L’auto ormai è un lusso e Stellantis crolla ancora in Borsa

L’auto ormai è un lusso e Stellantis crolla ancora in Borsa

Il Quotidiano del Sud
L’auto ormai è un lusso e Stellantis crolla ancora in Borsa

Negli ultimi quattro anni i prezzi della auto sono diventati proibitivi Da inizio anno il titolo Stellantis in Borsa è calato di quasi il 50%

Stellantis in forte calo a Piazza Affari dove lascia sul terreno il 4% a 11,9 euro; rispetto a inizio anno il calo in Borsa è di quasi il 50%. Pesano i report negativi degli analisti e i dati deludenti delle vendite negli Usa. Nel terzo trimestre le vendite di Stellantis sono diminuite del 20% a 306mila unità. Con cali importanti per tutti i brand, eccetto Fiat, anche se con volumi contenuti legati alle vendite della 500 elettrica. Intanto, visitando lo stabilimento di Sochaux in Francia, il Ceo Carlo Tavares ha detto che una sua uscita a fine mandato nel 2026 è “un’opzione” e ha bollato come speculazioni le indiscrezioni di fusione con Renault.

STELLANTIS CALA IN BORSA MA I PREZZI DELLE AUTO SONO ALLE STELLE

In generale c’è da dire che le auto si vendono meno perché costano troppo. Una spiegazione semplice che fa giustizia di tante chiacchiere sulle difficoltà di un settore che rappresenta la spina dorsale della produzione europea. Il fenomeno non riguarda solo le auto elettriche, i cui costi di produzione sono già elevati, ma tutta l’industria.

Negli ultimi quattro anni, il prezzo delle automobili è aumentato drasticamente, con un incremento che va ben oltre l’inflazione media. Nel 2023 gli italiani hanno speso 46 miliardi di euro per acquistare auto, con una crescita del 22,3% rispetto all’anno precedente. Nel 2019 la spesa media per auto si aggirava intorno ai 21.000 euro, nel 2023 è salita a quasi 29.000 euro, con un aumento del 38%. Un incremento ben superiore all’inflazione del 16,2%, secondo i dati Istat.
Le immatricolazioni sono crollate durante la pandemia e non sono ancora tornate ai livelli pre-2020. E così, per compensare il calo, le case automobilistiche hanno adottato una strategia di aumento dei prezzi, puntando a guadagnare di più su ogni singolo veicolo venduto. Una scelta che ha portato a un ulteriore incremento dei listini, soprattutto per i modelli di fascia alta, che garantiscono margini più elevati.

Un tempo, l’acquisto di un’auto era considerato tra le priorità dopo la casa. Oggi la situazione è cambiata radicalmente. Nonostante gli incentivi statali, l’interesse per l’acquisto è diminuito. Le fasce di prezzo più basse, con modelli popolari come la Fiat Panda, la Dacia Duster o la Renault Captur, rappresentano la maggior parte delle immatricolazioni. Ma, anche in queste categorie economiche, l’aumento dei prezzi rende l’acquisto un peso, piuttosto che una necessità.
Secondo Michele Crisci, presidente di Unrae, «l’aumento esponenziale dei contenuti tecnologici» ha contribuito all’incremento dei prezzi delle auto. Oggi, i modelli sono molto più avanzati rispetto a 10 o 15 anni fa, ma il costo delle innovazioni tecnologiche si riflette direttamente sul prezzo finale al consumatore. Insomma, oggi le auto si vendono per l’infotainment più che per le qualità del motore o il design innovativo.

Per capire meglio la portata dell’aumento, è utile fare dei confronti Un esempio è la Panda: nel 2014 il modello base costava circa 10.710 euro. Nel 2023, lo stesso modello, con motore ibrido, è arrivato a 15.900 euro: un incremento del 48,5% in meno di dieci anni. Allo stesso modo, la Volkswagen Golf ha visto un aumento dei prezzi del 65% tra la settima e l’attuale ottava generazione. La Dacia Sandero, tra le auto più economiche, è passata da 7.450 euro nel 2014 a 13.250 euro nel 2023, quasi raddoppiando il prezzo.

I FATTORI FRENANTI

E gli italiani, oggi, non si possono più permettere come un tempo l’acquisto di un’auto nuova. Un recente studio dell’Osservatorio Findomestic evidenzia che il 66% della popolazione non è in grado di spendere più di 20 mila euro per un’auto nuova, mentre il 14% ha un budget massimo di 10 mila euro. Il 56% degli intervistati ha dichiarato di dover posticipare l’acquisto, principalmente per motivi economici, e solo il 7% prevede di cambiare veicolo entro il 2024.
Non sono solo i prezzi elevati a frenare i progetti di sostituzione, ma anche l’incertezza sulla motorizzazione più adatta alle attuali esigenze. Come sottolinea Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic: «A bloccare i progetti di sostituzione non sono solo i costi crescenti, ma anche il dubbio su quale motorizzazione sia la più adeguata al momento».

Il Quotidiano del Sud.
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