“Il voto utile è quello per liberare Ilaria Salis, detenuta perché antifascista”, intervista a Nicola Fratoianni

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Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana. Che campagna elettorale è stata per Alleanza Verdi e Sinistra?
È stata una campagna elettorale a tratti straordinaria. Non solo perché abbiamo realizzato un numero enorme di iniziative, comizi, volantinaggi ai mercati, incontri, ma anche perché è stata una campagna elettorale in cui ho avvertito la possibilità della politica, di una proposta politica di riconciliarsi con una funzione fondamentale: la sua utilità. È un voto che serve questa volta più che mai. E serve per molte ragioni…

Quali?
Un voto che serve innanzitutto per Ilaria Salis. Per liberare una donna detenuta da oltre sedici mesi in Ungheria perché antifascista. Mi hanno chiesto molte volte perché abbiamo candidato Ilaria. In questa campagna elettorale, Ilaria è diventata il simbolo più grande dell’Europa che non vogliamo, l’Europa degli Orban, di chi rovescia il senso della storia, di chi schiaccia la democrazia. Ma Ilaria oltre ad essere un simbolo, che parla dell’Europa attraverso la sua storia, è anche un corpo, una persona. E liberare quel corpo, il corpo di una donna, grazie alla politica, ad una scelta, ad un voto, ad un’azione concreta, beh, per quanto mi riguarda è anche una straordinaria forma di riscatto della politica in un momento come questo. Insisto su questo. La campagna elettorale ha confortato le ragioni che ci hanno spinto, noi di Sinistra Italiana assieme ai Verdi di Angelo Bonelli, a chiedere a Ilaria di candidarsi. Quella di Ilaria Salis è davvero una vicenda che riguarda anzitutto questa donna, il suo corpo, la sua condizione, ma al tempo stesso è una storia, drammaticamente esemplare, che parla all’Europa, a tutte e tutti noi, perché se noi accettassimo girandoci dall’altra parte, che in un Paese qualsiasi dell’Unione europea, oggi l’Ungheria, domani chissà – possa capitare a un cittadino europeo o meno, quello che è capitato a Ilaria, allora dovremmo avere contezza che quel trattamento domani può essere riservato a tutte e a tutti. E poi in questa campagna elettorale ho avvertito l’utilità di una proposta politica che cresceva nella consapevolezza diffusa, perché Alleanza Verdi e Sinistra ha avuto, non solo in questa campagna elettorale ma raccogliendo in essa il lavoro di questi anni, la capacità di dare credibilità ad una proposta che ha fatto della nettezza, della chiarezza delle proprie idee, proposte, iniziative, un tratto distintivo, caratterizzante. E lo ha fatto anche in passaggi molto complicati.

Vale a dire?
Penso alla vicenda drammatica di Gaza, al genocidio in corso sulla pelle del popolo palestinese. Penso alla guerra. Si è molto discusso della pace e del mondo pacifista. La pace è diventata il terreno di caccia di molte liste di diversi schieramenti. Noi di Alleanza Verdi Sinistra non abbiamo mai pensato come ad una esclusiva bensì come il terreno di costruzione di un fronte il più ampio e forte possibile. Siamo quelle e quelli che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, ad ogni passaggio -compreso quello ultimo della missione in Mar Rosso dove siamo stati gli unici a votare contro- che con più continuità e coerenza, fin dal primo minuto, hanno non solo militato ma scelto di agire dalla parte della pace. E poi ci sono gli altri elementi del nostro programma, a partire dalla questione cruciale della giustizia ambientale e di quella sociale, che hanno guadagnato progressivamente un sentimento di condivisione e di partecipazione. Anche in queste ultime ore in cui la campagna elettorale si fa a volte più complicata, quando le grandi forze, a ragione dei loro mezzi scaricano sul terreno il massimo della potenza, ho la netta sensazione che la nostra proposta continui a crescere e a guadagnare, anche in queste ore, un consenso legato a questi elementi.

Nella democrazia dell’audience e della personalizzazione estrema, c’è chi ha scelto di candidarsi e di mettere il proprio nome nel simbolo delle liste.
Noi non ci siamo candidati, né io né Angelo Bonelli abbiamo i nostri nomi nel simbolo. La nostra è una scelta politica. Lo avevamo detto molti mesi fa, quando era cominciato il dibattito sulle candidature dei leader e delle leader, di Giorgia Meloni e di Elly Schlein, per una ragione molto semplice: siamo convinti che quando ci si candida e poi si è eletti, si debba andare a fare quello per cui si è chiesto il voto. Non farlo, mi pare un errore. Si rischia di presentare agli elettori una proposta che non si traduce in una conseguenza concreta.

In politica, nel suo vocabolario, si usa spesso il concetto di voto “utile”. Si può dire che in queste elezioni un voto ad Alleanza Verdi Sinistra sia un voto “utile” e non di testimonianza?
Sì, si può dire. Intanto, perché io sono convinto che noi saremo la sorpresa di queste elezioni europee, che avremo un risultato che chiuderà la stagione della testimonianza in un’area politico-culturale di questo Paese. Chiuderà quella stagione e ne aprirà un’altra. E poi perché questo voto, lo ribadisco, è immediatamente utile. Serve a liberare Ilaria Salis. Ad affermare idee e valori ma anche la coerenza dei comportamenti, e a rafforzare un punto di vista, uno spazio politico e culturale di cui credo che in questo Paese e in Europa ci sia un gran bisogno.

