Cairo promuove il libro di Bocchino che La Russa vuole nelle scuole: a La7 in onda il grande show

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Al guanto gettato da Paolo Del Debbio, che stuzzica gli appetiti della sua esigente platea dotandosi di un fischietto e di un megafono da corteo, risponde prontamente Lilli Gruber, che sceglie di sbaragliare la pugnace concorrenza balzando nel leggiadro campo delle idee. Al meritorio fine di sollevare la già elevata qualità del dibattito pubblico, spingendosi perfino oltre le pur dotte riflessioni “mare e monti” ospitate nel convivio filosofico di È sempre Cartabianca, il programma di punta di La7 ha allestito un cenacolo per la presentazione in studio dell’ultimo prodotto scientifico di Italo Bocchino.

Il talk non poteva certo restare indifferente al verbo della seconda carica dello Stato, che, spolverato per bene il Busto di famiglia, ha ottenuto la soddisfazione di vedere anche una inflessibile conduttrice a mezzobusto raccogliere il suo monito di rendere obbligatoria sui banchi del liceo “made in Italy” l’adozione della recente fatica dell’ubiqua firma del Secolo d’Italia. Rifugiandosi per un momento nelle hegeliane “tranquille regioni del pensiero” dove “tacciono gli interessi”, Cairo, che da presidente granata vende uno a uno i pezzi pregiati della squadra, da imprenditore del libro non lesina investimenti, di sicuro rischiosi per le casse eppure inevitabili quando si scommette sulle più belle promesse della cultura patria. E allora, dopo il capolavoro di Giuli per Rizzoli, ecco le imperdibili sudate carte di Bocchino per Solferino.

Ma chi ha detto che i camerati di oggi sanno soltanto cianciare di sovranità alimentare oppure, peggio ancora, durante le feste comandate azzoppare i commensali con un colpo partito accidentalmente dalla pistolina personale? Non mancano quanti alla farina di grillo o al grilletto preferiscono l’inchiostro. Esistono solitari ingegni i quali, a causa dei loro esoterici lavori che si inoltrano lungo terreni inesplorati, continuano purtroppo a rimanere oscuri per la massa. Perciò l’azionista principe di Rcs, da scaltro talent scout, ha deciso di promuovere senza scopo di lucro gli astri della nuova ideologia, altrimenti sacrificati dal brutto conformismo dell’industria culturale. Dopo aver messo in moto le proprie tipografie, è disposto finanche a sfidare la reazione negativa dell’Auditel, che registra i gusti di un uditorio tuttora non attrezzato per la ricezione di un sistema concettuale così complesso e pionieristico quale è quello del teorico-agitatore partenopeo.

Persuasa della bontà della pietanza per soli palati fini cucinata dal mecenate Urbano, la padrona di casa di Otto e mezzo ha radunato esperti d’ogni risma nel tentativo di decifrare gli enigmi analitici nascosti all’interno del gioiello editoriale appena sfornato. Ne è scaturita una originale linea storiografica, in omaggio alla quale bisogna mandare al macero i fogliacci del “sanguinario Prezzolini” (che ingenuo quel sardo gracile, un tale che prima di andare in galera aveva organizzato a Torino un incontro con gli operai proprio assieme al fondatore de La Voce, i cui scritti, nei quali peraltro si parlava in termini assai elogiativi dell’Ordine Nuovo, una volta dietro le sbarre, raccomandava di comprare via via che uscivano!) e riempire gli scaffali col prolifico Bocchino, il novello maestro della ragione.

Qualunque citazione dell’“anarchico conservatore” va proibita poiché la sua penna è assalita dalle ombre dei morti in trincea della Grande Guerra. Non importa che nei suoi diari degli anni Venti egli abbia notato che Gramsci figurava tra le menti maggiori del paese. Impresso il timbro del divieto sulle pagine di Prezzolini, per la rete di Cairo occorre indurre gli spettatori a buttarsi affamati di conoscenza su un testo che ha scovato la radice della cultura politica di De Gasperi (la destra), il segreto celato della biografia di Natta (fu membro dei Guf) e il filo recondito che lega gli statisti del passato a Giorgia. È vero, Melonista facendo la storia”: quella dispensata in uno show serale che non necessita di megafono perché pende dalle labbra dell’onnipresente direttore nemico dell’eristica, sempre aperto alle obiezioni, incline all’esercizio del dubbio, propenso all’argomentazione penetrante e attento alle lezioni dell’evidenza.

Ci troviamo al cospetto alla “situazione discorsiva ideale” mitizzata da Habermas? No. Si tratta forse delle regole della retorica costruttiva progettate da Aristotele? Nemmeno. È il chiacchiericcio nerastro di Bocchino, la cui prosa è stata scambiata dall’esclusivo circolo delle 20:30, troppo spesso occupato in cortesie autopromozionali, per un manoscritto destinato a fare epoca, insomma una replica del caso Gattopardo, stavolta nel settore della saggistica. Tanto lì in salotto nessuno ha il fischietto. In assenza di “manovratore”, l’imperativo diventa semplicemente “non disturbare l’editore”. Editore puro, anzi, uno e trino: libri-giornali-tv. E la giostra ricomincia daccapo.

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