Altra strage nel Mediterraneo, già sappiamo chi sono i colpevoli: giornalisti e ministri

RMAG news

Ventuno persone morte, 18 adulti e tre bambini. Affogati in un naufragio. Sette si sono salvati, aggrappandosi a una zattera capovolta. Sono stati tre giorni alla deriva, digiuni, senz’acqua, con la morte lì a un passo. Li ha avvistati una motovedetta della Guardia Costiera, al largo di Lampedusa, e li ha salvati. Non sono sicuro che sapremo mai esattamente come è avvenuto il naufragio. Chissà se la magistratura, i giornali, le Tv e i social, per scoprire cosa è successo, metteranno lo stesso impegno che hanno messo per capire come è andato a fondo quello yacht milionario a Porticello. Forse no.

Già sappiamo però alcune cose, perché le hanno raccontate i superstiti. Ma sono poche cose. Sappiamo che il gruppo dei migranti che stava cercando di raggiungere l’Italia era composto da siriani e sudanesi. In fondo questo particolare della nazionalità basta a far crollare il nostro interesse, no? Erano poveracci, volevano venire qui a lucrare sul nostro benessere. Sapevano i rischi, giusto?, come dice sempre il nostro ministro Piantedosi. Mbe, la colpa è loro. Se però vogliamo ragionare seriamente, anche se le notizie sono ancora poche e frammentarie, cosa è successo è abbastanza chiaro. La barca dei migranti è rimasta alla deriva tre giorni perché nessuno l’ha potuta soccorrere. E il motivo del mancato soccorso può essere ricercato anche nell’assenza di molte imbarcazioni dei soccorritori, che da un paio d’anni sono costretti ad affrontare mille difficoltà perché le autorità cercano in tutti i modi per ostacolarli e metterli fuori causa. In questo modo, dicono, si scoraggiano le partenze. In questo modo, cioè? Cioè provocando un numero sempre maggiore di morti nei naufragi. Non c’è molto da indagare, su alcuni fatti.

Noi sappiamo che in questo momento tre navi di Ong molto importanti, la Geo Barents, la Mar Jonio e la Sea Watch, sono bloccate per decisione delle autorità italiane. Il motivo del blocco? Hanno salvato troppa gente. La Mar Jonio aveva appena compiuto un salvataggio, aiutata dalla nave messa in mare dai vescovi italiani. Ed è stata punita per questo salvataggio con un decreto di divieto di compiere altri salvataggi. La Geo Barents è ferma in porto. Per due mesi. E ieri hanno bloccato per venti giorni anche la Sea Watch. Ordine del governo. Naturalmente nessuno può giurare che se le barche delle Ong fossero state in mare dalle parti di Lampedusa, questo sarebbe bastato a salvare quei 21 disperati. Chiunque, però, può capire che esiste un rapporto di proporzionalità diretta tra numero di navi delle Ong in mare e numero dei naufraghi salvati. E che ogni misura di riduzione delle possibilità di agire delle Ong ha un costo preciso e quantificabile in vite umane perdute.

Morte nell’indifferenza generale. Come si chiamava la barca andata a fondo a Porticello? Potete chiederlo al primo passante. Vi risponderà senza esitazione: Bayesian. E poi vi dirà i nomi di quasi tutte le persone morte su quello Yacht. Proprio ieri SOS Méditerranée ha lanciato un manifesto intitolato: “Questa barca non aveva un nome”. Perché nessuno di voi saprebbe dire il nome di una delle tante barche di migranti naufragate in questi anni. SOS Méditerranée ha calcolato che la quantità di servizi giornalistici e televisivi dedicati alla Bayesian è cento volte superiore rispetto ai servizi dedicati alla tragedia di Cutro. Se cercate i responsabili di questi 21 morti non dovete faticare tanto. I ministri di questo governo, i loro predecessori, e centinaia di giornalisti ignavi. I nomi li abbiamo fatti sul numero di ieri dell’Unità. Sfogliatelo.

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