Fratelli d’Italia, le pulsioni fasciste che Meloni non controlla: un partito che non ha fatto i conti col passato

RMAG news

L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo.
(P. P. Pasolini)

Nella vita le parentele non si possono scegliere. In politica sì. I partiti mettono chi vogliono nel loro Pantheon ideale, e se ne assumono le responsabilità. Le conseguenze pure. È emblematico, al riguardo, il clamoroso caso che ha investito Fdi, in seguito alle rivelazioni di Fanpage circa le pulsioni fasciste che si annidano nel movimento giovanile della destra italiana. E sono state molto significative le contorsioni di Giorgia Meloni in merito al disvelamento di quelle pulsioni, che non sono affatto semplici pruriti. Esaltare l’antisemitismo, riferirsi convintamente a parole d’ordine del regime mussoliniano, coltivare una mentalità prevaricatrice e xenofoba non può essere derubricato a ingenue infatuazioni giovanili. Dovute a ignoranza? Se così fosse, sarebbe un’aggravante.

Dapprima la Meloni ha reagito indignandosi per l’efficace inchiesta giornalistica, chiamando a intervenire contro persino il presidente della Repubblica (!?). Scagliarsi in quel modo contro la libertà di stampa è un riflesso condizionato tipicamente fascista. La presidente di Fdi e del Consiglio dei Ministri, se potesse, reintrodurrebbe il Minculpop? Sarebbe il colmo, nella Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Dopo l’infelice sortita, la leader ha ripiegato, scartando di lato: ha scritto una lettera di rampogna ai temerari giovani e ai dirigenti del partito, ritenendoli responsabili, si immagina, delle “devianze”, diciamo così, dei loro discepoli. Scrive fra l’altro: “Non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del Novecento”. Ovvero: il plurale per nascondersi dietro un dito. Quei giovani si riferivano a uno specifico totalitarismo, quello fascista. Non è sintomatico il sotterfugio di omettere quella parola?

La usa sì poco dopo, ma in un contesto di infondata rappresentazione, scrivendo: “I partiti di destra dai quali molti di noi provengono hanno fatto i conti con il passato e con il ventennio fascista già diversi decenni fa”. Falso. I conti li fece Gianfranco Fini, a Fiuggi nel 1995, quando era dirigente di Alleanza nazionale. Non li ha mai fatti Fdi, che è un altro partito. E non li ha mai fatti per non alienarsi quella fetta di nostalgici cui la premier tiene molto. Nostalgici intrisi della cultura di Colle Oppio, la “storica” sezione della destra fascista dove si sono formate la stessa Giorgia Meloni, sua sorella Arianna, responsabile organizzativa di Fdi, e il di lei marito Lollobrigida, ministro. Fino a quando Giorgia Meloni e Fdi non daranno vita a una sorta di “Fiuggi 2”, dichiarandosi apertamente antifascisti, ogni loro distinguo lascerà il tempo che trova.

Tutto questo non è per dire che siamo di fronte, attualmente, a un pericolo fascista nel nostro Paese, anche perché sono robusti gli anticorpi democratici e costituzionali del nostro popolo. Ma, a scanso di equivoci, è bene tenere gli occhi aperti. Molte misure di questo governo – dalla contrarietà all’aborto al premierato, dall’assalto alle Ong che salvano migranti in mare all’autonomia differenziata e al controllo semitotale dei media – mirano di fatto a restringere le libertà democratiche e le possibilità di pari opportunità fra i cittadini. Il tutto in presenza dell’avanzata, in quasi tutta Europa, delle destre a partire da quelle razziste e xenofobe. La situazione non è proprio di quelle più rassicuranti. Anche perché le forze “riformiste”, con la foglia di fico del loro irrealizzabile socialdemocratismo, finiscono spesso con lo spianare la strada alle destre, della cui avanzata non riescono nemmeno a capire le cause. Ma, questo, è un altro discorso. Si sveglieranno?

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