Dal mea culpa al perdono, il valore della giustizia riparativa

RMAG news

Uno si chiama Paolo, nome di fantasia, l’altro Domenico. Entrambi si sono macchiati di crimini orrendi. Tutti e due sono stati protagonisti di azioni violente nei confronti di una donna. Paolo l’ha di sicuro aggredita, se non addirittura uccisa. Domenico, insieme a un ‘branco’ di amici, ha invece abusato e probabilmente ammazzato la sua vittima. Ora si trovano in carcere, da detenuti stanno scontando la pena che i giudici hanno stabilito. Ed è proprio dietro le sbarre che ha avuto inizio il loro percorso di redenzione. Ne abbiamo avuto prova grazie a due lettere che l’associazione Sbarre di Zucchero ha inviato a la redazione de l’Unità. Leggendole sono apparsi chiari subito diversi aspetti: nessuna giustificazione per i reati commessi; comprensione di ciò che è stato fatto; consapevolezza del dolore arrecato agli amici e ai parenti delle vittime; alcuna pretesa di perdono ma la necessità di comunicare con chi ha subito una tale violenza.

La giustizia riparativa

“…colgo questa occasione – ha scritto Paoloper condividere con voi attraverso questa lettera la mia sconvolgente e dolorosa tragedia perché possa, in quanto possibile, fare riflettere e capire a tanti giovani, come me, che basta veramente pochissimo per rovinare ad altri e rovinarsi la vita per sempre“. “Sono un giovane ragazzo che molto tempo fa si è macchiato di un delitto atroce che recò un immenso dolore“, ha continuato Paolo che nella lettera ha anche detto, “Non entro in merito a descrivervi come sono accaduti i fatti perché non voglio riaprire nuovamente vecchie ferite che magari non hanno mai trovato cura, se mai ci potrà essere una cura per curare il dolore creato“. Ha poi concluso: “…si entra in carcere perché si è ‘Deboli’, ‘Fragili’ e ‘Codardi“, e ancora, “Ho distrutto una vita, anzi, ho distrutto le vite di diverse persone: in primis la vita della vittima, la mia, la vita dei suoi genitori…Ho distrutto la vita dei miei genitori per aver un figlio in carcere per un delitto mostruoso“.

…quando si è adolescente si rischia di commettere atti terribili che stravolgono la propria vita e quella delle persone che ci circondano“, ha invece scritto Domenico che così ha continuato: “…sono un ragazzo come tanti altri che ha sbagliato, sono passati parecchi anni da quando mi hanno messo in carcere, ed eccoci, ora sono davanti al mio passato“, “durante quel passato ho fatto veramente del male e non solo a chi non c’è più, ma ai suoi cari genitori e a tutta la comunità“, e ancora, “Gli anni di condanna non saranno mai sufficienti per patire, scontare e dimenticare il dolore che il mio passato – con tutta la sua irresponsabilità – ha creato. Tantomeno potrò mai trovare rimedio per la vita che ho spento“. Poi Domenico ha così concluso: “Per la prima mi è capitato di collaborare con enti sociali che difendono donne vittime di violenza di genere e questo mi ha fatto notare come le miei azioni possono fare del bene“, “Ecco, purtroppo con tanto dolore e con il pianto nell’anima ho capito come è meravigliosa la vita e il suo valore…“.

La redenzione: dal ‘mea culpa’ al perdono

Che cos’è la giustizia se non anche e soprattutto riconciliazione? Il mettere in relazione vittimecarnefici è uno dei pilastri di quella che è chiamata giustizia riparativa. Spesso tale percorso è intrapreso all’inverso, ovvero dai parenti delle vittime che cercano di entrare in contatto con coloro che gli hanno procurato un torto o un danno enormi, spesso irreparabili. Le testimonianze di chi decide di andare dritto per questa direzione e di chi li guida, sono sempre positive. Sono esperienze cariche di amore e umanità. Perché la ricchezza non sta solo in chi cerca il perdono dopo aver fatto mea culpa ma soprattutto in chi decide di perdonare. Questa dovrebbe essere la vera essenza della giustizia.

La lettera di Paolo

Lettera anonima scritta di una persona consapevole che spense un sorriso, perché il mio passato non si ripeta mai più.

