Corso di Medicina: un’aspirante matricola su due è del Sud

Corso di Medicina: un’aspirante matricola su due è del Sud

Il Quotidiano del Sud
Corso di Medicina: un’aspirante matricola su due è del Sud

L’Anvur fa il punto sulla formazione del settore sanitario: per i corsi di laurea in medicina: un’aspirante matricola su due è del Sud. Il 47,2% dei ragazzi che sognano di indossare il camice bianco viene dal Meridione, seguiti da quelli del Nord (33,6%) e del Centro (18,9%)

Medicina che passione, soprattutto al Sud. Quasi un’aspirante matricola su due che indica come prima scelta il corso di Medicina e Chirurgia viene dalle regioni del Mezzogiorno. Più precisamente, il 47,2% dei ragazzi che sognano di indossare il camice bianco, seguiti da quelli del Nord (33,6%) e poi da quelli del Centro (18,9%), anche se poi, il tasso di successo dei partecipanti al test d’ingresso, espresso come rapporto tra immatricolati e partecipanti, è pari al 18,7% a vantaggio dei settentrionali. In tutto, una platea di circa 538mila aspiranti dottori nell’ultimo decennio. Dieci anni in cui è avvenuta una pandemia che ha scosso l’intero sistema sanitario, mettendo in evidenza tutte le sue fragilità, a partire dalla carenza di personale.

Questa è la fotografia scattata dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca che, da marzo scorso, è accreditata dalla WFME (World Federation for Medical Education), l’organizzazione internazionale di riferimento per la formazione medica cofondata dall’OMS e dall’Associazione mondiale dei medici. Nel rapporto dell’Anvur sono proposti dati, analisi, riflessioni, approfondimenti sulla intera filiera formativa (dai corsi di laurea alle scuole di specializzazione), sulle modalità di accesso e sull’attrattività di atenei e percorsi di studio nelle università anche in relazione ai fabbisogni.

Una sorta di mappa per approfondire alcuni degli aspetti cruciali della formazione di area medica. E, fra i dati più significativi contenuti nel rapporto c’è quello del forte ampliamento dell’offerta formativa nell’ultimo decennio, con un incremento dei posti programmati per le immatricolazioni, passati da poco più di 9,7 mila posti nell’anno accademico 2017/18 a circa 19,5 mila per il 2023/24. E c’è di più. “Il Ministero della Salute – spiega il presidente dell’Anvur, Antonio Felice Uricchio – ha già previsto che nel prossimo anno accademico i posti saranno quasi 21 mila”. Un dato che sembra ridimensionare le polemiche relative al collo di bottiglia creato nelle università per l’accesso alla professione medica.

Logica conseguenza dell’aumento degli iscritti è il graduale incremento dei laureati che si è registrato negli ultimi anni: circa 10 mila all’anno, di cui quasi 9 su 10, provenienti da università statali, con una lenta ma costante crescita fra coloro che hanno frequentato corsi erogati in lingua inglese, passati dallo 0,8% dell’anno accademico 2014/15 al 4,6% del totale dei laureati per l’anno di studi 2021/22. Numeri e valutazioni che in un’ottica di programmazione a medio termine, potranno identificare il bacino di riferimento dei laureati, quindi l’accesso alle scuole di specializzazione. “Questa crescita – precisa Uricchio – continuerà nei prossimi anni e dalle stime dell’Agenzia si raggiungerà il numero di circa 15 mila laureati entro l’anno 2027/28.

Si tratta del bacino di riferimento dei futuri medici che però richiede un’attenta programmazione da parte dei Ministeri competenti, tenendo conto, tra l’altro, del rilevante numero di medici formatisi in Italia che ogni anno emigrano all’estero”. Un piccolo esercito di circa mille camici bianchi all’anno che, dopo essersi formati in Italia, cercano lavoro fuori dai confini nazionali. Lo trovano e gli stipendi, in molti casi, sono anche più appetibili. In pratica – riassume Uricchio – “un investimento e una spesa per la formazione in Italia che poi va a tutto vantaggio di altri Paesi dove i medici trovano opportunità e condizioni di lavoro sempre più attrattive”.

Il Rapporto evidenzia anche che, in Italia, il numero di laureati in Medicina ogni 100 mila abitanti è pari a 18,2, un numero superiore a quella di Spagna, Francia, Regno Unito e Germania, mentre inferiore è quello degli altri professionisti impiegati nella sanità. Ma non è questa l’unica differenza tra il nostro Paese e l’Europa. L’accesso ai corsi di Medicina è regolato in tutti i principali Paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna) con un numero programmato di posti e i criteri per la selezione all’ingresso. La differenza sostanziale con l’Italia è che in Europa non esiste una graduatoria nazionale, ma ogni ateneo formula una propria lista in cui valorizza anche i risultati che i candidati hanno ottenuto in test di livello nazionale.

Un’altra differenza riguarda il numero programmato per l’accesso a Medicina che in Spagna e Germania è definito a livello nazionale, mentre in Francia e Regno Unito è stabilito a livello di ateneo. In tutti i Paesi si tiene conto del fabbisogno di medici e della capacità formativa delle sedi, proporzionata alle risorse, alle dotazioni e ai servizi che gli stessi atenei sono in grado di assicurare per la formazione degli studenti. In Italia, la capacità formativa è aumentata molto nel corso degli ultimi dieci anni e i corsi di Medicina sono lievitati da 55 (anno accademico 2011/12) a 89 (2023/24) così come gli studenti iscritti che sono passati da circa 66 mila a 99 mila.

Se la fotografia dell’Anvur mette in evidenza alcune ombre ma anche molte luci, per l’Associazione c’è ancora molto da fare nel campo della formazione medica: serve sviluppare una maggiore coerenza e organicità tra nozioni teoriche e le competenze pratiche da acquisire durante la laurea, attraverso l’innovazione didattica e la didattica interattiva, ma anche una maggiore professionalizzazione da sviluppare già durante il corso di studio per proseguire, poi, con la scuola di specializzazione. Tra le proposte suggerite, l’allineamento sistematico nei percorsi di secondo e di terzo ciclo degli obiettivi formativi da acquisire finalizzati al sapere, saper fare e saper essere medico. Ma anche la predisposizione di un modello coerente tra definizione del fabbisogno e potenziale formativo, coordinando la formazione di base a quella specialistica (scuole di area sanitaria e di medicina generale).

Azioni che richiedono l’implementazione delle dotazioni infrastrutturali, di laboratori e tecnologie, sia in ambito ospedaliero che territoriale. Interventi finalizzati, infine, a colmare la carenza e valorizzare le figure delle professioni sanitarie (infermieri, in primis), potenziando la loro formazione e il coerente utilizzo delle loro competenze nei contesti assistenziali. “Promuovere e ottimizzare la qualità dell’educazione e della formazione di area medica – conclude il presidente Uricchio – sono aspetti imprescindibili della nostra mission, ma anche del sistema Paese”.

Il Quotidiano del Sud.
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