“In Europa c’è chi giustifica la mattanza di Israele”, l’accusa di Ali Rashid

RMAG news

Per tanti anni è stato il volto, il cuore, l’anima della causa palestinese in Italia. Nelle piazze, nelle feste dell’Unità, nei dibattiti televisivi. Mai sopra tono, ha sempre fatto leva sui contenuti, sulle ragioni di un popolo in lotta per l’autodeterminazione.

Ali Rashid è stato primo segretario dell’Ambasciata palestinese in Italia, già parlamentare di Rifondazione comunista, ed oggi è candidato alle elezioni europee per Pace Terra Dignità nella Circoscrizione Centro.

Alle elezioni europee con la Palestina nel cuore e con la tragedia di Gaza in atto. Qual è il messaggio che sta dietro la tua candidatura?
È quello di ricordare all’Europa le sue responsabilità verso la tragedia in particolare del popolo palestinese ma anche di altri popoli martoriati, depredati, vittime di guerre spesso alimentate o comunque mai contrastate dall’Europa. Il neocolonialismo è ancora un marchio dell’Occidente e in esso di una Europa che costruisce muri, che si fa fortezza contro i più indifesi. L’Europa che giustifica la barbarie di Netanyahu a Gaza e in Cisgiordania come un atto di difesa e non, come in realtà è, un genocidio del popolo palestinese. Oggi la situazione è terribile, uomini, donne e bambine muoiono a decine di migliaia otto le bombe israeliane, muore l’umanità, si muore di fame, di sete, di malattie, di disperazione, le incubatrici si spengono perché non c’è elettricità e altri bambini muoiono, crollano case, ospedali, chiese. Una neonata, di appena 48 ore, è stata uccisa: il suo certificato di morte è arrivato prima di quello di nascita. La carestia è già realtà. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu continua a parlare di “vittoria definitiva”. Cosa significhi “definitiva” non è dato saperlo, ma dal suo sguardo, che dice molto più delle parole, sembra essere la “soluzione finale”.

E l’Europa?
In Europa c’è chi continua a giustificare questa mattanza, a difendere l’indifendibile. Ma questa non è l’Europa dei popoli che, in grande maggioranza, sono vicini alla causa palestinese, non chiudono gli occhi di fronte ai crimini commessi a Gaza e che chiedono, all’Europa, il riconoscimento dello Stato palestinese. Il senso della mia candidatura è anche una richiesta di aiuto, di solidarietà, verso un popolo che non si arrende e che ha scritto nella sua storia, nelle sue speranze, nella sua resistenza, le tre parole che danno il nome alla lista nella quale sono candidato: Pace, Terra, Dignità.

La tua è anche la storia di una persona che si è conquistata uno spazio inclusivo in Italia.
Di questo vado orgoglioso. Orgoglioso di essere subito entrato in sintonia con quella che considero la parte migliore di questo Paese, la parte più colta, la parte più democratica, la più libera, che mi ha accolto da molto giovane. Sono ormai 45 anni che sono in Italia. Oltre essere palestinese mi sento parte di quegli italiani che hanno condiviso questa cultura solidale, un tempo si sarebbe detta internazionalista, che si sono battuti per la libertà di tutti, per l’uguaglianza e anche, per venire all’oggi e a queste elezioni, per rivendicare un ruolo diverso dell’Italia e dell’Europa nel mondo. Una Europa che include e non deporta. Una Europa che guarda al Mediterraneo per quello che era un tempo, un luogo d’incontro, di dialogo e non, come oggi è diventato, il “mare della morte” e dei respingimenti. C’è una Italia che si batte per questo e mi fa onore esserne parte. Quella parte che è stata vicina al popolo palestinese in tutti i momenti più difficili, come è quello attuale.

Hai girato l’Italia in questa campagna elettorale. Che idea ti sei fatto di questo Paese?
Anzitutto che c’è un popolo nella sua gran parte sensibile alla sofferenza degli altri. Capace di grandi atti di solidarietà e di vicinanza. Ho incontrato moltissima gente in tutti gli appuntamenti. Una partecipazione attiva, supportata, mi viene da dire così, da una grande carica sentimentale. Una carica fortissima, che viene dal cuore della brava gente che ho incontrato. In netto contrasto con chi avrebbe dovuto rappresentare degnamente questa cultura, questi sentimenti, questi valori. Sinceramente, non trovo nel governo e anche in altre forze politiche questa sensibilità. Sembra che una classe dirigente politica sia completamente separata dalle emozioni della gente, dai loro sentimenti.

Che destra è quella che stai combattendo?
È una destra aggressiva. Che si fa portatrice del peggio di quella cultura colonialista europea che ha la responsabilità di secoli di devastazioni nel mondo. Questa destra c’è stata sempre ma oggi, a differenza degli anni passati, gli anni delle grandi conquiste sociali, culturali, democratiche in Italia e in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, questa destra ha rialzato la testa e vorrebbe trascinare il continente verso nuove, sciagurate avventure militari, sapendo tutti che quelle del presente non sono le guerre del passato, perché il rischio di un conflitto nucleare è molto più forte e che in questo scenario non possono esistere vincitori e vinti, perché a essere annientata è l’umanità intera. Essere pacifista oggi, senza se e senza ma, è un’assunzione di responsabilità di cui andare fieri. Almeno così è per me.