Intervista ad Andrea Iacomini: “Guerra, fame, ambiente: per i bambini è l’ora più buia dal 1946”

RMAG news

Andrea Iacomini, Portavoce Unicef per l’Italia, quale è la situazione dei bambini a livello globale?
Tutto quello che sto vedendo davanti ai miei occhi fa paura, mi sconvolge, da quando dieci anni fa ho iniziato a fare il Portavoce dell’Unicef per l’Italia non ho mai visto nulla di simile contro bambine e bambini. Sento come uomo, padre ancor prima che nel mio ruolo di aver fallito, tutti forse abbiamo fallito, la mia generazione ha fallito. Decine di migliaia di bambini senza pietà vengono ogni giorno uccisi nelle scuole negli ospedali, nei rave come nelle case o abbracciati ai propri genitori, per strada, nei campi di calcio, mutilati feriti dalle mine, affamati, senza acqua, violentati, l’elenco potrebbe essere infinito. E attenzione, non accade solo a Gaza o nel Golan come qualche giorno fa, oppure in Ucraina ma in tante altre parti del mondo anche se, certo, ciò che accade in Medio Oriente preoccupa e fa pensare al peggio. Abbiamo provato fino a oggi a raccontare ad una società assuefatta di bambini-soldato, di bambini vittime di violenze, di matrimoni precoci, riversi sulla spiaggia senza vita senza che sia mosso nulla. Oggi al tema dei bambini uccisi si aggiunge clamorosamente quello dei bambini scomparsi nei conflitti e nelle crisi cui viene tolto tutto il passato il presente e il futuro. Senza più radici. Che innescherà inevitabilmente nuove crisi. Nuove violenze. Bambini che diventeranno più violenti dei loro aguzzini. Oggi il peggio sembra non essere più solo perdere la vita ma sparire, perdere l’identità C’era un film che si chiamava A che punto è la notte Ecco oggi per i bambini non si vede neanche un piccolo barlume dell’alba.

È sempre stato così?
Mai abbiamo conosciuto un periodo peggiore dal ‘46 ad oggi per l’infanzia. Non si tratta più neanche di dividersi tra umani e disumani, perché se i disumani sono i responsabili delle atrocità peggiori mossi da motivazioni religiose, geopolitiche, storiche e personali che andrebbero comunque rifiutate, i cosiddetti umani si sentono inermi, sono basiti, leggono le cronache e chiudono il giornale o i siti, altri prendono posizioni nette e non dialogano, altri ancora guardano Temptation Island ma il mondo esplode e le guerre da Gaza all’Ucraina passando per Sudan, Yemen, Siria, Myanmar e tutte gli altri 59 conflitti più o meno dimenticati hanno in comune una caratteristica che c’è sempre stata ma oggi ancor di più: colpire i bambini, trucidarli, fare loro di tutto fuorché proteggerli fermando le ostilità. Una rabbia immonda scaricata sui più deboli. Le generazioni di bambine e bambini figlie di quest’epoca, pensiamo ai 500 milioni di bambini che vivono in aree di conflitto più o meno estese, rischiano di avere traumi così forti, che creeranno una generazione di sopravvissuti ancora più violenta. Il sibilo degli aerei, le bombe che cadono, i genitori uccisi, gli amici perduti, le case e i propri giocattoli persi, i continui sfollamenti tutto questo genera e genererà traumi difficili da superare.

