Regina Coeli esplode: detenuti in rivolta nel carcere romano

RMAG news

Diversi materassi bruciati, fiamme visibili anche all’esterno della struttura e piccole esplosioni. Sono state ore di tensione quelle vissute nella serata di mercoledì 25 settembre nel carcere romano di Regina Coeli. I disordini sono scoppiati poco prima delle 21. Stando a quanto finora raccolto, alcuni detenuti dell’ottava sezione si sarebbero rifiutati di tornare in cella e per protesta hanno dato fuoco ad alcuni materassi. A quel punto la situazione si è allargata. Le proteste sono salite di tono, tanto che le lingue di fuoco si sono viste anche dalla strada. Sono state anche fatte esplodere alcune bombolette dei fornelli da campeggio comunemente in uso per cucinare e sono state danneggiate diverse celle.

Alcuni detenuti sono saliti sul tetto e hanno cominciato a lanciare tegole sulle strade sottostanti esterne all’istituto di pena. Una situazione di tensione durata fino alla mezzanotte, dopo che sono intervenuti rinforzi sia del personale libero dal servizio che da altri istituti romani. “Con 1.170 detenuti a fronte di 626 posti disponibili e il 184% di surplus di detenuti, Regina Coeli è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese a cui fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria con 350 agenti in servizio quando ne servirebbero 709. Basti pensare che di sera gli agenti impiegati sono normalmente meno di 20 in totale”, ha rilevato Gennarino de Fazio, Segretario della Uilpa. Che ha proseguito: “D’altronde, a livello nazionale sono 15mila i reclusi oltre i posti disponibili e 18mila le unità mancanti alla Polizia penitenziaria. A questo si aggiungano strutture fatiscenti, dotazioni inadeguate, carenze nell’assistenza sanitaria e psichiatrica e approssimazione organizzativa e il quadro che ne emerge è autodescrittivamente desolante. A pagarne le spese ristretti e operatori con questi ultimi esposti ad aggressioni continue (oltre 2.700 nell’anno) e sottoposti a turnazioni massacranti con la compressione dei più elementari diritti anche di rango costituzionale”, ha concluso.

Per Stefano Anastasia, garante dei diritti delle persone private della libertà personale, “l’immagine della VIII sezione di Regina Coeli in fiamme è la metafora di un sistema penitenziario privo di bussola: morti, proteste e devastazioni sono all’ordine del giorno. Così non si può continuare. Bisogna riaprire le porte alla speranza che sola garantisce una serena convivenza in carcere. Ridurre la popolazione detenuta con un adeguato provvedimento deflattivo e offrirle migliori opportunità di assistenza, formazione e reinserimento sociale. Tutto il contrario dell’illusione repressiva contenuta nel ddl sicurezza all’esame del Senato”.

Non è riuscita ad entrare due sere fa dentro il carcere la garante cittadina dei detenuti, Valentina Calderone, che da Facebook ha denunciato: “Fuoco, fumo, tetto sfondato e tegole lanciate sulla strada. Scudi, manganelli, caschi. Polizia penitenziaria, polizia di Stato. 628 posti disponibili, 1170 persone che si contendono un po’ di spazio. Stasera non mi hanno fatta entrare nelle sezioni di Regina Coeli, nonostante la mia insistenza sono dovuta rimanere fuori dalla prima rotonda. Mi è stato chiesto di andarmene, più di una volta. Quindi mi sono seduta su un gradino a scrivere queste righe, mentre medici e infermieri sono andati a fare il giro cella per cella in VIII sezione, che mi dicono essere devastata. Acqua a terra e che scorre come cascata dai ballatoi: ‘non puoi entrare che ti bagni’. Celle che hanno i blindati rotti: ‘che dobbiamo fare? Guarda che se li apriamo poi la serratura non funziona più e non possiamo richiuderli’. Pezzi di ferro, cocci, materiale bruciato sparso per terra: ‘non puoi entrare, per sicurezza’ La sicurezza di chi? Che domanda stupida. E quindi sono stata su quello scalino, al margine di qualcosa che non ho potuto vedere, solo in minima parte percepire. E non mi è piaciuto guardare sfilare agenti in antisommossa che uscivano, infermieri in camice verde che entravano, e rimanere solo a immaginare gli uomini rinchiusi lì dentro”.

Per la senatrice di Avs, Ilaria Cucchii disordini nel carcere di Regina Coeli sono solo la punta dell’iceberg dei problemi cronici del nostro sistema penitenziario: sovraffollamento, condizioni disumane e mancanza di pene alternative alla detenzione. Le rivolte sono sempre l’ultimo atto: prima ci sono le condizioni della struttura, le condizioni di vita, i diritti negati. Il governo Meloni resta distinto e distante da tutto questo, e le norme appena approvate come si vede non servono a nulla. La tensione crescente e l’escalation di violenza da nord a sud sono i sintomi di uno malessere che va ascoltato e non solo represso con la forza”.

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