Intervista ad Angelo Bolaffi: “L’ex DDR ha rialzato il muro, il populismo divora la Germania”

RMAG news

Il trionfo dell’estrema destra in Turingia e Sassonia, il de profundis per il cancelliere Scholz. L’Unità ne discute con Angelo Bolaffi. Filosofo della politica e germanista, dal 2007 al 2011 è stato direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino. È membro della Grüne Akademie della Böll Stiftung di Berlino e del direttivo di Villa Vigoni “Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea”. Nel suo campo, un’autorità assoluta.

L’ultradestra AfD sfonda nei Lander della Germania orientale che hanno votato domenica scorsa. In Turingia, Alternative für Deutschland è il primo partito con il 33% mentre in Sassonia sarebbe seconda, con il 31,5% , di appena lo 0,5% alle spalle della Cdu. Professor Bolaffi, cosa racconta questo voto?
Anche in Germania è arrivato il “bi-populismo”, cioè il populismo di destra e il populismo di sinistra, a conferma che la moneta cattiva scaccia quella buona. Nella storia dell’Europa del secondo dopoguerra c’erano due modelli di democrazia: quella italiana, fatta di debolezza dei governi, col il trasformismo “governante”, e la democrazia stabile di Bonn, e poi di Berlino. In Italia che fa sempre da battistrada per le cose cattive, dopo il ’92 sono scomparsi i partiti. Lentamente, il male sta arrivando anche nell’ultimo bastione antipopulista dell’Europa. In Germania, i suoi partiti storici stanno in gravissima difficoltà. C’è ancora la Cdu che regge. Bisogna però aggiungere, per cautela, che il voto dell’Est riguarda solo il 15% della popolazione. Questo non per ridurre la portata di quel voto, ma per dire che non tutto è perduto. Certamente la responsabilità politica è del Governo nazionale.

Il voto di domenica può seppellire politicamente il cancelliere Scholz?
Il cancelliere Scholz è già seppellito. Il problema, per proseguire con questa funerea metafora, è che nessuno vuole chiudere la bara, perché quelli che la chiudono moriranno con lui. Nel senso che gli altri partiti della coalizione, affronterebbero delle elezioni politiche drammatiche, quindi rinviano il decesso trasformandolo in una lunga agonia. E questo non è bene per la democrazia tedesca.
Potrebbe esserci un mutamento, anche se lo vedo molto difficile…

Di cosa si tratta, professor Bolaffi?
Al posto di Scholz venga nominato un cancelliere molto popolare, cioè Boris Pistorius, attuale ministro della Difesa. Un politico convintamente antiputiniano, convintamente europeista, soprattutto decisionista. Ma saranno in grado gli altri due partiti della coalizione, i Liberali e i Verdi, di supportarlo e la Cdu di attendere dall’opposizione? Non ci credo. Secondo me non riescono in un’operazione di “trasformismo democratico”. Quello che potrebbe essere il chiodo che chiude la bara di Scholz, è il voto in Brandeburgo, tra due settimane, dove la Spd è abbastanza forte. Se anche lì la Spd perde, allora non c’è più speranza, c’è la crisi del Governo nazionale.

Professor Bolaffi, quali sono i tratti salienti dell’avanzata dell’estrema destra?
Mettiamola così: c’è una tendenza generale europea, che riguarda anche tutta la Germania nel suo complesso, a reagire in maniera isterica all’immigrazione, e quindi a spingere a destra. A ciò si accompagna un elemento specifico della ex DDR.

Vale a dire?
Ci sono due scuole di pensiero per leggere questa specificità orientale. Una, è quella che dice, lo sintetizzo in maniera brutale, che sono “democraticamente sottosviluppati”, nel senso che non hanno avuto il tempo per sviluppare una coscienza democratico-liberale. Sono stati troppo a lungo sotto una dittatura, non hanno alcun feeling con la dinamica della democrazia liberale occidentale. Questa è una scuola di pensiero. L’altra, più strutturalista, sostiene che l’esito della riunificazione tedesca, nonostante i miglioramenti economici, ha prodotto uno shock strutturale nella popolazione della Germania orientale che non ha superato il lutto di ciò che ha perso e quindi reagisce appellandosi e sostenendo le forze politiche più ostili alla tradizione della Germania occidentale, cioè le forze più radicalmente di destra e antidemocratiche. Le due letture possono essere tenute insieme. Si potrebbe dire, in una battuta, che la (ex)DDR ha rialzato il Muro.

Qual è l’elemento più strutturale che può spiegare la crisi dei partiti storici della Germania, in particolare della Spd?
Si erano legati, in particolare la socialdemocrazia tedesca, a un modello economico che non c’è più. Si erano legati mani e piedi, prima con Schröder e poi con la Merkel, a un modello per cui la Germania diventava campione dell’export mondiale, una potenza che aveva le mani pulite, perché non faceva più guerre, e le tasche piene. Coscienza a posto e benessere. La Germania non s’interessava più di geopolitica ma soltanto di economia. Peccato che questa economia nel mondo globale avesse un presupposto: il gas a basso prezzo di Putin. Questo comportava chiudere non uno ma tutte e due gli occhi rispetto alla politica aggressiva di Putin. Quando questo è saltato, il mondo è diventato molto più ruvido è anche la Germania ha dovuto, in qualche modo, ripensarsi. Scholz ci ha provato, nel famoso discorso del 27 febbraio del 2022, quello della Zeitenwende, la svolta epocale. L’ha annunciata, ma non è stato in grado di realizzarla, perché la Spd, i Verdi, la Germania dovevano affrontare una tale trasformazione culturale, politica, economica che l’ha messa in ginocchio.

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