Cosa fare?
Vuole un antidoto? Non una pace sventolata e dichiarata che non serve a niente ma una pacificazione che nasca dalle culture del dialogo, della comprensione reciproca e che parta dai banchi di scuola che vanno ricostruiti laddove sono andati distrutti con fondamenta più solide da “generatori di pace”. Chi sono? I ragazzi che sto incontrando in Italia e in molte altre parti del mondo che non hanno fallito, come dicevo prima, a differenza di noi. Che possono non solo sognare ma costruire dalle fondamenta e già lo fanno, una società diversa. Loro hanno due armi che non uccidono: le idee e il voto democratico. Con le prime possono proporre e realizzare cambiamenti in tutti i settori, con il secondo scegliere chi li rappresenta. Il dramma di oggi è che se scegliamo uomini di guerra avremo la guerra. Il mondo ha bisogno di donne e uomini di pace oltre ogni interesse. E attenzione perché continuare a ritenere che tutto questo non ci riguardi è lontano da noi è un atto di indifferenza che vale come un crimine contro l’umanità e ne stiamo vedendo tanti forse troppi. L’uomo distrugge i luoghi dell’apprendimento noi li dobbiamo ricostruire. Non si può lasciare che a denunciare l’ingiustizia e il dolore sia solo Bansky.

E poi ci sono le due crisi quella climatica e quella alimentare che invece di diminuire aumentano.
È una dura realtà. E i bambini di alcune aree del pianeta pagano prezzi altissimi. Quasi il 90% dei 2 miliardi di bambini che vivono nel mondo sono esposti ad alti livelli d’inquinamento atmosferico, che rappresenta il secondo fattore di rischio di mortalità a livello mondiale sotto i 5 anni. Basti pensare che nel 2021, circa 710 mila bambini in quella fascia d’età sono morti a causa dell’inquinamento atmosferico. Una piaga spaventosa che ha colpito maggiormente in Africa e Asia. Se oggi almeno 1 miliardo di bambini sono esposti a un rischio estremamente elevato di calamità climatiche ambientali, domani, se non agiremo, lo saremo tutti. Anche la crisi alimentare non è da meno. Circa la metà dei quasi 5 milioni di bambini sotto il quinto anno di vita che ogni anno perde la vita, è dovuta a cause legate alla malnutrizione. Conflitti, cambiamenti climatici, siccità diffusa, insicurezza e instabilità sono alcuni dei fattori all’origine di una crisi nutrizionale e alimentare a livello globale. Emergenze nelle emergenze che si autoalimentano e che non lasciano scampo ai bambini compromettendone non solo la salute attuale ma anche lo sviluppo futuro.
Per non parlare del tema delle vaccinazioni. Dal 2023, la copertura vaccinale ha lasciato quasi 3 milioni di bambini al livello globale non vaccinati o sotto vaccinati rispetto ai livelli pre-pandemici. Più della metà dei bambini non vaccinati vive in 31 paesi in contesti di fragilità e vulnerabilità, lacerati da conflitti, dove sono particolarmente esposti a malattie prevenibili a causa delle interruzioni e della mancanza di accesso alla sicurezza, nutrizione adeguata e ai servizi sanitari.

Ci sono poi i cosiddetti Paesi dimenticati.
La lista è lunga ma cito alcuni casi emblematici. Ad Haiti mentre continuano le violenze da parte dei gruppi armati, il numero di bambini sfollati all’interno del Paese è aumentato del 60% da marzo, un tasso che equivale a un bambino sfollato ogni minuto. Secondo le ultime stime, quasi 600.000 persone, la metà delle quali bambini, sono ora sfollate all’interno del Paese e tre milioni di bambini necessitano di aiuti umanitari urgenti. Ciò che sconvolge è che il 90 per cento della popolazione è povera, praticamente tutti. Oggi tre milioni di ragazze e ragazzi della Repubblica Centrafricana si trovano ad affrontare il più alto livello registrato di crisi e privazioni sovrapposte e interconnesse al mondo. La Repubblica Centrafricana (RCA) detiene ora il tragico primato di essere al primo posto tra i 191 paesi più a rischio di crisi umanitarie e disastri. Terribile. Dieci anni di conflitto prolungato e di instabilità hanno messo a rischio ogni singolo bambino dei tre milioni del Paese. A tal proposito consentitemi di dire c’è un bisogno evidente e urgente di aumentare aiuti, fondi finanziamenti a questi paesi accompagnandoli nella crescita. Bene il Piano Mattei, noi ci siamo, ma si può anche andare oltre investendo di più sull’infanzia e le nuove generazioni. Noi siamo e saremo sempre a disposizione dei Governi senza colori politici per il supremo interesse dei bambini grazie al nostro personale presente in tutte le crisi del pianeta.

