Come è andato il dibattito Biden-Trump: il disastro del presidente, ora i Dem cercano una alternativa

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Un disastro certificato dal sondaggio pubblicato dalla Cnn, la rete che ha ospitato il primo dibattito in vista delle presidenziali, subito dopo la sua chiusura: per il 67% a vincere è stato Donald Trump, che pure è sembrato privo di argomenti, ribadendo la solita valanga di falsità.

Eppure dal duello tv avvenuto nella notte italiana tra Trump e Joe Biden, è quest’ultimo che esce con le ossa rotte. La performance del presidente in carica, che da una settimana si era chiuso con i suoi consiglieri a Camp David per preparare al meglio questo appuntamento fondamentale, visti i sondaggi che lo danno dietro negli Stati chiave che decideranno la corsa alla Casa Bianca, è stata “straziante”, come l’ha definita sul New York Times Thomas Friedman, editorialista vicino al presidente e ai Democratici.

Come è andato Biden nel dibattito

Che le cose sarebbero andate male per Biden lo si è capito nei primissimi minuti. La prima domanda del confronto tv è stata la più prevedibile: su economia e inflazione, i due temi più sensibili per gli americani assieme all’immigrazione.

Biden parte ma ha la voce roca, si ferma un paio di volte per cercare di schiarirla ma senza successo, quindi mette insieme una serie di frasi, a tratti incomprensibili, per poi perdere il filo del discorso, circostanza questa che si ripeterà altre volte nei 90 minuti del dibattito ospitato dalla Cnn.

Una performance che lo ha visto protagonista delle immancabili gaffe, come quando nel voler rivendicare di aver sconfitto il Covid, Biden spiega davanti ai microfoni di aver “sconfitto il Medicare”, cioè il programma sanitario pubblico per gli anziani, finendo per essere preso in giro da Trump.

Altri disastri sono arrivati quando lo stesso Biden ha tirato in ballo uno dei temi in cui è già attaccabile, come il caotico ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan nell’agosto del 2021. Gli analisti Usa si sono soffermati poi nel sottolineare come il presidente abbia parlato solo una volta della recente condanna in tribunale per Donald Trump, così come sia riuscito ad andare in confusione anche sull’aborto, altra battaglia chiave per i Democratici.

Le bugie di Trump

Di fronte ad un Joe Biden in così netta difficoltà, Trump ha avuto gioco facile. Il tycoon ed ex presidente non ha mancato ovviamente di esporre le sua classiche bugie, che però assumono quasi minore valenza di fronte alla performance tragica di Biden.

Trump che ha accusato Biden rispettivamente di essere “pagato dalla Cina”, di essere “diventato un palestinese”, di voler legalizzare l’aborto anche “dopo la nascita del feto”, ammesso che quest’ultima frase abbia un significato, invitandolo a svolgere “un test cognitivo”.

Un racconto, quello di Trump, di un Paese che sotto la sua guida era indiscutibilmente il migliore del mondo, fino ovviamente all’arrivo di Biden.

Chi sono i possibili sostituti di Biden

La prestazione imbarazzante di Biden ha rilanciato il dibattito sulle sue condizioni, sulle sue capacità di guidare il Paese.

La preoccupazione tra i Democratici è palpabile: se in pubblico nessuno nel partito lo metterà in discussione, in privato già durante il dibattito tv della Cnn i messaggi erano allarmati.

Il problema, non di poco conto, è che nessuno nel partito può cacciare o estromettere Biden: la decisione di ritirarsi o no è solo sua. L’unica manovra possibile è quella di una “moral suasion”, in particolare sui familiari di Biden, per spingerlo ad un passo indietro.

Ammesso che questo accada, sarebbe poi la Convention del partito, dunque i delegati scelti con le primarie, a selezionare un altro candidato, anche tra chi non si è candidato alle primarie.

I nomi che si fanno sui media Usa sono sempre gli stessi: quello più logico sarebbe Kamala Harris, vicepresidente in carica, mentre uno dei più quotati ma forse troppo “liberal” per una parte di elettorato democratico è Gavin Newsom, il governatore della California.

Ci sarebbe poi la carta più affascinante di tutte, ma anche quella che appare più complicata: la suggestione di Michelle Obama, l’ex first lady che da tempo viene tirata per la giacca per scendere in campo alla guida del partito, ipotesi che lei stessa ha sempre respinto.