Europee, Schlein alla prova: se vince conquista la leadership della sinistra

RMAG news

Le elezioni europee di oggi e domani mettono in palio diverse poste. Proviamo a esaminare le principali. Per quel che riguarda l’Europa la partita è molto importante.

Si vedrà quale maggioranza sarà possibile, o quali maggioranze saranno possibili in Parlamento. C’è il rischio che si realizzi una maggioranza di destra, o di centrodestra. E la possibilità che invece la maggioranza sia di centrosinistra.

C’è l’ipotesi che i popolari finiscano per essere ago della bilancia. E naturalmente tutto questo avrà un peso notevole sul futuro dell’Unione europea, in bilico tra la possibilità di crescere e di aumentare la sua autorità e il suo peso sui vari paesi che la compongono, o invece il pericolo di essere sbrindellata da un trionfo sovranista.

I risultati olandesi lasciano la speranza che l’avanzata della destra, largamente pronosticata, non sia devastante come i sondaggi fanno temere. Poi ci sono varie questioni che riguardano l’Italia. Per la quale il voto avrà un effetto europeo e un effetto interno.

Intanto si tratterà di vedere, visto che stavolta si vota col proporzionale (un sistema elettorale molto più chiaro e trasparente ed equo, del sistema maggioritario o semi-maggioritario) se lo schieramento di governo (cioè il centrodestra) conquisterà la maggioranza effettiva dei voti degli elettori, o se invece resterà uno schieramento con una forza elettorale inferiore a quella delle opposizioni.

Dentro questa domanda se ne nasconde un’altra altrettanto importante: Fratelli d’Italia manterrà la sua schiacciante maggioranza di consensi rispetto ai due alleati di centrodestra? Cioè: quali rapporti di forza si creeranno tra i tre partiti di governo?

Infine, tutt’altro che secondaria, ci sarà la battaglia per la guida della sinistra. Dal cui esito potranno derivare molti effetti sui futuri assetti del paese.

Elly Schlein, per la prima volta alla prova di un voto di dimensioni nazionali, si gioca molto. Se avrà un successo pieno, cioè se terrà il Pd al di sopra del 20 per cento e con un buon margine di vantaggio rispetto ai 5 Stelle, porrà in modo chiaro e realistico la sua candidatura a diventare la leader riconosciuta della sinistra.

E dell’opposizione. Dopodiché toccherà ai 5 Stelle decidere la propria collocazione, ma non potranno più, logicamente, pretendere una leadership di Conte.

E questa credo che sia una cosa molto importante. Lo schieramento dell’opposizione, in Italia, risente di una anomalia. E cioè del fatto che uno dei partiti che lo costituiscono nasce su territori lontanissimi da quelli della sinistra, ispirato da concezioni politiche sostanzialmente qualunquiste e giustizialiste, che risentono molto della cultura della destra.

Parlo dei 5 Stelle. La lotta per la leadership dell’opposizione tra Elly Schlein e Giuseppe Conte in fondo questo è: la lotta tra una ipotesi di sinistra tradizionale, anche se rinnovata e ammodernata, di tipo socialdemocratico e radicale, e un’idea estremista, ma centrista e conservatrice, della politica.

Il movimento Cinque Stelle sicuramente ha al suo interno potenti istanze di sinistra. Ma vaghe, scoordinate: manca delle radici, della cultura profonda, degli automatismi della sinistra.

E risente di una leadership ondeggiante, che nasce e trova il suo primo insediamento e la sua forza nell’alleanza con la destra radicale di Salvini e nella realizzazione di una politica in gran parte reazionaria (decreti sicurezza, blocchi dei migranti, spazzacorrotti, eccetera).

Se Elly Schlein vincerà questo braccio di ferro, è chiaro che le cose diventeranno più semplici. L’alleanza tra Pd e 5 Stelle sarà possibile, ma su basi diverse e con l’accettazione, da parte dei “contiani” di un patto di subalternità nei confronti del Pd.

Solo questa soluzione permetterà alle opposizioni di cominciare a lavorare per tornare al governo. Cioè per sfidare una destra un po’ indebolita in questo anno e mezzo, da una posizione paritaria.