Intercettazioni, Scarpinato contro il limite di 45 giorni: “Non capiamo cosa dicono…”

RMAG news

Il senatore Scarpinato è intervenuto nella discussione sulla riforma delle intercettazioni con molta foga. E ha portato vari argomenti per contestare il limite di tempo (peraltro molto ampio: 45 giorni con possibili proroghe) che verrebbe imposto dalla nuova legge. Dopo quei 45 giorni gli investigatori dovrebbero sospendere le intercettazioni.

La complessità del linguaggio dei malavitosi

L’argomento più forte usato da Scarpinato è stato il seguente: spesso gli inquirenti ci mettono tre o quattro mesi solo per tradurre il linguaggio criptico dei malavitosi e per capire di cosa parlano.
È una notizia piuttosto preoccupante. Apprendiamo dall’ex Procuratore generale di Palermo (quello che guidò il disastroso processo fallito contro il generale Mori, il cosiddetto “processo trattativa”) che i pm ascoltano per tre o quattro mesi le intercettazioni senza capirci niente. Poi col tempo ritengono di avere trovato la chiave del linguaggio criptico dei presunti mafiosi, e quindi di potere usare, sulla base del nuovo dizionario, le intercettazioni come prove contro gli imputati.

Se abbiamo capito bene succede così. Gli inquirenti intercettano un tale, che sospettano sia un assassino mafioso, il quale dice a un amico: “stasera porto la mozzarella e ci beviamo un po’ del tuo vino”. I pm ascoltano e riascoltano per mesi questa intercettazione e dopo un po’ stabiliscono che la mozzarella è un kalashnikov, il vino sono le munizioni e dunque è evidente che i due sono gli autori dell’omicidio avvenuto il giorno dopo a Crotone con una raffica di kalashnikov. E se la prova non fosse considerata sufficiente è certo sufficiente sapere che sei mesi dopo questo episodio di nuovo il presunto mafioso parlò di un latticino (stavolta caciocavallo) e il giorno dopo avvenne un altro omicidio, a colpi di pistola. Evidentemente il caciocavallo è il sinonimo di pistola. Infatti il mafioso ormai conclamato non ha detto “mozzarella”. Diciamo che dopo questa osservazione del senatore 5 Stelle siamo tutti un po’ più tranquilli sapendo che sta per passare questa legge che riduce a 45 giorni i tempi per le intercettazioni. Stiamo più tranquilli soprattutto noi che quasi tutti i sabati andiamo al mercato Trionfale di Roma a comprare la mozzarella.

Le critiche alla norma delle proroghe

Scarpinato comunque non si è fermato qui nelle sue argomentazioni. Si è scagliato anche contro la norma che effettivamente permette la proroga ai 45 giorni. Anzi, più proroghe. Ma solo nel caso che nei primi 45 giorni sia emerso qualche indizio a carico dell’imputato. Scarpinato dice che questa è una limitazione messa lì solo per salvare i colletti bianchi. La mancanza di indizi non è certo una prova di possibile innocenza. Cioè, sostiene il senatore 5 Stelle, se dopo 45 giorni di intercettazioni non emerge nessun indizio non è detto che nei successivi due anni qualche indizio non possa emergere. E sostiene che interrompere le intercettazioni, nel caso – sebbene non probabile – che l’intercettato stesse preparando una strage, avrebbe come conseguenza il non intervento contro lo stragista. Dice Scarpinato: almeno per i reati più gravi lasciateci le mani libere.

Il problema è che se tu intercetti per un mese e mezzo e non emerge niente, come fai a dire che però c’è il rischio di una strage? Puoi dirlo per chiunque, se basta la tua parola e non servono gli indizi. Del resto non sembra che Giovanni Toti, intercettato per quattro anni, fosse sospettato di stragismo. Era solo sospettato di essere salito su un yacht, che effettivamente non è una bella cosa ma di solito non prelude a un attentato terroristico. Scarpinato si è riferito anche agli altri paesi europei. Dice che in questo modo diventeremo il fanalino di coda nella lotta alla criminalità. E però non cita alcuni dati. Per esempio che in Gran Bretagna le intercettazioni sono circa 2mila all’anno. Da noi quasi 200mila. E che in Gran Bretagna le intercettazioni servono solo a prevenire, ma non possono essere usate come prove.

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