Mi rivolgo a voi Associazioni che lottate a favore delle donne vittime di violenza di genere, scelgo l’occasione dell’ 8 marzo la Giornata internazionale della donna, la lotta per la rivendicazione dei Diritti e della parità per condividervi che è da un po’ di anni che ho deciso di dedicare ed esprimere ogni sforzo della mia vita per evitare – in quanto mi sia possibile – che si ripetano casi di violenza contro le donne. I giuristi lo chiamano Giustizia riparativa nonché Atti e parole rivolte verso la vittima diretta, famigliari e/o vittime della stessa tipologia del reato, purtroppo in questo caso le vittime sono tutte le donne del mondo, non solo una. E quindi mi sprecherò perché non ci siano più sorrisi spenti. Questa ispirazione mi ha motivato e deciso di procedere con la donazione delle borse shopper che riportano il vostro logo borse che ho tagliato, cucito e stampato io personalmente – per sostenere la vostra Mission cosa che mi tocca profondamente, colgo questa occasione per condividere con voi attraverso questa lettera la mia sconvolgente e dolorosa tragedia perché possa – in quanto possibile – fare riflettere e capire a tanti giovani – come me – che basta veramente pochissimo per rovinare ad altri e rovinarsi la vita per sempre.

Ecco, spero che questa mia lettera possa servire da testimonianza e che sia utile ed aiutare i giovani e adolescenti con dei conflitti emozionali, che serva come strumento di prevenzione di altre tragedie. Sono un giovane ragazzo che molto tempo fa si è macchiato di un delitto atroce che recò un immenso dolore, in primis alla vittima in se che ha subito il danno recatosi, ai suoi genitori, famigliari e a tutti i cittadini del mondo perché aver perso una figlia, una sorella, una nipote, una amica è un dolore fortissimo che non può mai trovar pace. Non entro in merito a descrivervi come sono accaduti i fatti perché non voglio riaprire nuovamente vecchie ferite che magari non hanno mai trovato cura, se mai ci potrà essere una cura per curare il dolore creato, posso solo dire che questo episodio mi segnò profondamente la vita lasciando una ferita che non guarirà mai e poi mai. Con questa lettera vorrei rivolgermi a tutti i giovani per farli capire e comprendere che la vita è bella e non va distrutta, come lo è anche la libertà e quindi non va assolutamente presa con superficialità perché gli errori commessi ci marchiano in maniera negativa per sempre, soprattutto se si trattano di errori che non sempre hanno rimedio. Vivere in carcere a scontare una condanna non è da ‘Bravi’ non è da ‘Duri’, anzi si entra in carcere perché si è ‘Deboli’, ‘Fragili’ e ‘Codardi’.

Si, è questo quello che è veramente chi preferisce lasciarsi prendere dalla ‘Rabbia’ e ‘L’ira’ pensando che così risolve le cose, non è niente altro che un ‘Codardo’, il carcere è molto duro, doloroso, bruttissimo è una voragine dalla quale ti sembra di non poterne venire più fuori. In carcere si finisce perché si è sbagliato, perché un qualcosa è venuto a mancare e/o non ha funzionato nella propria persona, nelle relazioni personali, con l’assistenza degli operatori e psicologhi ho iniziato un lungo percorso di trattamento che intrapresi sotto la loro guida, percorso che ci aiuta a prendere sempre più consapevolezza del danno e del male recato. Ho distrutto una vita – anzi – ho distrutto le vite di diverse persone: in primis la vita della vittima, la mia, la vita dei suoi genitori e famigliari per avergli tolto la possibilità di vederla crescere nel quotidiano, non basteranno mille parole per descrivere il dispiacere e dolore che vivo, chiedo perdono dal più profondo del mio cuore. Ho distrutto la vita dei miei genitori per aver un figlio in carcere per un delitto mostruoso e di tutti coloro che mi stano vicino. Con tanto dispiacere vedo che nei telegiornali non si fa altro che parlare di femminicidio che è in continua crescita, la cronaca di tutti i giorni racconta che ogni volta sono sempre di più gli uomini e anche i giovani adolescenti che come me spengono una vita, ed è a loro che mi rivolgo:

‘Perché il mio passato non si ripeta mai più. Fermiamoci prima. Fermiamoci fin quando ne siamo ancora in tempo, il vero amore non fa male, non spegne un sorriso, il vero amore è il sorriso di una famiglia e in fine il proprio’“.

La lettera di Francesco

Il mio passato di adolescente. Scrivo queste riflessioni perché possano servire come testimonianza del dolore e dei problemi che ci possiamo provocare con i nostri sbagli e gli errori fatti da adolescenti, infatti, quando si è adolescente si rischia di commettere atti terribili che stravolgono la propria vita e quella delle persone che ci circondano. Proprio è questo quello che mi è successo, qualche anno fa, ed oggi faccio un appello attraverso queste parole scritte perché i giovani non permettano che sia il gruppo a trascinarli fino a commettere azioni di cui ci pentiranno per tutta la loro vita. ‘Siate giovani liberi e vi chiedo di vivere la vostra gioventù nella sua completa pienezza, non la stroncate la vostra vita con la tragedia e con la fine in carcere. Vi scrivo perché voglio che il mio passato, l’errore che commessi, non si ripeta più’. Per questo vi racconto in maniera anonima la mia esperienza: Mi guardo allo specchio e vedo di fronte a me il mio presente e il mio passato voglio separarli non per dissociarmi di quanto è successo, no.

