Intervista a Enzo Maraio: “L’unità a sinistra è l’asso per fermare la destra”

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Enzo Maraio, segretario del Partito socialista, le elezioni europee alle spalle e i ballottaggi: come ne escono la sinistra e i socialisti?
In entrambi i casi si prevedeva un risultato più modesto. E invece, il “triplete” Firenze, Bari e Perugia sono la dimostrazione che se la sinistra si stringe attorno a valori e programmi comuni, se torna a essere unita insomma, i cittadini la premiano. I socialisti hanno eletto amministratori e sindaci in tutta Italia, compresi i grandi comuni. Alle europee, nonostante la lista Stati Uniti d’Europa non abbia raggiunto per un soffio il quorum per eleggere i suoi parlamentari, l’affermazione del Psi è stata importante, a cominciare dal collegio meridionale.

La lista alle europee con Renzi e Bonino ha interrotto il percorso con il Pd?
Niente affatto. Ma un percorso politico che veda le forze democratiche e riformiste di nuovo insieme come alternativa seria di governo, richiede pazienza e impegno. Soprattutto richiede serietà e competenza, battaglie condivise e comprensibili ai cittadini che risolvano questioni che toccano la vita delle persone.

Ad esempio?
Nel nostro Paese due milioni e mezzo di persone rinunciano a curarsi perché a volte le liste d’attesa sono persino più lunghe delle aspettative di vita di chi si ammala o perché c’è chi vorrebbe trasformare il diritto a curarsi in un privilegio per ricchi. I salari da fame e lo sfruttamento dei giovani che non hanno prospettive, le imprese che ‘muoiono’ di burocrazia e perdono competitività e dunque capacità di creare lavoro. Non le sembra questo un furto strisciante del futuro? Una condizione che aumenta le diseguaglianze anziché abbatterle? Una sinistra seria deve lavorare per impedirlo. Passando dalla legittima protesta alla proposta.

Temi ribaditi dall’iniziativa di Piazza Santi Apostoli. Si è detto sia partita una nuova stagione di unità del centrosinistra. Eccesso di ottimismo?
Da quella piazza storica (non a caso quella che vide, con Prodi, la vittoria del centrosinistra unito nel 2006) è partito un segnale di speranza e di vitalità. Avevamo e abbiamo il più nobile degli obiettivi, che ci ‘obbliga’ all’unità: quello di impedire che si faccia carta straccia della nostra Costituzione.

Si riferisce alle due riforme del governo Meloni, autonomia differenziata e premierato?
La prima è il compimento del pericoloso disegno secessionista della Lega: i Lep non sono finanziati e si creerà una situazione tribale che vedrà le regioni in competizione tra loro per avere il massimo delle risorse a scapito di altre. La seconda nasce già zoppa: non è inserita in una ‘cornice’ istituzionale non essendovi alcun cenno alla legge elettorale e sostanzialmente stabilisce chi è il capo; una mortificazione per il Parlamento e le prerogative del capo dello Stato. Giorgia Meloni ha scambiato il governare con il comandare.

Tornando a quella piazza: lei parla di unità ma Renzi e Calenda non c’erano.
Per dirla con la segretaria del Pd Schlein, “c’è sempre tempo per allargare quando gli obiettivi sono comuni”. Elly ha capito che senza un’area riformista, europeista e garantista saldamente ancorata al centrosinistra – che insieme contano nel 7% dei consensi – non si crea una vera alternativa di governo. Qui però non bisogna fare l’errore di parlare di nomi. Il ‘problema’ non devono essere Renzi, Calenda o chiunque altro: c’è una richiesta di un pezzo di Paese che non può essere ignorata. Serve una coalizione dove, al fianco del Pd, del Movimento Cinque Stelle e di Avs ci sia un altro ‘contenitore’ solido. Chi ha animato l’esperienza di Stati Uniti d’Europa deve aver chiaro questo progetto cui i socialisti stanno già lavorando.

Poi c’è la riforma della separazione delle carriere dei magistrati. Con il Pd, M5S e Avs c’è diversità di vedute.
Per fortuna, aggiungo io. Questo provvedimento, se vedrà la luce, concorrerà a depotenziare le correnti interne alla magistratura. Un processo che, però, non può essere visto come la riduzione dei poteri e delle prerogative di un magistrato, anzi. È facile che accada esattamente l’opposto. Meno cordate che si riuniscono per determinare questa o quella linea, maggiore autonomia del singolo secondo i princìpi basilari di scienza e coscienza. Considero questa iniziativa un primo passo positivo: è la parte che mancava a quel processo di rinnovamento iniziato da socialisti e radicali del 1987 sull’ammodernamento della giustizia.

La politica come ha affrontato il caso Satnam Singh?
Mi faccia dire intanto che quello è un caso disumanizzante e la dice lunga su che Paese siamo diventati. Un Paese che conta più di mille morti sul lavoro nel 2023 – quasi tre al giorno – e cinquecento nei primi mesi del 2024. Ci sono interi settori produttivi, a cominciare da quello agricolo, che vanno avanti grazie al lavoro degli immigrati e che contribuiscono all’economia del Paese. Ma bisogna guardare a quei 230mila lavoratori irregolari nei campi, vittime di caporalato, che costituiscono un quarto dell’intera forza lavoro in agricoltura. Lo Stato accetta questa nuova forma di schiavitù? Non ho ascoltato parole di grande indignazione da parte del governo. Questo dice tutto sul lavoro che l’opposizione deve fare per tornare ad essere un Paese più civile e più giusto.