Cittadinanza, anche il capo dei Carabinieri Luzi si schiera: “Gli stranieri nati qui sono italiani, serve una legge”

RMAG news

Ad un passo dall’addio, andrà via a novembre, Teo Luzi in una intervista al Corriere della Sera si smarca in maniera netta dalla narrazione tanto cara alla destra di governo su integrazione e politiche securitarie. Sono parole spesso sorprendenti quelle del comandante generale dei Carabinieri, arrivato alla guida dell’Arma nel gennaio del 2021 e che è prossimo all’addio dopo quasi quattro anni.

L’integrazione e la cittadinanza

Nell’intervista Luzi chiede un cambio netto e radicale sulla cittadinanza ai figli di immigrati, un tema di scontro non solo tra destra e sinistra ma anche all’interno dello stesso esecutivo di Giorgia Meloni, con le aperture in tal senso di Forza Italia e gli altri partner di maggioranza nettamente contrari a qualsiasi apertura allo Ius Scholae.

Parlando delle periferie, per Luzi la chiave è l’integrazione delle seconde generazioni, anche per evitare di replicare modelli come quello francese delle banlieu. “Tutti i maggiori Paesi in Europa hanno un meccanismo di integrazione – sottolinea il capo dei carabinieri rispondendo alla domanda sulla cittadinanza dopo un certo numero di anni di scuola – e anche l’Italia deve averlo. Quale sia, lo decida la politica. Ma il meccanismo di integrazione, con equilibrio politico, va trovato: si guardi alla Germania, alla Francia, all’Inghilterra”.

L’obiettivo deve essere, secondo Luzi, quello di “favorire quanto più possibile l’integrazione”. L’attuale legge sulla cittadinanza, datata ormai 1992, “non rispecchia più il cambiamento che c’è stato. Poi come debba essere la nuova, per tutelare la cultura italiana, tocca alla politica dirlo. La contrapposizione non porta da nessuna parte. Io personalmente sono molto aperto: occorre una normativa più moderna”, dice senza mezzi termini Luzi, che rimarca come i figli di immigrati nati in Italia “sono italiani”.

No alle politiche securitarie

Il sì alla cittadinanza è anche una risposta ai disagi delle periferie, dove “l’integrazione deve essere la regola”. Una integrazione che, riconosce il capo dei Carabinieri, “non la fanno le forze di polizia” ma “la scuola, l’avviamento al lavoro”.

Anche perché, ammette Luzi, “le tensioni nelle periferie non sono risolte. Ci sono aspetti culturali, criminalità etnica. La nostra interposizione abbassa la conflittualità che però rimane latente”.

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