Cosa ha fatto Meloni negli Usa: il bilancio della trasferta della premier

RMAG news

Nella seconda trasferta al palazzo di vetro di Giorgia Meloni l’appuntamento più strategico è stato quello “extraistituzionale” con Elon Musk, scelto dalla premier italiana stessa come delegato a consegnarle il Global Citizen Award nella sede dell’Atlantic Council. Premio prestigioso, riconoscimento che suggella la piena legittimazione della leader, avviata proprio nel primo incontro con il presidente degli Usa. Le cose sono cambiate. Biden è comunque presidente uscente. La Casa Bianca è in bilico. La premier italiana non ha alcuna intenzione di sbilanciarsi, dunque evita l’incontro con il vecchio Joe come con il suo predecessore e ricandidato. Però c’è Musk, che somma in una sola persona diversi ruoli e diversi interessi.

Giorgia Meloni e Elon Musk

Quello che attiene agli affari è palese. La presidente italiana vuole che il tycoon di Tesla investa in Italia, aprendo così facendo la strada, almeno negli auspici, a una folla di emulatori tra i pezzi da novanta dell’High-Tech. I vantaggi per l’Italia non sarebbero solo economici. La spinta nella corsa alle tecnologie avanzate, che vede l’Italia non precisamente all’avanguardia, sarebbe di per sé fondamentale. Il flirt a viso aperto, le effusioni, i reciproci complimenti, sia pure sfiorando lui la gaffe con quell’imbarazzante “È ancora più bella dentro che fuori”, dicono che almeno sul piano diplomatico la missione è stata coronata da successo e se non rose fioriranno. Ma Elon Musk è anche l’alleato numero uno di Trump, una via traversa ma non troppo per riannodare i rapporti con il leader della destra mondiale, nella cui cerchia Giorgia, definita in privata “Phoney Meloni”, Meloni la falsa, non è al momento popolarissima essendosi dimostrata troppo vicina al nemico Biden per un paio d’anni.

Le posizioni di Giorgia Meloni

Per questo il vero discorso politico della leader di FdI è stato quello all’Atlantic Council più di quelli alle Nazioni Unite. Di fronte all’Assemblea generale dell’Onu la premier è andata sul sicuro. Ha difeso il multilateralismo, mostrato un facile equilibrio sul nodo dell’Intelligenza artificiale, ha ribadito senza esitazioni lo schieramento senza margini di dubbio a fianco dell’Ucraina, la chiave che le ha già aperto molte porte a Washington come a Bruxelles. È stata efficace ma prevedibile. La sua visione la ha esposta invece nella premiazione: “Non dobbiamo vergognarci di difendere concetti come nazione e patriottismo perché significano non solo un luogo ma un’appartenenza che condivide cultura, tradizioni e valori. Il patriottismo è la miglior risposta al declino”. Patriottismo, in questo caso, riservato non ai singoli Paesi ma a tutto l’Occidente: “Il nemico sono i regimi autoritari che diffondo l’idea del declino dell’Occidente. A loro dico chiaramente che lotteremo per i nostri valori”.

Il messaggio che la premier italiana fa così pervenire a Trump è che lei è ancora solidamente sulle posizioni di sempre, parte integrante di quell’ondata di destra che avanza in tutto l’Occidente. Però senza concedere niente, né all’Atlantic Council e tanto meno al Palazzo di Vetro a posizioni equivoche sull’Ucraina o su Trump. Su quel fronte, che per molti versi è quello fondamentale, la presidente italiana resta la leader più di fiducia per Biden e Kamala che ci sia nell’Europa occidentale: “Difendiamo l’Ucraina perché abbiamo conosciuto il caos di un mondo dove prevale la legge del più forte”.

Meloni e il tentativo di smarcarsi dai sovranisti

Non si tratta solo di tenere il piede in due staffe, offrendo garanzie, su piani diversi, a entrambi i possibili vincitori del prossimo 6 novembre. C’è anche questo naturalmente ed è inevitabile. Ma c’è anche molto di più: Meloni non vuole essere intruppata nel gruppone dei sovranisti di Orbàn e Le Pen. Mira a proporre in tutto l’Occidente come nell’Unione europea il suo modello di destra marcatamente conservatrice, patriottica, schierata in difesa dei valori tradizionali, ma anche affidabile, credibili sia sul piano dell’europeismo che su quello dell’atlantismo, in grado di dialogare con un centro che a propria volta guarda a destra. Dunque una destra contro la quale non avrebbe senso erigere cordoni sanitari ma con la quale, al contrario, ci si può alleare. È il modello italiano e da New York Giorgia Meloni, che non nasconde l’ambizione di imporsi come statista e punto di riferimento per la destra ovunque, lo propone apertamente a tutti, su entrambe le sponde dell’Atlantico.

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