Perché l’invasione del Libano è il tradimento delle libertà dell’ipocrita Occidente

RMAG news

Oggi dobbiamo misurarci con una prosa, diciamo così, impegnativa. Eccola: “(…) Un’invasione armata è un sopruso e un arbitrio che minano tutta l’architettura della moderna sovranità, costruita nel rapporto tra lo Stato e il cittadino, nella garanzia delle Costituzioni e del diritto internazionale: un sistema di tutele che ha appunto la libertà alla sua base”.
“Proprio questo carattere generale e fondamentale del libero esercizio della propria autonomia finisce nel mirino in Ucraina, togliendo alla guerra il carattere orientale per renderla semplicemente europea. Lontana nel territorio, prossima nel suo bersaglio. Ecco perché siamo necessariamente coinvolti, anche se ci crediamo spettatori di retrovia”.
“(…) È evidente che nella resistenza e nel contrattacco gli ucraini difendono il principio di libertà anche a nome nostro e nel nostro interesse, in quanto si tratta di un valore che sta alla base della civiltà democratica, dunque della stessa ragion d’essere dell’Unione Europea, delle Costituzioni repubblicane, della cultura dell’Occidente”.

D’acchito si sarà compreso che queste parole non sono mie. Le ha scritte di recente su Repubblica Ezio Mauro, ex direttore di quel giornale e ora suo fondista di punta. Al di là del carattere un po’ involuto delle frasi, appare solida la convinzione secondo cui, per il Nostro, la libertà è una caratteristica – un valore – precipuamente occidentale. Che gli ucraini abbiano il diritto di difendersi è scontato, ma non lo era anche quello delle popolazioni russofone di proteggersi dalla brutale repressione operata dal governo di Kiev? Questo solo per dire che l’invasione russa non viene dal nulla, il che non significa giustificarla. Ed è parimenti ingiustificabile che il conflitto Russia-Ucraina sia diventato la guerra Russia-Ucraina-Usa-Nato.

In altre parole: la “libertà a senso unico”, che riguardi solo una parte di umanità, è una contraddizione in termini, poiché la libertà, per essere autentica, deve volgersi “erga omnes”, deve riferirsi a tutti e proporsi come universale. Difendere la libertà degli ucraini, senza spendere una parola, ad esempio, per quella dei palestinesi (che Israele massacra a piacimento con il beneplacito e il sostegno dell’Occidente…libero e democratico…), dei curdi e di tutte le popolazioni aggredite dalla fame, dalle malattie, dai conflitti armati, significa avere una visione miope, penosamente nord-centrica della questione. La libertà – come la giustizia – non può tollerare l’uso dei due pesi e delle due misure. Per esempio: sanzioni contro la Russia e nemmeno un buffetto contro Israele, che ha il record mondiale di violazioni delle risoluzioni dell’Onu.

Ezio Mauro sembra rendersene conto, dato che a un certo punto scrive: “L’ideale della libertà è indivisibile nella sua estensione”. Appunto: e quindi non si può fare il gioco delle tre carte, riducendo il tutto semplicemente entro i confini ucraini. Si è liberi quando nessuna costrizione può limitarci. E la pace è la prima condizione della libertà. Fu Cicerone a cogliere con precisione questo nesso. Scrisse: “Pax est tranquilla libertas” (la pace è una libertà tranquilla). Va da sé, infatti, che una situazione di conflitto, soprattutto se bellico, crea impedimenti strutturali alla possibilità e all’esercizio concreto della “tranquilla libertà”. A scanso di equivoci, Cicerone aggiungeva: “La libertà non consiste nell’avere un padrone giusto, ma nel non averne alcuno”.

Secoli dopo sarà Montesquieu a sostenere: “La libertà è quel bene che ti fa godere di ogni altro bene”. Anziché baloccarci con la libertà… unidirezionale, è essenziale porsi una domanda di fondo: complessivamente esiste, oggi, la libertà nel mondo? Non mi pare proprio. Se si è arrivati al punto che l’1 per cento dell’umanità è giunta a possedere beni e ricchezze che superano quelli del 99% – e che quell’esigua minoranza controlla le risorse energetiche, i mezzi di produzione fondamentali, gli armamenti più devastanti, la banche, i media, Internet e le stesse istituzioni rappresentative – la libertà rimane ancora una conquista da parte di moltitudini. Si obietterà: ma ci sono le “democrazie”! Sì, quelle che decidono chi, di volta in volta, è il nemico, al quale fare la guerra sulla base della menzogna, come è avvenuto contro il Vietnam e l’Iraq. Furono decisioni prese, apparentemente, in modo… libero e democratico… Insieme a tante altre.

È la cosiddetta “comunità internazionale” che, nonostante le numerose risoluzioni dell’Onu a favore dello Stato palestinese, appoggia Israele nell’impedirlo. E fa di tutto per indebolire la Russia, tramite interposti morti ucraini e armi occidentali generosamente fornite, nonostante il rischio crescente di deflagrazione planetaria. Nessuna guerra può durare all’infinito, fu così anche per quella dei Cent’anni. Dunque che cosa si aspetta a determinare il cessate il fuoco e l’avvio di negoziati di pace? Sarebbe un omaggio alla razionalità della libertà.

Viviamo tempi cupi, perché l’idea di libertà ha subito un terribile arretramento sul piano culturale: non è intesa come liberazione dal bisogno e da qualsiasi tirannia, ma come liberazione dalla responsabilità. Così la libertà si è trasformata nell’arbitrio dei più forti, che impongono il loro volere in base ai propri interessi. Non c’è più un barlume di diritto internazionale: è sostituito dall’arbitrio di chi riesce a imporsi con la violenza. Sono queste le ragioni di fondo per cui la lotta per la pace e per la libertà è destinata a durare fino a quando gli esseri umani esisteranno.

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