi anni Sarour avrebbe guidato la produzione di droni di Hezbollah e creato siti in Libano dove il gruppo costruiva droni esplosivi, alcuni dei quali si trovavano sotto edifici civili a Beirut. Sarour si era dentro Hebzollah dagli anni 80, ricoprendo vari incarichi, anche nelle difese aeree del gruppo, nell’unità Aziz della Forza Radwan e come addetto di Hezbollah in Yemen, dove sarebbe stato coinvolto nelle forze aeree degli Houthi. Fonti libanesi hanno confermato a Reuters l’uccisione di Sarour.

«Il Libano è sull’orlo del baratro», avverte, inascoltato, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Quell’orlo è stato superato. «L’Unione Europea è estremamente preoccupata per il confronto militare tra Israele e Hezbollah, iniziato l’8 ottobre e aggravatosi con i recenti attacchi in aree densamente popolate: deploriamo il pesante prezzo pagato dai civili, compresi i bambini e il personale delle Nazioni Unite, e chiediamo il rispetto del diritto internazionale umanitario in ogni circostanza». Lo si legge in una nota dell’alto rappresentante a nome dell’Unione Europea. Per Benjamin Netanyahu è carta straccia.

Please follow and like us:
Pin Share