È tempo di stelle cadenti, le Perseidi: ma chi le vedrà più con l’inquinamento luminoso

RMAG news

Quando miro in ciel arder le stelle; / dico fra me pensando: a che tante facelle? /… ed io che sono?
(G. Leopardi)

È il tempo delle stelle cadenti. Ma quanti riescono, oggi, a vederle? La tradizione dice che, per scorgerle, la notte migliore è quella del 10 agosto, giorno di san Lorenzo, il martire cristiano bruciato barbaramente su una graticola, per cui sono chiamate anche “lacrime di san Lorenzo”. In realtà, ci dicono gli astronomi, il picco massimo si verificherà il 12 e il 13 agosto.
La tradizione vuole pure che, per ogni scia luminosa, si esprima un desiderio, come se le stelle potessero realizzarlo… I termini “stelle cadenti” sono impropri. Si tratta, infatti, di sciami meteorici (le Perseidi), generati dalla nube di polveri e detriti, rilasciati da una cometa, che la Terra “rasenta” quando transita in direzione della costellazione di Perseo. I piccoli corpi irrompono nell’atmosfera a 200mila km l’ora: il calore, provocato dall’attrito, genera le scie luminose.

Ma torniamo al punto: quanti, oggi, riescono a vederle? La risposta è penosa: meno di metà dell’umanità. A causa dell’inquinamento luminoso, creatura della “civiltà” industriale moderna. Già oggi più di metà dei cittadini del mondo – ben il 54 per cento – vive nelle metropoli, dove la notte è illuminata a giorno e la vista del cielo sparisce. Le proiezioni dicono che, nel 2030, a inurbarsi nelle metropoli sarà il 70 per cento degli umani. Così i ciechi del cielo diventeranno la grande maggioranza. Si riflette poco, o niente, sulle conseguenze perniciose provocate dall’inquinamento luminoso. Il primo danno di fondo è determinato dall’alterazione del nostro ritmo circadiano, basato sull’alternarsi del giorno e della notte. Se anche questa diventa “giorno” per l’eccesso di luce artificiale, ne risente l’equilibrio psicofisico, con conseguenze che vanno dalla depressione alle disfunzioni del sistema immunitario, fino ai tumori. E, oltre che sull’uomo, gli effetti negativi si ripercuotono pure sugli animali e i vegetali.

Inoltre: siamo portati a dimenticare che l’inquinamento luminoso è fratello (siamese) di quello ambientale. Quando accendiamo una lampadina, vuol dire che da qualche parte si brucia qualcosa – gas, petrolio, carbone, atomi – per produrre elettricità. Se si guardano le mappe satellitari della Nasa, si vede che il massimo di inquinamento luminoso è concentrato negli Usa, nell’Ue, in Russia, in Cina, in Giappone. Mentre miliardi di persone ignorano il concetto stesso di lampadina o di elettrodomestico. Anche in questo campo siamo alle solite, nel rapporto fra il Nord e il Sud del mondo. Guardare il cielo stellato, la Via Lattea, le costellazioni non significa solo contemplare uno spettacolo fantastico: induce pure pensieri profondi, invita a considerare la infinita piccolezza di ognuno di noi – e della Terra – rispetto all’immensità dell’universo, per cui ogni spocchiosa visione antropocentrica appare immediatamente risibile. (Quando guardo il firmamento dal buio limpido della mia collina, in Umbria, mi sento un privilegiato).

La nostra esigua finitezza non ci suggerisce di vivere rispettando l’equilibrio di tutto, a partire da quello dell’ecosistema, per cui ogni violenza dell’uomo sull’uomo – e sulla natura – ogni guerra e qualsiasi prepotenza vanno considerate come aberrazioni distruttive da bandire? In altre parole, ricordando Kant: la cancellazione visiva del cielo stellato sopra di noi ci porta anche a smarrire la legge morale dentro di noi. Con le conseguenze devastanti che vediamo nell’insieme dei comportamenti umani. I “ciechi del cielo” stanno bruciando il mondo: con i mutamenti climatici, la corsa al riarmo, gli ordigni nucleari sempre incombenti, i conflitti sanguinosi, la concentrazione delle ricchezze nelle mani dell’1 per cento della società. Si può obiettare, certo, che osservare le stelle non ci mette, di per sé, al riparo dalle scelleratezze umane. Vero. Ma, mentre le guardiamo, non ci spariamo – e già questa non è piccola cosa – e, quando smettiamo di guardarle, ci ricordiamo tuttavia che esse stanno, a miliardi di miliardi, sopra di noi, e questo ci aiuta a non restare prigionieri delle nostre bassezze. Con la dichiarazione di La Palma, siglata alle isole Canarie il 20 aprile 2007, ci si è mossi perché l’Unesco dichiarasse “il cielo notturno incontaminato” patrimonio dell’umanità. Avanti di questo passo dovremo dichiarare pure l’uomo… patrimonio dell’umanità. Sperando che non sia tardi, per preservarci dall’estinzione.

 

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