Lo scaricabarile della strage di Cutro

RMAG news

Nel corso dell’inchiesta sul naufragio di Cutro, i testimoni della Guardia costiera chiamati a deporre hanno più volte dichiarato che l’imbarcazione naufragata, al momento dell’avvistamento aereo (avvenuto sei ore prima del sinistro), non dava adito a preoccupazioni circa le condizioni di sicurezza. “Per noi sta navigando appieno”, si dicono, infatti, le sale operative e l’imbarcazione viene pertanto affidata alle funzioni di polizia della Guardia di finanza, peraltro bene attenta ad evitare intromissioni che potrebbero compromettere l’“effetto sorpresa” al confine fatidico delle dodici miglia.

Per i testimoni, poi, lo stato del mare “non sembrava inficiare la sicurezza” (la persona avvistata in coperta – precisano – non aveva difficoltà a mantenersi in equilibrio). Nell’ultimo segmento del video diffuso da Frontex – che riprende la barca in diversi momenti – si vedono, però, mutare le condizioni del mare: si sapeva che sarebbero peggiorate e, infatti, poco più tardi, una motovedetta di trenta metri sarà costretta a rientrare in porto. Affermano poi che, vista dall’alto, la navigazione pareva “gestita da persone con competenze nautiche”. In realtà, la conduzione del timone in mare aperto, affidabile anche ad un semplice autopilota, non rivela alcuna particolare perizia. Né appare significativo l’altro argomento secondo cui non vi fossero “mezzi di salvataggio visibili” in coperta, poiché i salvagente vengono sempre tenuti al riparo e, del resto, si sa che i migranti che viaggiano sulle rotte disperate non ne dispongono affatto.

Gli operatori di quella notte ritennero peraltro di rilievo che sul ponte apparisse una sola persona, non considerando l’esperienza di molti naufraghi costretti dagli scafisti a tenersi sottocoperta per non essere avvistati. Argomentano ancora i testimoni che l’alta temperatura all’interno del caicco – evidenziata dalle immagini aeree e possibile indizio della presenza di molte persone a bordo – avrebbe potuto dipendere dal riscaldamento provocato dai motori, da una stufa o dalla cucina. Sarebbe stata più credibile l’ipotesi drammaticamente confermata dai fatti (nel soccorso vale il principio di precauzione) e, del resto, nelle conversazioni registrate quella notte fra gli operatori, uno di loro dice al collega: “Roma l’ha classificato come evento SAR… migratorio però”.

Lo dimostravano, oltretutto, anche gli ombrinali, ovvero gli sbocchi di scarico delle acque di raffreddamento del motore (che, essendo calde, nelle riprese agli infrarossi appaiono di diverso colore). I testimoni asseverano che “il bordo libero era effettivamente non critico, tanto che si vedeva lo scarico dell’acqua di raffreddamento del motore ben sopra la linea di galleggiamento”. Ma non è così: nelle prime immagini, riprese quando l’onda era ancora bassa, lo scarico appare solo a tratti fuori dall’acqua, e il limite di immersione raggiunge quasi gli oblò; più avanti, con il mare agitato, l’ombrinale, ormai immerso, non si vede più. Il pericolo, insomma, fu sottovalutato. Dice un alto responsabile: “Ritengo che il nostro unico errore sia stato quello di fidarci della Guardia di finanza che ci ha dato informazioni mendaci”. Assistiamo, dunque, a uno scarico delle responsabilità, mentre il “livello politico”, che ha messo due benemerite istituzioni dello Stato a beccarsi l’una con l’altra come i capponi di Renzo, rimane tranquillo a guardare.

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