“Glicine”, a giudizio anche Vincenzo Sculco

“Glicine”, a giudizio anche Vincenzo Sculco

Il Quotidiano del Sud
“Glicine”, a giudizio anche Vincenzo Sculco

Crotone, anche Vincenzo Sculco, il presunto dominus del comitato d’affari rinviato a giudizio insieme ad altri 99. L’ex consigliere regionale si difende: «Erano riunioni politiche, non segrete»

CROTONE – Dopo il rinvio a giudizio degli altri 99, era scontato anche quello dell’ex consigliere regionale Enzo Sculco, presunto dominus del comitato d’affari sgominato dalla Dda di Catanzaro con l’operazione Glicine-Acheronte, scattata un anno fa: con lui raggiungono quota 100 gli imputati che dovranno comparire, il prossimo 9 ottobre, davanti al Tribunale penale di Crotone. La gup distrettuale Sara Merlini, il giorno prima, ha anche ammesso altri 25 imputati al rito abbreviato e ha disposto un doppio rinvio a giudizio per Domenico Megna, il boss di Papanice, che dovrà difendersi anche davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro essendo ritenuto il mandante dell’omicidio di Salvatore Sarcone, compiuto nel 2014.

La gup si è riservata la decisione sull’istanza, avanzata dall’avvocato Mario Nigro, difensore di Sculco, di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, che ha retto fino in Cassazione, e ha respinto, invece, una questione di costituzionalità basata sul fatto che si era pronunciata sui coimputati. La posizione di Sculco era stata stralciata ed è stata riunita adesso a quella degli altri 99.

Il suo legale ha insistito soprattutto sull’insussistenza dell’aggravante mafiosa che viene contestata in relazione all’esternalizzazione dell’organizzazione della fiera della Madonna di Capocolonna, svoltasi nel settennale che coincideva con il 500esimo anniversario del ritrovamento dell’effige. Una scelta su cui avrebbero giocato un ruolo Maurizio Del Poggetto, operaio di Akrea e presunto affiliato alla cosca Megna, e il cognato Giuseppe Pucci, ex consigliere comunale. «Sculco non poteva sapere che Del Poggetto era stato condannato tanti anni fa», ha detto l’avvocato Nigro.

Lo stesso Sculco ha preso la parola, per circa un’ora e mezza, rendendo dichiarazioni spontanee, prendendosela con la Dda (in aula c’erano i pm Paolo Sirleo e Alessandro Rho) «che fa da accusa e giudice» e negando l’esistenza del comitato d’affari. Non c’erano riunioni “segrete” o in località “clandestine”, perché gli incontri avvenivano in luoghi pubblici, anche al ristorante, ha osservato Sculco. Già, i ristoranti. Dall’aprile 2017 gli inquirenti censiscono tutta una serie di «incontri programmatici» a cui prendono parte, oltre a Sculco, l’ex governatore Mario Oliverio e il suo segretario particolare Giancarlo Devona, peraltro ex assessore ai Lavori pubblici al Comune, l’ex assessore regionale Nicola Adamo e l’ex consigliere regionale Sebi Romeo, tutti del Pd. In uno di quegli incontri, Sculco annuncia l’intenzione di sostenere la figlia Flora alle elezioni regionali lamentando la difficoltà a intercettare voti nelle zone periferiche di Crotone dove sarebbe invalsa la pratica, da parte di imprenditori buttatisi in politica, di investire considerevoli somme di denaro per accaparrarsi consensi.

Da qui il “patto del Nozzularu”, dal nome di un ristorante sulla costa jonica catanzarese in cui si tenne la cena durante la quale, come riferirebbe la stessa Flora Sculco in una conversazione intercettata, sarebbe stato raggiunto un accordo volto a sostenere politicamente la moglie di Adamo, la parlamentare Pd Enza Bruno Bossio, e a far eleggere la Sculco alla Regione. Almeno questa è l’accusa. Non sfuggivano alle mire del presunto comitato d’affari il Comune, dove Sculco si comportava da «manovratore occulto» dell’ex sindaco Ugo Pugliese, né la Provincia, l’Asp, l’Aterp. Da qui tutta una serie di ingerenze nelle attività della pubblica amministrazione tra cui il programma Antica Kroton, mediante l’anticipazione alle ditte amiche del contenuto dei progetti da presentare.

«Un gruppo organizzato funzionale alla commissione di un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica amministrazione su scala regionale, su iniziativa, per l’area di Crotone, dell’ex consigliere regionale Vincenzo Sculco anche grazie alla rappresentanza espressa attraverso la figlia Flora, consigliere regionale in carica», rilevava il Tribunale del riesame di Catanzaro, riconoscendo la gravità indiziaria per tutti i reati contestati ma anche il presunto comitato d’affari operante in Calabria, che ora dovrà essere processato a Crotone.

Ma c’è anche l’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso alle elezioni regionali del 23 novembre 2014. Secondo l’accusa, Sculco avrebbe “interessato” Giuseppe Berardi, ex assessore comunale di Cirò Marina, e Roberto Siciliani, ex sindaco della cittadina jonica, entrambi condannati nel processo Stige, tramite il movimento dei Demokratici, ad appoggiare la candidatura di Siciliani a presidente della Provincia. Secondo l’accusa, Enzo Sculco si sarebbe rivolto ai politici cirotani ottenendo la promessa di procurare voti per la propria figlia. Ne parla il pentito Francesco Farao, figlio di Giuseppe, capo supremo della cosca cirotana, in un interrogatorio al pm Guarascio. Ma è appena il caso di ricordare che Siciliani non fu eletto. Sculco, sempre per l’accusa, si sarebbe impegnato anche a sostenere l’ex sindaco di Cirò Marina, ed ex presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, assolto però in Appello nel processo Stige.

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