In un giorno altri 4 suicidi in carcere, siamo a 44 dall’inizio dell’anno: Nordio se ne frega

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Chissà che vignetta realizzerebbe il periodico satirico francese Charlie Hebdo dinanzi al 44esimo suicidio nelle nostre carceri? Forse un funzionario di via Arenula che entra nella stanza del Guardasigilli e allarmato gli comunica: “Ministro, purtroppo un altro detenuto suicida”. E Nordio: “Vorrei uno spritz, me lo può portare?”. Certo una immagine irriverente ma che fotograferebbe tutta l’indifferenza di questo Governo dinanzi a questa strage di Stato. Sono già 44, dicevamo, i detenuti che si sono tolti la vita quest’anno: gli ultimi quattro in appena 24 ore tra venerdì e sabato nelle carceri di Ariano Irpino, Biella, Sassari e Teramo, come denuncia Antigone. Nello stesso periodo dello scorso anno, ricorda l’Ansa, i suicidi erano 28. Adesso in crescita anche i tentati suicidi (877 contro 821), le aggressioni al personale di Polizia penitenziaria (881 contro 688), le manifestazioni di protesta collettive (599 contro 440), i ferimenti (286 contro 264) e le colluttazioni (2.203 contro 2.055).

Eppure il Consiglio d’Europa solo pochi giorni fa ha definito “allarmante” la situazione e ha chiesto di intervenire “urgentemente” al nostro Paese. Il 18 marzo fu il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che, incontrando la polizia penitenziaria, ribadì che i suicidi nelle carceri sono un problema che è “indispensabile” affrontare “immediatamente e con urgenza”. E invece l’Esecutivo e il Parlamento restano a guardare o meglio tentano di affossare la proposta di legge per la liberazione anticipata promossa dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti insieme a Nessuno Tocchi Caino e annunciano un decreto legge che nessun impatto avrà su queste morti nelle mani dello Stato, come sottolinea all’Unità Stefano Celli, pm di Magistratura Democratica, e presidente della Commissione diritto penitenziario dell’Anm: “Aveva sperato che anche la semplice manifestazione di interesse alla condizione dei detenuti da parte di magistrati e avvocati potesse fermare la tragica progressione dei suicidi. È stata un’illusione. E anche il Ministero si illude di rendere più rapido l’esame dei benefici con una riforma più volte annunciata, proclamata, diffusa, ma per la quale non c’è un testo e che forse allevierà il lavoro della sorveglianza, certo non la condizione dei detenuti. Nel frattempo il Parlamento non ha il coraggio di esaminare una proposta minimale e più che ragionevole, l’allargamento temporaneo della liberazione anticipata. Se questa non piace, si pensi a una misura equivalente, ma non si può più attendere, dopo che anche il Consiglio d’Europa, tre giorni fa, preoccupato per l’incremento dei suicidi, ha preso atto che le misure intraprese dal Governo non sono efficaci e ha spronato l’Italia a fare di più, presto e meglio”.

Una dura critica arriva anche dal senatore Franco Mirabelli, Vicepresidente del Gruppo PD al Senato: “L’inerzia del Governo di fronte ai dati drammatici dei suicidi in carcere è colpevole e inaccettabile. Servono interventi subito per fermare questa catena di morte e dolore. La strada maestra è quella di ridurre il sovraffollamento e riportare così a condizioni più accettabili la vita negli istituti di pena. Ci sono provvedimenti già assunti durante la pandemia, come la scarcerazione anticipata per chi è a fine pena, che hanno funzionato e possono essere riproposti. E c’è, soprattutto, la possibilità di considerare le misure alternative al carcere la regola per chi deve scontare pene inferiori ai due anni. Altre misure sono state proposte da più parti, ma l’unica cosa non più tollerabile è che il Governo continui ad assistere ai suicidi e al degrado della vita nelle carceri senza muovere un dito”.

Per Stefano Anastasia, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Lazio, “di fronte a questa vera e propria emergenza nazionale, il governo promette nuovi padiglioni penitenziari che non avranno il personale per poter essere aperti e assunzioni di personale che non compenseranno i pensionamenti dei più anziani. Seguono altre fantasie, tipo il rimpatrio di detenuti stranieri che i loro Paesi non vogliono riprendersi, l’utilizzo di caserme dismesse che non si sa chi aprirebbe, il trasferimento coatto dei tossicodipendenti in comunità o l’ultima invenzione di “comunità educanti” finanziate dallo Stato. Intanto la macchina repressiva gira a pieno ritmo, inventando fattispecie penali per ogni cosa, mentre i servizi sociali e sanitari territoriali, che dovrebbero farsi carico della marginalità che in gran parte riempie le carceri (sommando gli affiliati alle organizzazioni criminali e gli altri detenuti per gravi fatti contro la persona non si arriva a ventimila persone) sono depauperati di risorse umane e finanziarie”. E alla fine, per lui, “l’unica soluzione sono provvedimenti di amnistia e indulto”.

Intanto ieri la compagna di Enzo Tortora Francesca Scopelliti ha organizzato insieme all’Unione Camere Penali una maratona oratoria dinanzi all’Hotel Plaza di Roma dove il giornalista fu arrestato: “Oggi (ieri, ndr) ricordiamo i 41 anni dell’arresto di Enzo Tortora, 41 anni sono tanti perché sono metà di una vita normale e sono tanti, troppi, ma sono anche tutti inutili perché quando un Paese, in tanti anni, non riesce a dare una risposta a quel crimine giudiziario che ha colpito Enzo, quando non fa tesoro di un errore, cercando le cause per trovare i rimedi, beh allora devo dire che le questioni di democrazia, di cultura del diritto sono messe in discussione”.