Com’è cambiata la Lega dalla canottiera di Bossi alla mimetica di Vannacci: Salvini pronto a espellere il fondatore

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All’ombra di chi sostenne che la Lega dovesse essere ritenuta, sia pure a suo modo, “una costola della sinistra”, Umberto Bossi, fondatore, padre nobile, “presidente a vita” delle ragioni stesse dei prati di Pontida, trascorsi i giorni del celodurismo, delle canottiere indossate come anti blazer identitario da veranda estiva, e sicuramente anche d’ogni efflorescenza razzista già antimeridionale, ha forse realizzato il suo capolavoro politico scegliendo, alle elezioni europee, di votare Marco Reguzzoni, candidato d’altro partito, sia pure già dirimpettaio come Forza Italia. Un colpo di teatro in polemica alla gestione Salvini, se non un vero e proprio, come dire, “atto di sedizione” segnatamente, smaccatamente contrario all’impronta che nel tempo il suo succedaneo, proprio Matteo Salvini, ha impresso alla Lega ormai post Bossi non più secessionista, il feticcio del Nord travisato dalla mimetica militare. Detto in parole semplici, non sembra avere affatto condiviso la ciclopica presenza nelle liste, o forse nel simbolo stesso, del generale Vannacci.

La risposta di Salvini non lascia dubbi sulla rottura del settimo sigillo della coabitazione tra maestro e allievo: “Il movimento politico riesce a crescere nonostante il suo fondatore annunci che voti per un altro partito. Cosa farete? Non voglio male a nessuno, gli ho dedicato il libro, sicuramente dovrò ascoltare i militanti. È chiaro ed evidente che se qualcuno dice che vota per un altro partito (Forza Italia) manchi di rispetto non solo al segretario in carico ma all’intera comunità”. Se ne valuta così perfino l’espulsione, quasi a decapitare la memoria genetica del movimento. Il messaggio, oltre che all’intera gens di via Bellerio, sembrerebbe indirizzato infatti in primo luogo ai probiviri: che inizi la procedura dell’esclusione. Così anche Zaia:Bossi ci ha insegnato coerenza, e coerenza è votare la Lega”.

E qui, facendo macchina indietro, perfino a dispetto di quanto noi si possa avere oggettivamente ritenuto la Lega estranea alle ragioni della sinistra, occorre comunque provare un senso di vera gratitudine verso la persona Umberto Bossi. Il suo gesto, sebbene da alcuni ritenuto un dispetto senile da “pensionato”, reazione narcisistica dall’esilio evidente, sia per comprensibili ragioni di salute sia perché, come Bruto con Cesare, Salvini in questi anni, oltre a lavorare alla definizione della Lega in formato nazionale marcandone il tratto di destra spudorata e non esclusivamente localistico, sembra rimettere in primo piano la pregiudiziale antifascista che proprio Bossi, sia pure nell’incoerenza, ha sempre sostenuto come propria. Era il 1994 quando da lui, rivolto ai missini, si ebbero queste esatte parole: “Noi siamo quelli che continuano la lotta di liberazione dei partigiani contro la partitocrazia, mai coi fascisti”. Nota a margine: “Patetico, approfittare di un vecchio signore”, così una familiare acquisita, non consanguinea, di Matteo Salvini ha commentato l’uscita di Bossi, quasi questa sia dettata da suggerimenti strumentali altrui.

La canottiera prodromica d’ogni populismo, certo, il suo nome e la sua firma accostati a Gianfranco Fini con una legge assai discutibile che avrebbe voluto regolare l’immigrazione, insomma un percorso tortuoso, mai limpidamente ispirato alle ragioni della tolleranza democratica, e tuttavia ragionando di Bossi si è perfino sempre ritenuto che in fondo a ogni suo corridoio buio vivesse ancora il giovanotto dagli studi incerti, già militante di simpatie “comuniste”, lo stesso che in una foto del suo album fotografico personale si intravede, sia pure sfocato, tra altri “compagni” che manifestano per il Cile di Allende (l’avrò vista davvero quell’immagine o si tratta forse di paramnesia, cioè un falso ricordo? Alcune fonti, sebbene imprecise, lo descrivono impegnato in un’iniziativa di solidarietà della sezione Pci di Verghera di Samarate) e ancora lui, l’Umberto, che con il nome d’arte di Donato sembra avere inciso un 45 giri oggi introvabile, lo stesso che nei giorni della sua età dell’oro politica, quando “il Senatur” era la Lega per antonomasia perfino prossemica, i collezionisti cercavano come memorabilia preziose, sappiamo ancora nel 1961 partecipò insieme al suo complesso al Festival di Castrocaro, quanto ai titoli dei brani: Ebbro e Sconforto. Quest’ultimo sembra probabilmente circoscrivere lo stato d’animo di Salvini quando, come intuiamo, se ne dovrà valutare l’espulsione, l’Edipo al tempo di Vannacci.