Giovanni Paolo Pagliuso, presidente anni ’90: «Avrei dato la vita per portare il Cosenza in serie A»

Giovanni Paolo Pagliuso, presidente anni ’90: «Avrei dato la vita per portare il Cosenza in serie A»

Il Quotidiano del Sud
Giovanni Paolo Pagliuso, presidente anni ’90: «Avrei dato la vita per portare il Cosenza in serie A»

Giovanni Paolo Pagliuso è stato presidente del Cosenza in un periodo (1994-2003) in cui da Cosenza passarono buoni giocatori. La squadra riuscì a disputare buoni campionati ma ha vissuto anche una retrocessione subito riscattata l’anno successivo. Con Pagliuso abbiamo cercato di ricostruire la storia di quegli anni.

«Avrei dato la vita per portare il Cosenza in serie A». Quest sono le sue prime parole, mentre comincia a raccontare la sua storia da presidente del Cosenza Calcio.
Parole dette con voce roca dalla quale traspare tutta la sua passione e l’emozione che ancora gli provoca parlare del Cosenza.

Come è arrivato Giovanni Paolo Pagliuso alla presidenza della società?

«Ho fatto il consigliere dirigente per anni prima di diventare presidente. Era il 1994 ho assunto la presidenza subentrando a Bonaventura La Macchia. Negli anni precedenti avevo fatto delle anticipazioni finanziarie che la società non riusciva e restituirmi e, quindi, ho rilevato le quote e sono andato avanti in prima persona. Era un momento di grande difficoltà ma, essendo, da sempre, un tifoso del Cosenza, non ci ho badato molto e ho cominciato questa avventura. C’erano tanti problemi e a quelli esistenti si sono aggiunti anche nove punti di penalizzazione. Una bella botta. Avevamo una buonissima squadra e un grande allenatore, non solo ci siamo salvati ma siamo arrivati praticamente a ridosso della zona promozione».

Problemi, come sempre da queste parti.

«C’era una situazione incresciosa dal punto di vista finanziario. Mi sono dovuto rimboccare le maniche e andare avanti facendo un sacco di sacrifici economici».

Come capita sempre per tutti i presidenti di società di calcio, si vivono momenti belli e momenti brutti. I momenti brutti di Giovanni Paolo Pagliuso quali sono stati?.

«Vero. Ho cercato, perché tifoso e appassionato, di costruire sempre formazioni in grado di lottare per arrivare in serie A. Per me era un sogno portare la squadra della mia città in serie A e avrei dato la vita centrare questo grande obiettivo. Ci abbiamo sempre provato ma purtroppo, una volta per un caso, un’altra volta per un altro motivo, non ci siamo riusciti. Siamo anche retrocessi un anno ma risaliti l’anno successivo con Sonzogni allenatore».

Anche il presidente Giovanni Paolo Pagliuso ha avuto grande contestazione da parte della tifoseria. Cosa ricorda di quei momenti?

«Tutte le domeniche si alzavano cori dagli spalti contestando Pagliuso. Non riuscivo a spiegarmelo. Pensavo (e lo dissi) che fossero degli ingrati. Come si ricorderà, in quel momento eravamo primi in classifica, con Mutti allenatore e con sei punti di vantaggio sulla seconda e nonostante ciò fui contestato».

Ci racconti

«Sono arrivato allo stadio mentre un aereo girava sopra San Vito con uno striscione che portava la scritta “Pagliuso vattene”. È una cosa che non mi sono mai potuto spiegare. Il mio personale pensiero è che c’era qualcuno che aizzava i tifosi contro di me. Non so da dove partisse questa contestazione. Non volevano che io restassi presidente nel calcio? Si volevano riprendere il Cosenza? Mi riferisco ai precedenti dirigenti. Dovrei raccontare i dettagli di come sono arrivato alla presidenza, ma è storia troppo lunga».

A quei tempi in giro si diceva che la colpa era di suo figlio Peppuccio…

«Che c’entrava Peppuccio? Era un ragazzo e mi dava una mano. Lui era ed è appassionato di calcio come me, forse più di me, ma non non aveva nessuna responsabilità nelle operazioni di gestione. Si dedicava soprattutto alla Spal (in quel periodo avevamo rilevato anche la società ferrarese). Abbiamo fatto sempre campionati di alto livello. Il calcio purtroppo non è una scienza esatta e basta un centimetro per cambiare il corso della storia come è successo al Cosenza, più di una volta».

