Il governo Meloni rapina i pensionati: migliaia di euro tolti dalle tasche degli italiani

RMAG news

Il governo, tra i suoi obiettivi, dichiara di avere quello di difendere il ceto medio. Tutti i partiti della maggioranza pongono particolare enfasi su questo tema. Se questo è vero, ci domandiamo perché il ceto medio dei pensionati non rientra in questo obiettivo. Si tratta di milioni di persone. Viene il sospetto che la parola “sostenere” sia stata sostituita, da parte dell’Esecutivo, con la parola “mungere”. Sì, mungere, cioè far cassa sulle pensioni, non dei ricchi, ma del ceto medio.

L’operazione, infatti, riguarda gli assegni pensionistici che partono dai 1.700 euro netti mensili (la pensione di un operaio specializzato, di un impiegato di concetto, di un quadro…) e arriva fino a quelle d’oro. La rapina al ceto medio (le pensioni d’oro hanno numericamente una incidenza marginale) è già stata effettuata con le due leggi di Bilancio precedenti e frutterà, nel decennio 2023/2032, ben 36 miliardi di euro netti. Che, naturalmente, verranno sottratti dalle tasche di questi pensionati. Evviva, dunque, la difesa del ceto medio, ma non quello dei pensionati.

La Cgil, di recente, ha evidenziato in un rapporto l’entità del danno che deriva da questa scelta del governo e che, se fosse reiterata anche per il 2025, porterebbe ad un nuovo risparmio di 1 miliardo di euro (da sommare ai 10 miliardi già risparmiati nei due anni precedenti). A noi basta fare due esempi. Il primo è relativo a una pensione di 1.732 euro mensili netti (2.300 lordi): la replica per il 2025 del taglio della indicizzazione (che serve a difendersi dall’inflazione), già praticato nel 2023/2024, porterebbe a una perdita annua (cumulato nel triennio) di 968 euro.

Una pensione di 2.029 euro netti mensili (2.800 lordi), avrebbe una perdita cumulata di 3.571 euro annui. Per capire l’entità del danno bisogna, poi, moltiplicarlo per gli anni di aspettativa di vita: la perdita diventa in questo caso di decine di migliaia di euro. Consigliamo al governo, se vuole essere coerente tra il dire e il fare, almeno di non replicare il furto nella prossima legge di Bilancio. Noi non discutiamo della possibilità di intervenire sulle cosiddette pensioni d’oro con dei tagli che consentano di rivalutare le pensioni più basse con un aumento anche superiore al tasso di inflazione: quando ero ministro del Lavoro ho congelato per un anno le pensioni superiori alle 8 volte il minimo per finanziare la quattordicesima ai pensionati più poveri, di nuova istituzione, quelli che stavano all’interno del tetto dei 750 euro lordi mensili.

Contro si scatenò l’inferno, ma la Consulta mi diede ragione perché il risparmio ottenuto era stato utilizzato all’interno del sistema previdenziale e rispondeva ad un principio di giustizia sociale e di equità. Cosa che non avvenne con le analoghe e successive manovre di taglio di Fornero e Renzi, perché i risparmi ottenuti non erano stati destinati al sistema previdenziale, ma per ripianare il debito dello Stato. Infatti, ci furono parziali restituzioni con successive leggi di Bilancio. Quindi, da una certa soglia in su (8-10 volte il minimo) si può capire. Ma non dopo le 4 volte. Così si colpisce a palle incatenate quel ceto medio che, a parole, si dice di voler difendere, anzi, di voler addirittura sostenere. Si sa che le bugie hanno le gambe corte.

Please follow and like us:
Pin Share