Carceri, sovraffollamento in cella sfonda il 130%: ora scoppiano anche gli IPM per i minori

RMAG news

Il livello di sovraffollamento raggiunto nelle carceri italiane è ormai ai livelli di guardia. Lo denuncia l’ultimo report di Antigone, l’associazione che dal 1991 si occupa del sistema penitenziario e penale italiano, presentando martedì 23 luglio il suo ultimo dossier.

Perché dietro i numeri ci sono tante storie drammatiche, fatte di sofferenza, degrado, disagio: in soli 12 mesi vi sono nelle carceri italiane 4mila detenuti in più, portando la situazione vicina al punto di esplosione.

Il sovraffollamento delle carceri

Il tasso di affollamento è del 130,4%, spiegano da Antigone, ma ci sono singole situazioni in cui le percentuali schizzano ancora di più all’insù. In 56 istituti penitenziari, oltre un quarto di quelli presenti in Italia, il tasso di affollamento è superiore al 150% con punte di oltre il 200% negli istituti di Milano San Vittore maschile e Brescia “Canton Mombello”.

Questo significa che ci sono 200 persone detenute laddove ce ne dovrebbero essere 100. Per capire la gravità della situazione si pensi ad una scuola o un ospedale dove ci siano il doppio degli studenti o dei pazienti che le strutture sono in grado di seguire”, spiegano da Antigone.

A evidenziare come la “qualità della vita” nelle carceri stia calando sotto livelli di semplice dignità della persona, sono i numeri che arrivano dai ricorsi presentati dai detenuti e accolti dai tribunali di sorveglianza. Nel solo 2023 sono stati decisi poco più di 8.000 ricorsi presentati per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per trattamenti umani e degradanti, di questi il 57,5% sono stati accolti dalla magistratura di sorveglianza.

Anche gli IPM scoppiano

Ma al cronico sovraffollamento delle carceri va aggiunta una simile problematica anche per gli IPM, gli istituti penali per minorenni recentemente al centro delle cronache tra rivolte, evasioni e indagini sui maltrattamenti ai danni dei minori reclusi.

Questa situazione ormai diffusa – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – non è un elemento trascurabile se si parla di sistema penitenziario, infatti un carcere dove il numero delle persone detenute è superiore ai posti regolamentari è un carcere dove si vive male, dove non sono garantiti solo gli spazi ma anche l’accesso alle attività, in primis quelle lavorative. Un carcere sovraffollato è un luogo dove anche gli operatori fanno più fatica a lavorare, dove l’attenzione per le fragilità di molte persone detenute non riescono ad essere intercettate o seguite come meriterebbero. Laddove esistono situazioni di grave sovraffollamento il detenuto è sempre più anonimo, sempre più un numero anziché una persona“.

L’emergenza suicidi in carcere

Il 2024, come lo scorso anno, è ancora una volta l’anno dei suicidi in carcere. Ad oggi sono 58 i detenuti che si sono tolti la vita all’interno di un istituto penitenziario, di cui 10 solo nel mese di luglio e 12 nel mese di giugno. Di questo passo, evidenzia l’associazione, sarà superato il primato negativo registrato nel 2022, quando a fine anno le persone che si suicidarono in carcere furono 85.

La riapertura degli OPG

Antigone lancia poi un appello in occasione della discussione sul dl Carceri presentato dal governo: un emendamento infatti propone la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) sotto altra forma. In pratica si istituirebbero delle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) di primo livello, per i detenuti con problemi psichiatrici più gravi, al cui interno vi sarebbe impiegato personale penitenziario.

Per Antigone “si tratterebbe fatto di un ritorno agli OPG e di un passo indietro rispetto alla riforma che abolì quella che era l’ultima istituzione totale manicomiale presente in Italia” e per questo l’associazione ne chiede il ritiro.

Le critiche al governo Meloni

Secondo Patrizio Gonnella l’attuale situazione di sovraffollamento delle carceri non è dovuta a “cause naturali”, ma è “il frutto di politiche governative”.

Quelle a cui abbiamo assistito nei primi due anni di governo Meloni in tal senso hanno avuto un ruolo nella crescita delle presenze in carcere con il considerevole aumento del numero di reati e un inasprimento delle pene per molte fattispecie. Il sistema penale viene utilizzato a scopo di ottenere consensi nel breve periodo e la situazione potrebbe peggiorare se fosse approvato il ddl sicurezza, attualmente in discussione la Camera dei Deputati, che contiene al suo interno numerose norme di carattere penale. Tutti questi provvedimenti hanno tra loro un filo comune: colpiscono la marginalità sociale e le persone che per la loro condizione economica e sociale sono già più a rischio nel commettere reati. Persone che andrebbero sostenute attraverso il sistema di welfare e che entrano in carcere spesso con problematiche legate alla loro dipendenza da sostanze o affette da patologie psichiatriche (in diversi casi anche con doppia diagnosi) e che perciò avrebbero bisogno di percorsi di cura e non di essere imprigionate, con la loro gestione scaricata sugli operatori. Operatori che per formazione o per mancanza di organico fanno sempre più fatica a farsi carico delle necessità che emergono nelle carceri. Le proteste a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane – conclude il presidente di Antigone – sono causa di questo disagio profondo che si vive nelle carceri e dell’impossibilità di far fronte in maniera adeguata alle richieste urgenti che emergono dalla popolazione detenuta”.

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