A Parigi ‘pulizia sociale’ per le Olimpiadi: sparisce la povertà per mostrare l’immagine migliore di sé

RMAG news

Le luci della Tour Eiffel si accendono e illuminano tutta la Senna. Le “Olimpiadi più inclusive di sempre” sono pronte ad iniziare. Ma sono in tanti ad essere rimasti esclusi da questo bagliore. Sono i poveri, gli emarginati, i migranti, le persone di etnia rom e sinti, i clochard, che per paura potessero essere visti dal mondo sono stati spostati fuori dalla città, lontano dagli occhi di tutti e dalle luci di Parigi. Sono iniziate le Olimpiadi. La città ha assunto un aspetto nuovo: gli iconici scalini di Montmartre sono stati ridipinti con i colori di questa edizione dei Giochi, per il centro sventolano cartelloni con la scritta “Paris 2024” e le strade sono piene di musica, artisti di strada, mostre d’arte a cielo aperto. Ma sotto queste luci, rimane in ombra uno dei fenomeni di ghettizzazione più imponente degli ultimi decenni a Parigi: la pulizia sociale. «Con “pulizia sociale” definiamo il maltrattamento, l’espulsione e il rendere invisibile la popolazione categorizzata da parte delle autorità come indesiderabile nei luoghi in cui avranno luogo le Olimpiadi». Questo è ciò che si legge sul comunicato stampa de Le revers de la médaille (“L’altro lato della medaglia”), un collettivo di associazioni che si occupano di senzatetto e persone marginalizzate dalla società, che da un anno documenta l’impatto sociale dell’organizzazione dei Giochi Olimpici e Paralimpici a Parigi. Questo fenomeno è qualcosa che abbiamo già visto in edizioni precedenti dei Giochi, come nel 2016 a Rio de Janeiro, quando il comitato Onu sui Diritti dell’infanzia denunciò la polizia brasiliana di aver commesso omicidi nei confronti di bambini e adolescenti dei bassi ceti per “ripulire” la metropoli.

Infatti, mentre le città che hanno il compito di ospitare i Giochi costruiscono la propria vetrina, cercando di fornire l’immagine migliore del proprio Paese, i problemi vengono spesso nascosti sotto il tappeto, allontanati dagli occhi del mondo, oppure eliminati. La “pulizia sociale” messa in atto nella capitale francese si muove su due binari: da una parte si disperdono nello spazio pubblico quelli che sono insediamenti informali troppo visibili, dall’altra parte invece si allontanano dallo spazio pubblico agglomerati di situazioni molto precarie, portandole al di fuori della città (nelle cosiddette banlieue o cités). Sebbene queste politiche pubbliche siano in atto da diversi anni, soprattutto nella capitale francese, il collettivo ha pubblicato un rapporto nel giugno 2024 che dimostra come i Giochi Olimpici stiano accelerando questa dispersione e questo allontanamento. «Da questo punto di vista, rappresentano un’opportunità per aumentare e rafforzare i processi di invisibilizzazione delle persone più precarie della capitale e della sua regione», è quanto si legge nell’introduzione al rapporto.

«Ci scacciano ovunque andiamo. Non vogliono vederci in Francia. Abbiamo l’impressione che non ci vogliano qui, sono mesi che dormiamo fuori in strada, siamo come animali». Questa è la testimonianza di un giovane che dorme a Pont-Marie, raccolta il 6 marzo 2024 dall’Osservatorio sanitario di Médecins du Monde di Parigi. Nel rapporto pubblicato a giugno, Le revers de la médaille insieme a l’Observatoire des expulsions de lieux de vie informels (Osservatorio degli sfratti da abitazioni informali) ha registrato 138 sgomberi nel 2024, denunciando un aumento del 38,5 % rispetto agli anni scorsi. Si tratta di 12.545 persone, di cui 3.434 minori, a cui non è stata offerta un’alternativa alla strada. Di questi 138 sfratti, avvenuti nella regione dell’Île-de-France, 64 sono sgomberi di baraccopoli, 34 di insediamenti di tende (esclusivamente a Parigi e Aubervilliers), 33 di case abusive e 7 di nomadi. A titolo di confronto, sono stati registrati 121 sgomberi nel periodo 2021-2022 e 122 nel 2022-2023.

Tra questi lo sgombero che ha ricevuto maggiore attenzione mediatica è quello di Unibéton, un immenso edificio abbandonato e occupato dal 2021 da una comunità di oltre 500 persone, che si trova nella stessa strada di uno dei villaggi olimpici. «Ci hanno detto che dovevamo andarcene per le Olimpiadi, così ci siamo ritrovati per strada». Questa è la testimonianza, raccolta da Il Manifesto, di Moussa, un ragazzo nato in Guinea nel 2008, che ha vissuto a Unibéton, prima di essere sfrattato. «Un nuovo modello per dei Giochi più duraturi, per ispirare le generazioni future e lasciare un patrimonio positivo agli individui e alla società». Questo è quanto dichiarato dal Comitato olimpico di Parigi 2024, che, per perseguire questo obiettivo, ha individuato alcune priorità, prima fra tutte la «Celebrazione, per tutti in ogni distretto e quartiere. La Francia sarà una terra dei giochi». Dunque, “inclusività” è una delle parole chiave di questa 23esima edizione, che proprio per rispettare tale principio ha deciso di coinvolgere direttamente – almeno in apparenza – le cités, i distretti periferici di Parigi, caratterizzati da povertà ed esclusione sociale, frutto di anni di politiche di ghettizzazione.

Uno degli obiettivi del Comitato è quello di integrare il dipartimento della Seine-Saint-Denis, situato a nordest di Parigi. È il distretto più povero della capitale, con 1,6 milioni di abitanti, in cui convivono persone di diverse etnie. Ed è proprio qui che sono stati eseguiti gli ordini di sgombero più violenti e sono stati eliminati 3mila posti letto negli alberghi sociali. Secondo Reuters, nel 2023 sono state almeno 3mila le persone colpite dalle chiusure di circa 60 squat (un immobile occupato) a Seine-Saint-Denis. Di queste alcune stanno finendo nelle strade del distretto stesso e di altri quartieri di Parigi, mentre altre sono state mandate in zone remote della Francia. La fondazione Abbé Pierre ha denunciato che solo nel 2023 sono stati richiesti oltre 2,4 milioni alloggi popolari, un numero record. È proprio a Seine-Saint-Denis che si trova lo Stade de France e dove avranno luogo l’80% delle attività olimpiche, compresa la cerimonia di chiusura. Un evento che sembrava un’occasione per tanti giovani che vivono nel dipartimento, ma che di fatto rimarranno emarginati.

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