Come ogni estate torna il tema dei migranti che riguarda molto i minorenni soli non accompagnati.
Recentemente in una visita a Lampedusa i nostri rappresentanti internazionali hanno posto in evidenza alcuni temi che ritengo fondamentali. Abuso, sfruttamento, violenza caratterizzano il vissuto dei minorenni che arrivano spesso in Italia da soli. Di fronte a questa situazione è necessario garantire un’adeguata accoglienza e supporto psicosociale. In particolare, le ragazze e le donne che hanno incontrato e incontriamo a Lampedusa e in altri luoghi di sbarco o centri di accoglienza sono spesso sopravvissute a violenze di genere, sono casi che richiedono un supporto immediato e qualificato, così come tanti ragazzi sottoposti a violenze estreme, incluse quelle sessuali. Oltre ai minorenni soli, incontriamo tante famiglie con bambine e bambini di ogni età che hanno bisogno di supporto per crescere in un ambiente familiare protettivo e avere accesso all’istruzione e ai servizi sanitari. Ecco, come Unicef continuiamo a lavorare a fianco alle istituzioni a livello nazionale e locale per supportare una adeguata presa in carico in particolare dei casi più vulnerabili.

E poi c’è L’Italia…
Ci sono due questioni su cui vorrei soffermarmi. La prima è il tragico fatto di Scampia. Non è un caso isolato. Esistono tante “Scampie” in giro per l’Italia che vanno d’urgenza monitorate, luoghi dove i bambini e le bambine vivono in spazi di non vita e non gioco che invece vanno sempre garantiti. Da subito ho affermato che, oltre alla vicinanza totale alle famiglie delle due bambine che in questo momento sono ricoverate in gravi condizioni, a 7 e 4 anni, mentre stai giocando su quel ballatoio perché il parco giochi non c’è, risulta impensabile come un luogo in teoria sicuro ossia l’ambiente intorno alla propria casa, si possa trasformare in una minaccia. È di fondamentale importanza garantire la sicurezza degli spazi dove molti nuclei familiari risiedono in particolar modo con la presenza di molte bambine e i bambini. E per questo è necessaria un’opera di prevenzione accurata e non intervenire quando ormai è troppo tardi. Spero di recarmi in quei luoghi per l’inizio dell’anno scolastico e ascoltare le reali necessità. La seconda questione riguarda i bambini figli di madri detenute. L’Unicef ha inviato nei giorni scorsi un appello alla Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Giulia Bongiorno e a tutti i Capigruppo in Senato per richiamare l’attenzione dei parlamentari – impegnati a discutere il “Decreto carceri” – sui diritti dei bambini figli di madri detenute. Nel corso degli anni, il legislatore ha affrontato ripetutamente il tema delle madri detenute, con l’obiettivo costante di consentire un miglioramento delle condizioni di accesso ai diritti dei bambini figli di genitori detenuti e si può dire che con il mancato accordo dei giorni scorsi si è vanificata l’opportunità di compiere un passo avanti necessario per la tutela dei bambini al seguito delle madri detenute. Una conquista di civiltà doverosa che deve richiamare tutti ad un senso di responsabilità, al di sopra di ogni ideologia o diversa posizione politica. Mentre noi dibattiamo sulla opportunità di adottare misure extra-detentive, ci sono bambini che imparano le parole d’ordine del carcere, apri e chiudi, compromessi nel più naturale sviluppo delle proprie facoltà per colpe che non gli appartengono. Così davvero non va bene.

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