Cosa è accaduto nel 2002?

«Mi accusarono di essere esponente della malavita. Si inventarono un sacco di cazzate pur di colpirmi. Sono finito in carcere, otto lunghi mesi da innocente. Tutti e tre i giudizi finirono con “il fatto non sussiste” e pure sono stato privato della mia libertà per tanto, troppo tempo. Questo ovviamente incise sulle sorti della società. Nonostante tutto la squadra si salvò, ma l’anno successivo, con me in carcere senza poter intervenire in nessun modo, gli organismi sportivi decisero, senza un valido motivo, che il Cosenza non poteva iscriversi al campionato. Eppure la società aveva un saldo attivo in Lega che poteva garantire l’iscrizione. Una cosa assurda.
In quel periodo oltre a essere il presidente del Cosenza ero anche consigliere di Lega e proprietario della Spal. Diciamo che sotto il profilo psicologico, umano e finanziario il signore che ha voluto colpirmi mettendomi in carcere mi ha praticamente rovinato. Ho perso tutto il patrimonio calcistico (i calciatori si sono tutti svincolati per la mancata iscrizione). Avevamo tesserati importanti: Lentini, Giandebiaggi, Strada.
Quando ho riacquistato la libertà sono andato a Roma a parlare in federazione calcio, per avere spiegazioni. Il presidente era Carraro, il quale si giustificò dicendo che la colpa non era sua, che la vicenda era stata messa ai voti ma l’iscrizione del Cosenza a qualcuno non piaceva e quindi ci misero fuori. Quell’anno poi, il 18 agosto, deliberarono l’ampliamento della serie B a 24 squadre. Una doppia beffa. In serie B fini una squadra che poi divenne la Fiorentina di Della Valle»

Se non fosse successo quel pateracchio che lo condusse ingiustamente in carcere, avrebbe continuato a pensare di poter portare il Cosenza in serie A?

«Sicuramente, ci mancherebbe altro. Il fatto stesso che quell’anno facemmo un sacrificio enorme, perché con Mondonico allenatore, costruimmo una squadra proprio per cercare di fare il salto di
categoria».

Giovanni Paolo Pagliuso si è pentito di aver fatto il presidente del Cosenza calcio?

«Si, se penso a quello che è successo e che altrimenti non mi sarebbe capitato. Però la passione, nonostante tutto, ancora c’è, perché io parlo sempre da primo tifoso del Cosenza calcio. È vero che non vado più allo stadio per la partita, più che altro per non dare adito a chiacchiere, però vedo tutte le gare in televisione e tifo come un matto».

Che opinione ha di Eugenio Guarascio presidente?

«Non è che vive stagioni, come dire, tranquille, dal punto di vista del tifo. E’ contestato, come quasi tutti i presidenti delle squadre di calcio, prima o poi. Sta facendo le cose bene, con alterna fortuna, con capacità. Comunque siamo in serie B, quindi lo dobbiamo ringraziare e fargli gli elogi. Il raffronto tra le contestazioni che hanno fatto a me? Diciamo che sono avvenute in situazioni diverse. Il mio Cosenza era in vetta alla classifica, adesso sono tre o quattro volte che ci salviamo per il rotto della cuffia. Le contestazioni alla mia presidenza erano fatte con aerei in volo, manifesti ai muri della città, cori allo stadio. In contestazioni, posso dirlo, non ho rivali».

Vuole mandare un suggerimento, un consiglio al presidente Guarascio?

«Qualche suggerimento perché consigli non ne so dare nemmeno a me stesso. Io credo che lui stia facendo bene. Basterebbe un poco di attenzione in più agli aspetti prettamente sportivi. Credo che con un piccolo sacrificio, un piccolo investimento in più potrebbe portare la squadra di serie A. Praticamente anche quest’anno. Io ho vista la prima partita e posso dire che che hanno un piglio diverso. I giocatori hanno la grinta, la volontà di fare bene. Basterebbero due innesti buoni. Il primo presidente che porta la squadra in serie A passerebbe alla storia e meriterebbe un monumento nella piazza principale della città».

Il Quotidiano del Sud.
Giovanni Paolo Pagliuso, presidente anni ’90: «Avrei dato la vita per portare il Cosenza in serie A»

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