Tutti, nel variegato campo del centrosinistra e anche oltre, si dichiarano “europeisti”. Per Alleanza Verdi Sinistra cosa dovrebbe significare, in concreto, “europeismo”?
Intanto, fare i conti con il fatto che l’Europa come progetto di pace, di liberazione, di giustizia sociale, di giustizia ambientale, di democrazia e inclusione, non è un dato scontato in natura. A me pare che questa sia la posta di queste elezioni europee. Non è scontato che l’Europa ci sia, se continuerà ad essere l’Europa della guerra, dell’escalation delle armi invece che della pace, della politica, della diplomazia. L’Europa rischia di non essere, di venire travolta dall’ascesa dei nazionalismi che la negano in radice. E l’Europa non sarà, se non sarà l’Europa dei diritti, dei diritti sociali, dei diritti civili delle persone in carne ed ossa, l’Europa di un lavoro dignitoso. L’Europa non sarà, se non sarà una Europa in grado non solo di non arretrare ma di avanzare sul terreno del Green New Deal, della conversione ecologica, della rottura con la stagione dell’austerità che si era intravista finalmente con Next Generation Eu. Qualche segnale di un preoccupante arretramento lo abbiamo già visto. Penso al nuovo Patto di stabilità e crescita che va nella direzione opposta a quella di cui avremmo bisogno, solo per fare un esempio. L’Europa in questi anni è stato il riferimento per gran parte della politica, ma spesso è stata un riferimento quasi neutro, privo di contenuti. Invece può diventare un soggetto in grado, nel mondo terribile del presente, di svolgere una funzione di segno positivo. Ma questo non è scontato. La politica, in fondo, è questo: il coraggio di una scelta. Di scegliere non solo da che parte della storia stare, ma anche di scegliere che cosa fare quando si pone di fronte a te un’alternativa. Da questo punto di vista, credo che oggi l’Europa possa dire molto.

Qualche esempio in proposito?
La Spagna, dopo aver riconosciuto lo Stato palestinese, come hanno fatto Irlanda e Norvegia, ha annunciato di unirsi all’iniziativa della Corte penale internazionale contro Israele. È una scelta da seguire e sostenere. Restiamo su Gaza e l’Europa. Esiste un Trattato di associazione Ue-Israele, che all’articolo 2, prevede che quel Trattato possa essere sospeso, verificato quando si è in presenza di violazioni gravi dei diritti umani e politici. Cosa deve succedere ancora perché si prenda atto che quelle in campo sono ben più di una violazione, che a Gaza i diritti umani sono stati travolti, devastati da nove mesi di guerra dell’esercito d’Israele contro la popolazione civile della Striscia, come pure in Cisgiordania. L’Europa per quel che ci riguarda è questo. La sua stessa esistenza oggi è in discussione e in qualche modo dipenderà anche dal coraggio o meno di assumere delle scelte.

La tragedia di Gaza ha oscurato o comunque messo in secondo piano quella, mai smessa, dei migranti morti in mare. Un tema che, salvo rare eccezioni, non ha conquistato il centro della campagna elettorale. È perché i migranti non votano?
Per questa ragione e per altro ancora. Per anni, la destra, che pure dall’opposizione, e non solo, ha fatto dei migranti il principale serbatoio elettorale, il terreno perfetto, preferito della sua speculazione politica e della sua “impresa della paura”. Io penso che questa sia davvero questa sia la destra degli imprenditori e delle imprenditrici della paura. Sui migranti, sulle migrazioni hanno sguazzato col massimo della forza, anche perché per troppo tempo quel terreno, quella questione, ha incontrato una resistenza molle di forze che non sono parte dello schieramento della destra, che hanno balbettato, che hanno ceduto alla retorica securitaria, ad una idea malsana della sicurezza costruita attorno allo stigma nei confronti di ogni differenza. Su questa questione, noi di Sinistra Italiana e di Alleanza Verdi Sinistra, non in campagna elettorale, ma da sempre, prima, durante, dopo, e con ogni governo, abbiamo mantenuto un profilo molto netto. Ci siamo schierati contro i decreti Minniti quando Minniti li faceva e non solo molti anni dopo. Abbiamo detto no agli accordi con la Libia, con i dittatori della sponda sud del Mediterraneo, all’accordo europeo con Erdogan. Siamo andati in tutti i Cpr di questo Paese più e più volte. Siamo andati sulle navi salvavita delle Ong nel Mediterraneo, le abbiamo sostenute. Su questo fronte abbiamo avuto una posizione netta anche quando avere quella posizione nella scena politica italiana consegnava isolamento e più sfortuna che fortuna sul piano elettorale. Oggi non solo confermiamo questo impianto e il carattere paradigmatico di questa vicenda rispetto all’Europa. Anche qui, abbiamo fatto una scelta. Abbiamo giustamente parlato di Ilaria, ma tra le tante candidature belle che connotano le nostre liste, ricche e varie, abbiamo quella di Mimmo Lucano, che ha rappresentato, plasticamente, la possibilità di un’alternativa. Per questo era diventato il nemico pubblico numero uno. Per questo anno tentato di “ucciderlo” con la violenza delle parole, con una condanna abnorme poi completamente frantumata dalla sentenza di appello. Era diventato il pericolo pubblico numero uno, perché Mimmo non era stato solo “buono” contro i “cattivi”. Questo è un Paese alla rovescia. Quando ci attaccano ci dicono che siamo “buonisti”. Uno ci riflette su e pensa che Paese è quello in cui se sei “buono” passi per cretino e se sei “cattivo” per un figo. Mimmo ha dimostrato che con un altro approccio, non solo fatto di etica, di cultura, di cura, ma con un approccio che destruttura e smaschera l’irrazionalità dell’allarme dell’invasione, le cose possono funzionare, per i migranti e pure per le italiani e le comunità che l’incontrano. Possono persino restituire futuro ad un piccolissimo paese sperduto nella Locride, Riace, che si stava spopolando, come accade a tanti, troppi centri delle nostre aree interne.