Cosa è la tassa patrimoniale, il coraggio di Elly Schlein

RMAG news

Elly Schlein ha detto che la patrimoniale non è un tabù. Quindi si può fare. Beh, merita applausi. Naturalmente in questo modo si tira addosso l’ira di una parte consistente della borghesia italiana. Non solo consistente, ma la parte che conta di più. Perché sono quelli che hanno in mano le redini dell’economia, possiedono i giornali, le tv, in parte controllano anche i social. E hanno un’influenza grandissima nei partiti.

Non è facile fare politica andando a sbattere contro il muro che queste forze possono ergerti contro. Circondandoti. Del resto, se non fosse così, non si capirebbe perché mai nessuno proponga la patrimoniale, cioè la più logica, la più giusta e la più costituzionale delle tasse. Il ministro Giorgetti, peraltro, proprio domenica e sul pratone di Pontida, ha citato l’aborrito articolo 53 della Costituzione (che lui stesso ha violato) e cioè quello che impone la progressività dei prelievi fiscali e il principio secondo il quale ciascuno deve contribuire al finanziamento dello Stato in proporzione al suo patrimonio e al suo reddito. E cioè auspica una tassa patrimoniale. Come del resto la patrimoniale è prevista dall’articolo 42 della Costituzione che dice che lo Stato stabilisce i “limiti della proprietà privata, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

Elly Schlein ha fatto molto bene a rompere l’incantesimo e a pronunciare la parola proibita. Patrimoniale. Quella che fa infuriare le destre. Le quali poi polemizzano altezzosamente con la sinistra, in particolare col partito democratico, accusandoli di essere il partito della Ztl, cioè dei borghesi, dei ricchi, che vivono fuori dalle periferie. Ma non sono proprio i nemici della patrimoniale a vivere nelle Ztl? Non sono le politiche della destra quelle a favore dei più ricchi? L’idea stessa della flat Tax (che in parte il ministro Giorgetti ha applicato) cioè della tassa uguale per tutti, senza progressione, non è esattamente l’idea che scassa e rade al suolo l’articolo 53 della Costituzione? E anche il 42.

Il problema delle tasse da destra a sinistra

Il problema delle tasse è molto semplice. E non si risolve nella domanda “quante tasse servono?”. Ma nella domanda: “chi deve pagarne di più e chi meno?”. La sinistra, generalmente, è favorevole a imporre tasse più alte ai più ricchi. La destra risponde che questa è una follia, perché sono i ricchi a investire e a mandare avanti i mercati, e se gli togli i soldi nessuno investe più e il mercato langue. Il che è vero solo se si immagina che redistribuire distrugga la ricchezza. Cioè, se si pensa che se tolgo dei soldi a un ricco e li do a un povero quei soldi si autodistruggono. E questo non è vero. Se li do a un povero quel povero spenderà di più e il mercato avrà di che vivere anche senza la Ferrari triturbo del ricco. La Ferrari triturbo sarà sostituita da cinque Panda. O dieci. L’idea che si possa fare una politica fiscale che limita le grandi ricchezze (limita: non azzera) è considerata una bestemmia stalinista. Eppure, quando io ero ragazzino un democristiano di nome Ezio Vanoni fece una riforma fiscale che portava fino al 70% l’aliquota fiscale sui redditi più alti. Vanoni non era un uomo di Beria o di Molotov. Non era maoista. Credo che stesse con Fanfani e i comunisti lo contrastavano perché volevano l’esproprio dei mezzi di produzione.

Aumentare le tasse ai più ricchi è semplice e puro riformismo. Mettere una tassa patrimoniale a chi ha redditi superiori ai due o trecento mila euro all’anno è un semplice atto di riformismo e di giustizia. Mettere una tassa sui patrimoni superiori al milione, o ai due milioni, è riformismo. E queste tasse possono ridare ossigeno allo Stato, all’economia, al sistema di protezione sociale, alla sanità, ai lavori pubblici. Non farlo è contro-riformismo. E su questi temi dovrebbe accendersi la battaglia politica e sociale tra destra e sinistra. Finora solo un ministro che si chiamava Tommaso Padoa-Schioppa ebbe il coraggio di dire queste banali verità. Purtroppo non c’è più, ma se ci fosse ancora l’avrebbero chiuso in qualche cantina di qualche ufficio studi ad abbaiare alla luna. Se Elly Schlein avrà il coraggio di portare avanti questa sua battaglia avrà il merito di avere riformato la sinistra italiana, e il Pd, più dei precedenti dodici segretari del Pd, del Pds, dei Ds e anche del Pci.

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