G7, Macron rovina la festa a Meloni: gelo tra il presidente francese e la premier

RMAG news

Il presidente francese e la premier italiana avrebbero (quasi) tutti i motivi per andare d’accordo in questo momento. Devono affrontare insieme una crisi di fiducia sui mercati che discende direttamente dalle elezioni europee e soprattutto dal terremoto in Francia ma, per quanto paradossale possa apparire, scuote anche l’Italia. Nonostante il governo di Roma sia l’unico uscito in piedi, nonostante i voti persi, dalle europee le dimensioni del debito lo rendono sempre e comunque esposto a ogni tempesta finanziaria. Invece proprio il gelo tra Macron e Meloni è la cicatrice su un G7 che, per il resto, ha trovato facilmente la quadra su tutto e che ieri, per la prima volta, ha ospitato uno dei capi di Stato più potenti pur se non facente parte della lista dei sette grandi: papa Francesco, con fittissimo carnet, ben 10 incontri bilaterali. Viene per parlare di Intelligenza artificiale e le conclusioni sono quel che ci si poteva aspettare: altisonanti impegni a usarla solo per scopi pacifici e con giudizio (“C’è un assassino tra noi, si chiama intelligenza artificiale”, ha detto Bergoglio).

Anche l’ospite Giorgia non scherza quanto a impegni: in mattinata ha visto Biden, il presidente democratico che tuttavia ha fatto dell’underdog “postfascista” una pupilla ed è sentitamente ricambiato, poi nel pomeriggio il brasiliano Lula e il giapponese Kishida. Zelenski, stavolta soddisfatto, ringrazia tutti ma lei in particolare. L’italiana incassa anche lo sdoganamento, con complimenti, del suo piano Mattei, che per il momento è un titolo con pochissime righe scritte sotto ma l’applauso è comunque utile. La dichiarazione finale è pacifista sul Medio Oriente, bellicosa sull’Ucraina. Campeggiano gli inviti pressanti a Israele perché metta fine alla “inaccettabile” mattanza di civili ed eviti l’offensiva su Rafah, ma anche su Hamas perché liberi gli ostaggi e su tutti per una unificazione di Gaza e della Cisgiordania sotto controllo dell’Anp. Con l’obiettivo, “al momento opportuno” di dar vita allo Stato palestinese. La proposta di pace di Putin, controllo russo su 4 regioni e impegno ucraino a non aderire alla Nato, è stata respinta al mittente con tanto di impegno a sostenere l’Ucraina “per tutto il tempo che sarà necessario”. Insomma, fino alla vittoria finale. I 50 miliardi inviati a Kiev e presi dagli extraprofitti degli asset russi sono “un segnale inequivocabile a Putin”. Nel mirino ci sono anche la Cina, minacciata di sanzioni, e la Bielorussia, per gli appoggi offerti a Mosca. Insomma, la guerra contro la Russia continua.

La soddisfazione di Giorgia è però incrinata dalla irritazione per lo sgambetto di Macron. Già lei e il suo staff gli addossavano tutta la responsabilità per l’incidente sull’aborto, che l’Italia ha voluto non fosse esplicitamente citato ma nominato solo con un riferimento agli impegni di Hiroshima. L’incidente sembrava chiuso, poi è arrivato in serata, giovedì, il presidente francese, ha trattato l’ospite gelidamente, ai limiti della scortesia, ha riaperto la faccenda lamentando la mancanza di quel riferimento esplicito. Ieri si è aggiunto un nuovo caso, i diritti Lgbt che non sarebbero nominati, secondo Bloomberg, per colpa della solita Italia. Il governo smentisce ma è un fatto che Giorgia ci faccia la figura della nemica dei diritti civili, quanto di più lontano dall’immagine che vuole diffondere da Borgo Egnazia. Ma non è solo questione di ira. C’è anche la preoccupazione. L’irrigidimento di Macron, i cui rapporti con Meloni si erano da tempo distesi, risponde evidentemente a un’esigenza interna al suo Paese. Sta per chiedere ai francesi, molti dei quali lo detestano, di fare blocco con l’avanzata di una destra che denuncia come molto vicina al fascismo. Non può andare d’accordo, allo stesso tempo, con un’altra destra che da quella di casa differisce nella forma ma non nella sostanza. Per lo stesso motivo, quando lunedì a Bruxelles i 27 capi di governo della Ue dovranno indicare la candidatura per la presidenza della Commissione, potrebbe mettersi di mezzo e chiedere un vero cordone sanitario contro Meloni.

La premier italiana è decisa a votare per von der Leyen, anche se non lo può ammettere. Il Ppe vuole il suo appoggio, perché ha bisogno dei voti di FdI per mettersi al riparo dai franchi tiratori quando il 18 luglio il Parlamento europeo voterà sul candidato scelto dal Consiglio ma anche molto perché non vuole apparire sbilanciato a sinistra quando nel continente spira forte il vento opposto. In questo quadro l’italiana non dovrebbe faticare troppo a ottenere quello che vuole, un commissario di peso che sia anche vicepresidente della Commissione. Tutti ritengono che insisterà per una commissione economica ma è anche vero che la sua carta vincente, sin qui, è stata la politica estera quindi non è affatto escluso che miri invece agli Esteri, puntando sulla ex segretaria generale della Farnesina Elisabetta Belloni. L’ostacolo Macron potrebbe rovinarle il gioco. Tajani, fedele, ci ha in effetti provato a rinviare tutto a dopo il voto francese, quando Macron potrà ammorbidire il suo antifascismo elettorale, almeno per quanto riguarda la premier di Roma. Niente da fare: il Ppe ha fretta, la scelta difficilmente slitterà e Giorgia dovrà vedersela con un Macron molto bellicoso.