American Idiot dei Green Day, l’album cult del pop-punk compie 20 anni: la storia e il significato, le canzoni, Bush

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Di come un gruppo di ragazzini californiani divennero delle rockstar mondiali. E di come il punk potesse ancora entrare nella società, sfornare tormentoni globali e ritagliarsi il suo spazio vicino ai miti passate dalle stazioni rock. American Idiot, il settimo album in studio dei Green Day, compie 20 anni. È arrivato al numero uno negli Stati Uniti e in Inghilterra. Ha venduto almeno 23 milioni di copie, ha vinto sei dischi di Platino, è diventato un musical e ha vinto due Grammy Award come miglior album rock e Record of the Year per Boulevard of Broken Dreams. Un cult, un album che è stato una maturazione e una metamorfosi.

“È proprio così – ha scritto la band sui canali social – 20 anni, buon anniversario American Idiot. Non avevamo idea di cosa sarebbe diventato questo album, ma sapevamo che significava qualcosa per noi, e chiaramente questo ha risuonato anche in voi. A chiunque l’abbia sparato a tutto volume in macchina, l’abbia cantato a squarciagola o abbia trovato un pezzo di sé in queste canzoni – grazie”. Il disco innescò un tour mondiale da 167 date, il più lungo nella storia della band. L’anniversario sarà celebrato con due Box Set in diverse composizioni tra vinili e cd e altri contenuti speciali per collezionisti e fan, in uscita il 25 ottobre 2024.

Chi erano i Green Day

Dieci anni prima era uscito Dookie, l’album che aveva consacrato Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Tré Cool a livello mondiale come i nuovi eroi del pop-punk. Per quanto ancora oggi Dookie risulti il disco più venduto del gruppo, American Idiot è arrivato il 21 settembre 2004 quando era già cominciato il declino del mercato discografico. Ha dato una nuova vita al gruppo che si è complicato non poco la vita in un progetto tutto nuovo. Anche Dookie aveva una traccia politica, sociale, American Idiot però ha alzato la voce, si è preso la responsabilità di prendersi più sul serio.

Cambiò anche l’estetica del gruppo: principalmente vestiti di nero, camicie e jeans, borchie, cinturoni, eyeliner che strizzava l’occhio allo stile emo allora alla moda. E il cuore a forma di granata della copertina diventato un simulacro della band. Erano anni di grande tensione nel dibattito politico americano. Ancora fresche le ferite degli attentati dell’11 settembre 2001. Attuale la scellerata invasione dell’Iraq da parte degli USA. “Il titolo American Idiot non è assolutamente riferito a George Bush – spiegò Billie Joe Armstrong – ma tutti hanno pensato subito a lui, perché è il più idiota di tutti”.

 

 

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Si tratta di un concept album: un progetto a tema, che racconta una storia, tredici canzoni registrate tra lo studio della band a Oakland, lo Studio 880, e gli Ocean Way Recording, a Los Angeles, con il produttore Rob Cavallo. Leggenda vuole che le tracce furono suonate e registrate in ordine, per dare più enfasi al racconto. Le registrazioni andarono avanti per dieci mesi e furono riprese dal regista John Roecker per il documentario Heart Like a Hand Grenade.

Autore, chitarrista e voce, frontman della band, Armstrong aveva lasciato la California, si era trasferito all’East Village a New York. Passava molto tempo a camminare per la città e la notte a suonare all’Hi-Fi, un club rock a Manhattan. Il progetto iniziale doveva chiamarsi Cigarettes and Valentines ma nel novembre del 2002 i nastri di venti canzoni registrate fino ad allora vennero trafugati e la band decise di intraprendere un nuovo progetto. Qualche anno prima il produttore Cavallo aveva suggerito ad Armstrong fosse il tempo di una “punk-rock opera”.

Cosa significa American Idiot

Alle sfuriate di punk melodico degli esordi tra riff, ritornelli, bridge, si aggiunsero nuovi elementi per una composizione più complessa, ballate rock e vere e proprie suite. Non a caso tra le fonti di ispirazione furono spesso citati Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band dei Beatles, Tommy e Quadrophenia dei The Who e Metal Arcade degli Husker Du. Ma anche Jesus Christ Superstar, The Rocky Horror Picture Show, Grease e West Side Story. Il primo frutto fu Homecoming, una delle due suite del disco, il nucleo formale e narrativo di tutto il progetto.

 

 

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Quattro i singoli diventati delle hit a livello globale. American idiot, Boulevard of broken dreams, Wake me up when September Ends e HolidayJesus of Suburbia, quinto singolo, era l’altra suite dell’album che per via della sua lunghezza non entrò comprensibilmente in classifica. “I Green Day erano audaci, ribelli e stressati dall’aria che tirava in America a quel tempo. American Idiot è stato creato come risposta al bombardamento mediatico giornaliero che ci fa sentire sempre più insensibili e stanchi. Cosa che continua ad essere attuale anche 20 anni dopo”, ha scritto la band sui social.

Chi era l’American Idiot

Jimmy è il protagonista, il “Jesus of Suburbia”, Cristo della periferia, che vive l’alienazione dei margini, sogna la grande città per evadere, per vivere il suo sogno di una vita meno mediocre. L’American Idiot del titolo è lo statunitense medio: narcotizzato dal consumismo, dai media e dalla propaganda. Il protagonista scappa, si trasferisce nella metropoli, si conosce, si perde e si confonde tra alcol e droga, incontra un alter ego istrionico e misterioso, St. Jimmy, e una ragazza che trova diversa da tutte le altre, si innamora prima di perdere tutto e di decidere di ritornare a casa dalla madre. Homecoming, la traccia da cui era partito tutto, precede Whatsername, in cui Jimmy si rende conto di non ricordare nemmeno il nome della ragazza di cui si era follemente innamorato.

Dal documentario Heart Like a Hand Grenade venne tratto il video di Whatsername, mentre il bassista Mike Dirnt registra le sue parti della traccia conclusiva, e Billie Joe Armstrong esplode in un pianto. “Avevo la sensazione di aver raggiunto il massimo, era il nostro apice”, ha raccontato. “È stato un momento molto emozionante – ha raccontato il regista Roecker – Come quando finisci un anno di scuola e speri di rivederti dopo l’estate. Per i Green Day era il momento di separarsi da un disco che era stato con loro per dieci mesi, e di dire: ‘Ok, appartiene al pubblico adesso’”.

 

 

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