Cosa succede dopo il ritiro di Biden, l’investitura di Kamala Harris alla convention “aperta” di Chicago

RMAG news

E ora che succede? Il passo indietro di Joe Biden, il presidente degli Stati Uniti che ha scelto dopo settimane di pressing incessante da parte del “suo” Partito Democratico di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca per un bis, lascia tecnicamente i Dem senza un candidato a quattro mesi dal voto del 5 novembre, mentre dall’altra parte della barricata Donald Trump è già “on fire”, forte dell’investitura ufficiale alla convention del Partito Repubblicano di Milwaukee dopo essere scampato ad un attentato.

In pratica un possibile sostituto di Biden c’è: è il suo vicepresidente Kamala Harris. Contestualmente al suo ritiro, Joe Biden ha infatti annunciato di voler sostenere la candidatura alla presidenza della sua vice, mossa che la rende a questo punto la favorita per la successione nella corsa alla Casa Bianca per il partito.

Una scelta anche logica: Harris ha fatto parte dell’amministrazione Biden negli ultimi quattro anni, anche se rimasta nell’ombra e con un pochi dossier a disposizione per emergere, ma soprattutto era già in campo come candidata il prossimo 5 novembre, anche se “semplicemente” come vice di Biden.

La convention Dem di Chicago deciderà il sostituto di Biden

Ma la democrazia sta anche nella forma, dunque la decisione su chi prenderà il posto di Biden come candidato dei democratici alla Casa Bianca spetterà ai circa 4mila delegati che prenderanno parte alla convention del partito a Chicago, che si riunirà dal 19 al 22 agosto.

Delegati che avrebbero dovuto confermare il risultato delle primarie vinte da Biden, di fatto senza avversari, con oltre il 90% dei 3.900 delegati totali ottenuti: voti che non passeranno automaticamente alla vice Harris, ma che saranno liberi di votare per qualsiasi candidato vorranno

Il risultato appare scontato, va detto. Secondo la Cnn Harris ha già raccolto forte sostegno nelle fila dei democratici, con oltre 500 delegati già pronti ad appoggiarla in attesa della convention nazionale del partito. Sempre l’emittente all-news statunitense riferisce che Harris prima che il presidente Biden annunciasse il ritiro, comunicatole in anticipo, ha trascorso più di 10 ore telefonando a oltre 100 leader di partito, membri del Congresso, governatori, dirigenti sindacali e leader di organizzazioni per i diritti civili e di difesa dei diritti.

Il “network” è in già in piedi dunque. Altro segnale importante riguarda la campagna per le presidenziali: Harris è già ufficialmente alla guida di quella che, fino a poche ore fa, era ancora la campagna per la rielezione di Joe Biden. Secondo i documenti presentati alla Federal Election Commission, la campagna ha cambiato il nome da ‘Biden for President’ a ‘Harris for President’.

Tuttavia Kamala Harris potrebbe avere interesse ad un confronto “vero” con sfidanti del partito, non ricevendo dunque una “incoronazione”: un confronto contro sfidanti apertamente di minoranza, con nessuna possibilità di batterla, ma desiderosi di dare voci a temi e cause ben precise.

Il possibile vicepresidente di Kamala Harris

Prima della convention di Chicago una delle scelte più importanti per Kamala Harris sarà quella di indicare il suo candidato dalla vicepresidenza. Tecnicamente potrebbe indicarlo direttamente alla convention di agosto, ma è più probabile che lo faccia prima per ottenere ulteriori consensi in pezzi più ampi del partito.

I nomi che circolano sui media Usa sono quelli di alcuni governatori democratici di Stati politicamente particolarmente rivelanti: Josh Shapiro, 51 anni, governatore della Pennsylvania; Roy Cooper, governatore del North Carolina; Wes Moore, governatore del Maryland; Andy Beshear, 46 anni, governatore del Kentucky eletto e poi rieletto in uno stato a forte trazione Repubblicana; Mark Kelly, senatore dell’Arizona, ex astronauta e marito di Gabrielle Giffords, ex deputata che si salvò miracolosamente dopo che fu colpita alla testa in un attentato nel 2011.

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