Armi all’Ucraina, da Stati Uniti e Germania ok all’uso in territorio russo: da Mosca torna la minaccia nucleare

RMAG news

Germania e Stati Uniti, i due Paesi che sono da due anni a questa parte i principali fornitori di armi all’Ucraina impegnata a difendersi dall’offensiva russa, cedono alle richieste degli alleati ed in particolare del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Sia l’amministrazione di Joe Biden a Washington che il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno dato il loro via libera al governo di Volodymyr Zelensky per colpire obiettivi militari all’interno del territorio russo con le armi fornite dai rispettivi Paesi.

Usa e Germania, ok alle armi a Kiev per attaccare in Russia

Due autorizzazioni che arrivano però con restrizioni piuttosto chiare. L’Ucraina potrà usare armi statunitensi solo per scopi di autodifesa nel territorio russo vicino alla regione ucraina di Kharkiv, che da settimane ormai è diventato l’epicentro dello scontro tra forze ucraine e russe, con quest’ultime che, secondo quanto riferito dal Cremlino, hanno come obiettivo quello di creare una “zona cuscinetto” col confine russo.

Restrizione simile anche per le armi tedesche. La Germania autorizza gli ucraini a difendersi “nel rispetto del diritto internazionale” contro gli attacchi che arrivano da immediatamente oltre confine. E questo “anche con le armi consegnate“, anche quelle tedesche, ha spiegato in una nota il portavoce del cancelliere Scholz, Steffen Hebestreit.

Da settimane ormai il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e il presidente francese Emmanuel Macron spingono per oltrepassare la “linea rossa” dell’impiego delle armi occidentali anche in territorio russo.

Del gruppo di Paesi a favore fanno parte anche il Regno Unito, la Polonia, la Svezia, la Finlandia, la Danimarca, la Repubblica Ceca, i tre Baltici (Estonia, Lituania e Lettonia) e il Canada.

La posizione italiana sulle armi all’Ucraina

E l’Italia? La posizione del governo Meloni arriva dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani, oggi presente al castello di Praga per partecipare alla riunione informale dei ministri degli Esteri della Nato.

Come Paese “siamo siamo pronti a inviare altre armi” all’Ucraina. “Abbiamo già inviato dei Sampt/T ed è possibile inviarne altri”, ha spiegato il titolare della Farnesina. Tajani tuttavia ha ribadito che è “importante” usare queste armi solamente all’interno dell’Ucraina, per difendersi, e non per attaccare obiettivi sul territorio russo.

Sulla stessa posizione dell’esecutivo di Roma c’è anche la Spagna, tra i Paesi “big” europei. Il ministro degli Affari Esteri spagnolo, José Manuel Albares, in un’intervista a Onda Cero ha affermato che il governo non sta pensando di dare all’Ucraina il permesso di attaccare obiettivi all’interno della Russia con armi fornite dalla Spagna. “Abbiamo sentito il segretario generale della Nato questa settimana sostenere questa ipotesi. Al momento non la stiamo considerando”.

Medvedev e la minaccia nucleare russa

Quasi in risposta alle mosse di Berlino e Washington, dalla Russia torna a farsi sentire Dmitry Medvedev, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo solitamente “incaricato” dal Cremlino di fare il “poliziotto cattivo”.

La minaccia nucleare russa nei confronti dell’Ucraina non è un bluff o un’intimidazione”, ha scritto su Telegram l’ex premier e presidente russo, fedelissimo di Putin.

Medvedev ha poi messo in guardia dal rischio di “calcolare male l’uso delle armi nucleari tattiche” perché “questo sarebbe fatale”. Ha quindi sottolineato che “non ha importanza quanto la Nato chiacchieri sul fatto che la Russia non utilizzerà mai armi nucleari contro l’Ucraina“.

Secondo Medvedev, il conflitto tra la Russia e l’Occidente si sta sviluppando secondo “lo scenario peggiore” e “nessuno può escludere che si possa arrivare all’ultima fase” perché si è verificata una “grave escalation“. Secondo il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, “i Paesi occidentali che hanno approvato l’uso delle loro armi a lungo raggio contro il territorio russo devono comprendere che tutto il loro equipaggiamento militare e gli specialisti che combattono contro di noi saranno distrutti“. Anche perché, prosegue Medvedev, “non si tratta affatto di assistenza militare, ma di partecipazione a una guerra contro di noi”. Per cui “tali azioni potrebbero diventare un casus belli“.