Caso dossieraggio, Cantone chiede arresti per Laudati e Striano ma dopo il no del gip l’inchiesta è al palo

RMAG news

Come mai l’allora sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Antonio Laudati e il tenente della guardia di finanza Pasquale Striano, ex responsabile della locale squadra Segnalazioni operazione sospette (Sos), avrebbero, ognuno nell’ambito delle proprie attribuzioni, effettuato migliaia e migliaia di accessi abusivi presso le banche dati di via Giulia? A distanza di oltre sei mesi dallo scoppio dello scandalo che ha travolto l’Antimafia, la domanda è ancora senza risposta.

Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone che sta conducendo le indagini e che lo scorso maggio ha chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari per entrambi, non accolta però dal giudice, ad oggi non ha ancora fornito la pur minima spiegazione. Con un lungo comunicato diramato ieri, Cantone si è infatti limitato a sottolineate che il giudice, pur negando gli arresti, ha evidenziato nei loro confronti “indiscutibile la sussistenza di plurimi, gravi e precisi indizi di reità in ordine a tutte le fattispecie contestate”. Cantone è convinto che i due debbano necessariamente essere arrestati, pur essendo Laudati in pensione da mesi e Striano in servizio alla Scuola sottufficiali della guardia di finanza senza incarichi operativi, in quanto potrebbero inquinare le prove. L’udienza del riesame è in calendario per il prossimo 25 settembre.

La pistola fumante di Cantone sarebbero i contatti che Laudati, dopo la notizia dell’avvio dell’indagine, ha avuto con esponenti della Procura di Roma e Striano, invece, con i suoi superiori. I numeri del dossieraggio, nato dalla denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, sono impressionanti. Da gennaio del 2019 al novembre del 2022, Striano ha consultato più di 4000 Sos, effettuando oltre 10mila accessi e scaricando circa 34mila file. Un numero enorme di dati su persone note e meno note di cui non è dato sapere la fine che abbiano fatto. Le indagini ad oggi hanno soltanto consentito di appurare che qualche centinaio di questi file furono consegnati da Striano ai giornalisti del Domani, Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, anche loro accusati di rivelazione del segreto d’ufficio e accesso illegale a sistema informatico, che li avevano chiesti per poi scrivere degli articoli sui conflitti d’interesse di alcuni esponenti del governo Meloni. Cantone, comunque, ha fatto sapere che l’indagine prosegue e che la Commissione parlamentare d’inchiesta sarà aggiornata sui suoi sviluppi.

“Il lavoro della Commissione antimafia, sulla vicenda degli accessi abusivi, è stato sempre improntato alla totale sinergia istituzionale con la Procura di Perugia e con la Procura antimafia, nel pieno rispetto dei ruoli e senza alcuna interferenza nelle indagini che gli inquirenti stanno conducendo, ma senza mai venir meno al dovere d’inchiesta che la legge istitutiva attribuisce alla commissione Antimafia”, hanno puntualizzato da Palazzo San Macuto. “Attendevamo gli sviluppi dell’inchiesta – proseguono – e la Commissione valuterà attentamente le carte in arrivo dalla Procura di Perugia, stabilendo tempi e modi per proseguire serenamente il lavoro allo scopo di pervenire a una ricostruzione d’insieme di quanto accaduto e di valutare quali proposte formulare per evitare il ripetersi di analoghi gravi casi”.

“Questa notizia conferma la gravità dei fatti e la necessità di proseguire in Commissione con tutte le iniziative utili per accertare le verità e le complicità politiche e istituzionali di uno, lo ribadiamo, dei più grandi scandali della storia repubblicana”, hanno dichiarato invece i membri di Forza Italia dell’Antimafia, Mauro D’Attis, Pietro Pittalis, Maurizio Gasparri, Chiara Tenerini, e Pierantonio Zanettin. “La vicenda è tutt’altro che conclusa ed investe anche le persone che negli anni hanno diretto questa struttura e che non possono trovare un comodo rifugio in luoghi istituzionali, dove si manifesta un pesante e non risolto conflitto di interesse sul quale torneremo con determinazione”, hanno quindi aggiunto. Senza pronunciarne il nome, nel mirino dei forzisti vi è sempre Federico Cafiero De Raho, ora deputato grillino e in passato capo dell’Antimafia con alle dipendenze proprio Striano.

In un rapporto informativo, inviato ai vertici della guardia di finanza, il magistrato si era sperticato di lodi nei confronti di Striano per le “notevoli doti di riservatezza e lealtà, un’elevata ed approfondita preparazione tecnico professionale, piena disponibilità ed alto senso del dovere”. “In particolare – proseguiva De Raho – l’ispettore ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito delle attività pre-investigative poste in essere dal predetto gruppo di lavoro circostanziatesi nello svolgimento di delicate analisi operative nel settore per le segnalazioni a contrasto della criminalità organizzata, permettendo allo stesso procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla legge”. “L’operato di Striano, insignito di otto ricompense morali, quattro elogi e quattro encomi semplici”, era di “eccellente livello e meritevole di vivissimo apprezzamento, convinta ed incondizionata lode”. L’avvocato Andrea Castaldo, difensore di Laudati, non ha voluto commentare gli sviluppi dell’inchiesta a “tutela del doveroso rispetto per l’attuale fase del procedimento”.

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