Gli “Io Capitano” dritti in galera: ma questo non è un film e i protagonisti sono reali

RMAG news

Proprio come nel film Io capitano: Seydou e Moussa si decidono a condurre l’imbarcazione, pur di raggiungere l’Europa. Seydou discute coi trafficanti e, anche se non ha mai visto una barca, sfida col cugino la paura: gli consegnano un satellitare, una bussola e un centinaio di persone al seguito. Così anche i due sudanesi fermati a Lampedusa, dove erano sbarcati il 2 agosto scorso: è ciò che apprendiamo da una scarna nota dell’agenzia Agi riportante, pari pari, la velina degli inquirenti. Titolo: “Guidano barchino da Libia (sic) a Lampedusa, due fermati”. L’accusa: “aver favorito l’ingresso illegale in Italia di 15 migranti”, con l’aver “condotto e governato, tracciando la rotta, un’imbarcazione in legno avente lunghezza di circa sette metri”.

I due arrestati sono trafficanti-suicidi se, dicono gli stessi investigatori, hanno condotto l’imbarcazione “priva del carburante necessario a giungere a destinazione”, rimanendo così alla deriva (i 45 naufraghi sono stati salvati dalla Guardia costiera). La nota AGI riporta la prova di colpevolezza che gli inquirenti considerano definitiva: “i due indagati, nelle fasi dell’imbarco lungo la costa di Zawiya, sarebbero rimasti staccati dal resto dei migranti che poi ha affrontato il viaggio, poiché impegnati a parlare con i libici organizzatori della traversata, dai quali avrebbero ricevuto le indicazioni per il viaggio, una bussola e un telefono satellitare”. Esattamente come Seydou e Moussa, che abbiamo visto felici e vincenti alla fine di Io capitano. Il film, in realtà, non racconta cosa sia poi stato di loro. Dei due giovani sudanesi abbiamo appreso dall’agenzia che sono stati sbattuti in galera.

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