Lo faccio per entrare nel profondo di me stesso come se fosse un’altra persona a fare una introspezione che mi permetta di essere obiettivo ed auto critico in ogni particolare in modo che possa fare una profonda riflessione sul delitto di violenza e omicidio per cui sono stato condannato tanti anni di reclusione. Ciao, sono un ragazzo come tanti altri che ha sbagliato, sono passati parecchi anni da quando mi hanno messo in carcere, ed eccoci, ora sono davanti al mio passato. Ho voluto condividere la mia esperienza e tener il punto fisso su di me perché ho fatto parte di un gruppo di persone – quando ero molto giovane – a ‘provocare’ del ‘Male’ diretta ed indirettamente nel mancare i diritti di una persona. Si, nel mio passato, sono stato egoista quando ho vissuto insieme a degli amici quello che si pensava fosse un “Gioco sessuale” , dimenticando di metterti nei panni della ragazza della quale ci siamo approfittati.

Senza dare importanza al suo pensiero, al suo ‘Diritto’, potere di decisione, sei stato un ragazzo inconsapevole di cosa vuol dire: “Diritto” il proprio diritto di prendere decisioni, non solo, forse tu ‘Domenico del passato’ non sapevi nemmeno il significato del termine ‘Diritto’ e ‘rispetto per il diritto degli altri’. Non posso fare altro se nonché compatire il mio passato – perché Aimè, durante quel passato ho fatto veramente del male e non solo a chi non c’è più, ma ai suoi cari genitori e a tutta la comunità. Con il risultato delle miei decisioni, degli errori e della tragedia che si provocò non sono stato solo una persona “carente di empatia”, purtroppo -solo dopo quando ormai era troppo tardi – capì che si poteva evitare questa dolorosa tragedia dove siamo coinvolti tutti. Sicuramente questi anni di reclusione mi hanno aiutato a meditare a lungo cosa non ha funzionato in me o quale è stato il problema con il tema della responsabilità. Gli anni di condanna non saranno mai sufficienti per patire, scontare e dimenticare il dolore che il mio passato – con tutta la sua irresponsabilità – ha creato. Tantomeno potrò mai trovare rimedio per la vita che ho spento.

Sono stato immaturo? Non credo che sia stato solo un problema di immaturità personale. Probabilmente non sono stato capace di affrontare e gestire i conflitti adolescenziali? Siamo stati banale e menefreghisti che ci siamo sentiti superiori con il diritto di decidere per la vita di un’altra persona? Mi sono lasciato trasportare dall’emozione del gruppo, perdendo la mia personalità? Bastava fermarmi ad ascoltare la posizione e/o i sentimenti e le emozioni delle altre persone? Bastava che mi fosse fermato a pensare alle persone che mi amano e forse avrei evitato tutto il dolore che ho creato? Avrei potuto fare qualcosa per evitare che il gruppo declini nella tragedia? Sono stato un essere umano irresponsabile diventando il responsabile di una morte? Queste domande continuano a ribattere dentro la mia testa ogni giorno per più 7.953 giorni che sono precisamente quelli trascorsi da quando l’errore di noi ragazzi “sciocchi” ha avuto inizio. ‘Inesperti’, ‘egoisti’ e ‘non intelligenti’, ‘stupidi’, ‘mostri’, ‘macabri’, e ‘menefreghisti’ – sono alcuni degli aggettivi che mi ribadisco continuamente – oltre alle domande e le risposte, oltre alle lacrime che ho versato per piangere il dolore che le ho creato a lei, ancora più profondo dentro di me ci sono le lacerazioni che le ferite hanno lasciato e che in pochi sono in grado da vedere, perché è vero che ci sono delle vittime e ne ripiango giorno dopo giorno, però ci sono anch’io a farmi del male.

Un ragazzo che si ha distrutto la sua vita. Non è la prima volta che mi metto davanti allo specchio e guardo me stesso in questo buio intenso, in realtà iniziai a farlo qualche anno fa – 2016 – questo tipo di esercizio mi ha permesso di vedere dove ero e soprattutto chi ero? Dove sono e dove voglio arrivare? Da lì in poi iniziai a capire che le risposte alle mie domande non le trovo scritte, ne tantomeno nel buio delle mie notte in carcere. Capì che nonostante la buona volontà di tutte le persone che mi stanno accanto, dagli operatori, volontari, etc., l’unica persona che può trovare queste risposte sono io e il posto dove cercare è in me, nel me del passato. Perché il mio passato non si ripeta mai più. Perché non ci siano più ragazzi giovani adulti che cadano nello sbaglio. Lo scopo della mia vita è aiutare alle persone che soffrono direttamente uguale e/o simile al male e al dolore che ho creato io. Non è assolutamente facile vedere nella cronaca di ogni giorni ripetersi storie simile alla mia, la tragica fine di donne che finiscono per essere vittima dell’abuso, vittima della violenza o dell’omicidio e dell’egoismo di qualcun altro. Questa nuova versione di me stesso mi ha permesso di conoscere i valori umani, i valori morali, i Diritti umani, i Diritti delle donne e di lotte mondiali contro la violenza delle donne.

