Migranti deportati in Albania, lo spot di Meloni costa 250mila euro: solo in 16 sulla prima nave diretta a Schengjin

RMAG news

Il grande piano di deportazione firmato Giorgia Meloni, Edi Rama e Matteo Piantedosi è partito lunedì mattina con la nave Libra della Marina militare, salpata da Lampedusa per trasportare nel porto albanese di Schengjin la bellezza di 16 migranti.

Proprio così: sulla nave della Marina, una imbarcazione da 80 metri capace di caricare 80 marinai e fino a 200 passeggeri, viaggiano verso la costa albanese dieci cittadini egiziani e sei bengalesi, recuperati dalla Marina intorno alle coste libiche di Sabrata e Zuara.

Una due giorni di viaggio in mare, uno spot del governo Meloni, che costerà carissimo ai contribuenti italiani: negli oltre 900 milioni di euro messi in conto per i cinque anni di “progetto italo-albanese” vanno infatti conteggiati i viaggi delle navi della Marina militare che faranno da hub nel Mediterraneo.

È sulla Libra infatti che sono state effettuate le prime operazioni di “screening”, per verificare i requisiti previsti per poter essere spediti in Albania, nelle due basi di Schengjin e Gjader: provenienza da Paesi “sicuri”, ossia quelli dove secondo il governo italiano l’ordinamento democratico e i diritti della popolazione vengono rispettati, genere maschile e appartenenza a categorie “non vulnerabili”.

Migranti in Albania: un viaggio da almeno 250mila euro

Alla fine sono rimasti in 16 da poter spedire in Albania: come spiega Repubblica la traversata della nave Libra costerà tra i 250mila e i 290mila euro, dunque circa 17mila euro per singolo migrante. A livello economico siamo praticamente alla follia, soprattutto per un Paese alle prese con conti pubblici allo sfascio e una Manovra in cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dovrà fare salti mortali per trovare i soldi per risanare il bilancio.

Per i 16 migranti egiziani e bengalesi in viaggio verso l’hotspot di Schengjin, scatterà il fermo che dovrà essere convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma, in attesa che nel giro di quattro settimane si decida sul via libera o meno della richiesta di asilo.

Tempistiche complicate. Ad oggi gli esami delle richieste di asilo impegna ben più delle quattro settimane previste dal governo: scaduto questo termine i migranti dovrebbero esser riportati in Italia, non potendo essere lasciati liberi in territorio albanese. Le udienze per i migranti “ospiti” in Albania saranno principalmente in videoconferenza, così come i colloqui delle persone trattenute con i loro legali, d’ufficio o di fiducia: sono molti i dubbi sulle modalità con cui verrà effettivamente garantito il pieno diritto di difesa.

La sentenza della Corte Ue: a rischio il Patto Italia-Albania

Sull’intero Patto Italia-Albania pesa poi il giudizio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea della scorsa settimana. Bangladesh, con eccezioni per gruppi vulnerabili come le comunità Lgbt o per gli oppositori politici. Per la Corte Ue invece questa distinzione non può essere fatta: i paesi o sono interamente considerabili sicuri oppure non possono rientrare nella definizione di “Paesi sicuri”.

Un requisito che quasi nessuno dei 22 “Paesi sicuri” (Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Tunisia) soddisfa, rendendo di fatto nullo l’intero “progetto albanese”.

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