Deserto del Sahara peggio del Mediterraneo: rotta pericolosa e trafficata, cimitero di migranti

RMAG news

“Si continua ad andare avanti. Non ti guardi mai indietro”. Abraham ha attraversato il deserto del Sahara sul retro di un pick-up. Erano 30 su quell’auto e non avevano nulla da bere o da mangiare. C’era solo l’acqua dei pozzi in alcuni punti del deserto. Ma lì, immersi nell’acqua, c’erano i corpi di chi non era riuscito a sopravvivere a quel viaggio. Non c’era altro da bere per sopravvivere se non quell’acqua contaminata. Abraham, durante la traversata del deserto che è durata 3 giorni, ha visto colline di sabbia, rocce e corpi di morti. Ha sentito le voci dei fantasmi che gridavano. Ma quel pick-up non si è mai fermato, perché in quel viaggio “non ti guardi mai indietro”.

Quando immaginiamo il cimitero dei migranti, pensiamo sempre al mare. Eppure, secondo il rapporto rilasciato da Unhcr (l’Agenzia Onu per i rifugiati), Oim (l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e Mmc (il Mixed Migration Center), la tratta via terra, che spesso dimentichiamo essere parte integrante di questo viaggio, è in realtà la più trafficata e pericolosa. Secondo questo report, che copre un periodo di tre anni (dal 2020 al 2023), le persone che attraversano il deserto del Sahara sono molte di più di chi attraversa il Mar Mediterraneo, mentre le vittime si presume siano il doppio. Questi spostamenti interni al continente africano e questi flussi migratori verso l’Europa, come sottolinea il report già dalla sua introduzione, sono causati da sempre ai conflitti e all’instabilità dei Paesi di origine, così come alla povertà e alla mancanza di prospettive. Ad oggi però si aggiungono anche i cambiamenti climatici e fattori ambientali che negli ultimi decenni sono molto peggiorati.

Nel giugno 2022 sono stati ritrovati i resti di 20 persone disperse nel deserto libico. Nel dicembre dello stesso anno 27 corpi di rifugiati e migranti, tra cui 4 bambini, sono stati rintracciati in Ciad, nel deserto del Sahara. Il 18 aprile del 2023, i cadaveri di 109 persone sono stati riportati sulle coste di Libia e Tunisia. In totale sono accertati circa 1200 i migranti morti mentre attraversavano il deserto del Sahara nel periodo tra gennaio 2020 e maggio 2024, anche se questo numero sembra molto più basso della realtà. Il viaggio che i migranti sono costretti ad affrontare per raggiungere l’Europa parte da un percorso via terra molto lungo, fatto di attraversamenti di frontiere, chilometri a piedi e viaggi stipati su pick-up in mezzo al deserto. L’attraversamento via mare è solamente la tappa finale di questa tratta che comincia molte settimane prima, nel proprio Paese di origine.

Il viaggio via terra, secondo il rapporto, è in una condizione di continuo peggioramento che nasce dalla necessità di evitare controlli alle frontiere o posti di blocco. È così che le rotte si spostano in zone sempre più remote, dove i rischi per chi viaggia sono maggiori. Spesso queste sono le aree in cui operano gruppi di insorti, di miliziani e di altri attori criminali, per cui una vita umana diventa solo una merce di scambio o una opportunità di arricchimento. A tutto questo si aggiungono anche attori “ufficiali” che spesso, quando intercettano rifugiati e migranti in movimento, estorcono loro carburante o soldi per permettergli di proseguire il viaggio. Tortura, violenza fisica, rapimento a scopo di ricatto, detenzione arbitraria, violenza sessuale e sfruttamento, morte. Questo è l’elenco non esaustivo degli orrori a cui i migranti e richiedenti asilo sono sottoposti nel loro viaggio per arrivare nel nord d’Africa. E tra tutti i Paesi la Libia è considerata come la più pericolosa, seguita da Etiopia e Algeria.

Come racconta Teklebrhan a Unhcr, la maggior parte delle persone non sa cosa succede durante il viaggio. “Nessuno in Eritrea conosce gli ostacoli del viaggio. Credevo che tutti gli incidenti fossero in mare. Invece, gli incidenti sono nel Sahara. Il deserto è pieno di corpi eritrei”. La necessità sembra quindi evidente: l’intervento di istituzioni intergovernative allo scopo di tutelare il più possibile la dignità e i diritti di chi affronta questo viaggio. Dato il persistere delle condizioni che portano un migrante a lasciare il proprio Paese alla volta dell’Europa, bisogna dare una risposta ad un fenomeno che è ormai strutturale degli ultimi decenni, così che le persone in movimento non siano più costrette a subire una costante violazione dei propri diritti umani, quelli riportati per iscritto per la prima volta proprio nei paesi del continente europeo.

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