Installata la scritta ‘Brand Napoli’, troppi i luoghi comuni e le assenze eccellenti: le foto

Installata la scritta ‘Brand Napoli’, troppi i luoghi comuni e le assenze eccellenti: le foto

Lo sappiamo, ne siamo consapevoli. Amministrare una città come Napoli è quasi una ‘mission impossible‘. Non solo per le difficoltà organizzative e governative, ma soprattutto per quelle economiche. C’è poi un altro aspetto, quello culturale. Se immaginiamo l’industria culturale napoletana come un contenitore, questo potrebbe essere rappresentato da una sorta di Vaso di Pandora, capace di includere di tutto (le tradizioni storica, artistica e musicale della città parlano da sole) e che una volta aperto è in grado di catapultare fuori, con forza, il suo interno. Con il rischio che i vari elementi possano perdere di importanza, in quella che possiamo definire come una ‘marea culturale‘ partenopea, banalizzandosi e trasformandosi in luoghi comuni.

La scultura del ‘Brand Napoli’ inaugurata in piazza Municipio

E poi cosa accade? Che da un punto di vista della mediaticità e del consumo di massa, sono proprio questi ultimi a diventare famosi e unici esponenti di quella cultura. Ecco il fenomeno che si verifica spesso e volentieri a Napoli. Un processo incarnato al massimo dal sindaco precedente Luigi De Magistris (ricordate la sua scrivania? Sopra c’erano più corni scaramantici che documenti) e che ci saremmo augurati fosse man mano abbandonato dal nuovo primo cittadino, Gaetano Manfredi. Visto il profilo istituzionale e professionale del nuovo sindaco, ci saremmo aspettati più concretezza e meno ‘sceneggiate‘. E se per certi versi così è stato finora, per altri, le cose non sono affatto cambiate.

L’esaltazione dei luoghi comuni

Ad esempio, è stata rafforzata l’idea di una città fabbrica-eventi, a misura di turisti e poco rispettosa delle esigenze dei cittadini. Le ultime trovate che hanno dimostrato questa volontà politica, sono state:  i 14 concerti organizzati in 20 giorni a piazza del Plebiscito che hanno messo ‘in trappola‘ i residenti e la scultura con la scritta, in italiano e in inglese, ‘Napoli‘. Dodici i pannelli che compongono l’opera progettata dall’architetto Marco Tatafiore, installata in piazza Municipio (lato porto, di fronte al Molo Beverello) e inaugurata in questi giorni. Iniziativa che ha l’obiettivo di promuovere il brand Napoli. Queste le immagini rappresentate: il San Gennaro dipinto da Jorit, il Cimitero delle Fontanelle, la pizza, la pastiera e i taralli, la stazione Toledo della metropolitana, uno squarcio del Teatro San Carlo e del Castel dell’Ovo, un pò di Vesuvio, parte della vista sul golfo, il murale di Maradona ai Quartieri Spagnoli, Palazzo Donn’Anna e il mare di Posillipo.

Quale brand? Quale città?

È ovvio che un messaggio da diffondere ‘al mondo’ deve avere degli elementi facilmente riconoscibili e conoscibili dalla maggior parte delle persone. E sintetizzare l’idea di Napoli in questa chiave è molto complesso ma anche semplicistico. Sinceramente, nei simboli rappresentati, avrei messo il Pulcinella con il volto di Eduardo De Filippo. Avrei eliminato qualsiasi riferimento al cibo. Che Napoli è una città dove si può mangiare ovunque, più o meno bene e a costi contenuti, è un dato di fatto. E basta fare una passeggiata a via Toledo e al Centro Storico per accorgersene. Avrei dato spazio a Totò e a Pino Daniele: come è possibile che manchi anche un solo riferimento al teatro, al cinema, alla musica e alla canzone napoletana?

Le immagini che mancano e che avrebbero dovuto esserci

Possibile che nella città del trasporto pubblico mancato, la stazione della metro di Toledo tolga spazio al Teatro San Carlo? Davvero era impossibile inserire un’immagine del Cristo Velato, o di un Caravaggio, o della reggia di Capodimonte insieme al suo meraviglioso bosco? Non si poteva dedicare un solo pannello al mare e alla vista del golfo, comprensivi di Vesuvio e Castel dell’Ovo, per poi omaggiare – che ne so – piazza del Plebiscito (martoriata dalla raffica di concerti) con il Palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola? E un luogo di cultura come il Mann? Qui non vogliamo fare i criticoni sempre e a prescindere, ma anche se si trattasse di un singolo selfie per un turista, perché negargli la Napoli più eccellente per garantirgli quella più ‘trash’? I napoletani lasciamoli perdere, in fondo, loro, basterebbe assicurargli pulizia, verde, strade integre e maggiore sicurezza: obiettivi, forse, troppo difficili da raggiungere e di lungo termine.

Le foto










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