Per la prima mi è capitato di collaborare con enti sociali che difendono donne vittime di violenza di genere e questo mi ha fatto notare come le miei azioni possono fare del bene e penso che il mio passato deve servire da esempio per evitare che altri ragazzi della stessa età che avevo cadano nello stesso errore per evitare cosi altre tragedie. Ecco perché voglio che le mie parole possano servire per prevenire ed evitare che altri ragazzi come me possano ripetere il mio stesso errore. Oggi dopo anni vedo il presente di fronte al passato, che mi persegue e non si ferma, vedo che tutti i due sono ancora nello stesso punto di partenza forse perché c’è qualcosa ancora di non risolto. Qual è questo punto ancora di non risolto? Il mio pentimento, la mia consapevolezza, la mia sicurezza nella gestione dell’emozioni? Sono un uomo e non più un ragazzo. Ora ho imparato il valore della parola ‘NO’ che non deve essere per forza un qualcosa di negativo. Il valore della parola ‘NO’ che può servire per aiutarci a riflettere e capire meglio alle persone. Ho imparato il grande valore di cosa significa: fermarsi prima di agire. Ora so cosa significa il valore e l’importanza di prendersi un attimo di tempo o quanto sia necessario per meditare e capire quale sia la miglior decisione da prendere tenendo in considerazione non solo i miei interessi e il mio bene, ma tenendo in considerazione anche la posizione e le decisioni degli altri, ‘Anche se magari non sempre possono piacermi e condividerle’ perché ora ho capito il valore del rispetto del pensiero e delle decisioni.

Il perdono come punto di partenza. Chiedere perdono alla vita che abbiamo spento, la vita che non c’è più. Chiedere perdono alle persone che hanno sofferto dopo questo nefasto evento. Chiedere ‘Perdono’ a tutte le vittime di questo tipo di reato e violenza. Chiedere perdono ai miei. Si, per chiudere con questo dolore ho chiesto perdono anche a me stesso per ripartire e dare luce alla mia vita. Qual è la differenza tra il passato e il presente? Il mio specchio – la mia esperienza – deve servire perché non mi perda in altri simili errori. Quando mi trovo davanti a delle difficoltà varie metto in uso una bilancia di misurazione per il confronto di cosa avrei fatto nel passato confrontando la mia nuova maniera di vivere le cose. Questo confronto mi permette prendere le decisioni tenendo in considerazioni le condizioni varie, le persone e tutto ciò che ne circonda. Ho imparato il valore e l’importanza che noi essere umani diamo alle cose, alle persone e ai sentimenti. Il valore della vita e in tutta la sua manifestazione. Ecco, purtroppo con tanto dolore e con il pianto nell’anima ho capito come è meravigliosa la vita e il suo valore, ho capito che non c’è assolutamente bisogno di togliere la sua bellezza dandone importanza a momenti e discussioni inutili ed effimere e di come in tante occasioni, il silenzio, la meditazione e le riflessioni sono utili ed importanti per aiutare a mediare e risolvere i conflitti.

Questi momenti di riflessioni mi hanno aiutato a capire quanto sono importanti le parole delle persone ed ascoltare il loro pensiero, le loro opinioni, i loro sentimenti. Tutto ciò va della mano con la gestione dell’emozioni, delle mie emozioni, ora sono un uomo con un passato che non è bello affatto, ma non va nascosto, ne tantomeno esposto, devo semplicemente conviverci perché non continui a rovinare la mia vita e la vita degli altri. Ho capito l’importanza della mia persona e del mio ruolo in questa società, ho capito quanto posso fare del bene con il mio impegno e il mio attivismo dentro a svariate attività, ho capito quanto sono importanti i piccoli gesti che io posso compiere, come ad esempio; piantare un albero e contribuire con la vita. Di fronte a me stesso dico che il passato può servire per sensibilizzare ed educare, prevenire ed evitare altri sbagli e tragedie, dico a me stesso che il miglior modo per convivere e continuare il mio percorso di vita è rendere un contributo a quella meravigliosa vita spezzata che sarebbe di quello di essere ogni giorno una persona migliore di quello che sono stato“.