Investimenti pubblici, mai rispettate le quote per il Sud

Investimenti pubblici, mai rispettate le quote per il Sud

Il Quotidiano del Sud
Investimenti pubblici, mai rispettate le quote per il Sud

La clausola di salvaguardia per gli investimenti pubblici al Sud: una vecchia storia di fallimenti tutta da cambiare. Per rendere effettiva la legge varata quest’anno bisogna attivare la leva degli investimenti, pubblici e privati

Tra le tante storie fallite del meridionalismo c’è il tema della riserva degli investimenti pubblici nelle regioni meridionali. Periodicamente, dal secondo dopoguerra in avanti, si sono susseguiti provvedimenti di legge che hanno tentato di fissare un livello minimo di spesa per lo sviluppo del Sud, con l’obiettivo di generare un recupero nel deficit di infrastrutture sociali: acquedotti, ferrovie, autostrade, ospedali, scuole.

DALLA CASSA DEL MEZZIOGIORNO ALL’UNIONE EUROPEA

Fino alla fine degli anni Settanta, è stata la Cassa del Mezzogiorno che ha guidato questo processo, mediante direttive e programmi, per orientare un flusso stabile di risorse finanziarie finalizzato a consolidare gli investimenti rivolti al territorio del Mezzogiorno.
In quei decenni l’intervento straordinario era nell’agenda politica della programmazione economica, ed esisteva un organismo tecnico specializzato incaricato di attuare le azioni necessarie per raggiungere l’obiettivo.

Chiusa quella esperienza, e avviata dall’Unione europea la politica europea di coesione, assunto l’indirizzo di considerare sostitutive, e non aggiuntive, le risorse comunitarie. Confermato solo un indirizzo che stabiliva un obbligo per le imprese pubbliche di investire una quota dei propri programmi finanziari al Mezzogiorno. Era, tuttavia, più una norma programmatica che non un comportamento vincolante al quale erano connesse conseguenze in caso di mancata applicazione.

A pochi anni dalla formale chiusura dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno, la legge finanziaria per il 1988 stabilì una clausola di riserva per gli investimenti delle imprese pubbliche fissata nella misura del 40%. Non accadde sostanzialmente nulla, e negli anni successivi si provò a modificare la percentuale, con gli stessi insoddisfacenti risultati.
Poi, nel 2017, con il Decreto Mezzogiorno, nel quale era prevista una serie di misure per lo sviluppo del Sud, tra cui l’istituzione delle zone economiche speciali, fissata la clausola del 34% per gli investimenti pubblici delle aziende, riducendo la misura rispetto al precedente della legge finanziaria del 1988.

LE NUOVE NORME VARATE QUEST’ANNO

Passano pochi anni e la misura viene cambiata quest’anno. Il comma 5 dell’articolo 11 del decreto-legge n° 60/2024, rinnova e rafforza la clausola di destinazione territoriale degli investimenti statali ordinari, introdotta in sede di conversione del decreto-legge n° 243/2016 nella legge n° 18/2017, prevedendo che le Amministrazioni centrali dello Stato debbano destinare alle Regioni del Mezzogiorno il 40% delle risorse ordinarie in conto capitale.

Tale clausola è da applicarsi a tutti i programmi ordinari di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti per i quali non vi siano criteri o indicatori di attribuzione territoriale già individuati o che non rientrino in una programmazione settoriale vincolante.
La precedente quota del 34 per cento era stabilita in proporzione alla popolazione di riferimento. Il comma 6 prevede che il nuovo criterio del 40 per cento si applichi al riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati alla data di entrata in vigore del decreto in esame ovvero che, alla medesima data, non rientrino in una programmazione settoriale vincolante.

Il comma 7 dispone che la clausola del 40 per cento si applichi anche alle risorse dei Fondi per gli investimenti delle amministrazioni centrali, anche al fine di realizzare nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna gli interventi prioritari per la perequazione infrastrutturale selezionati dalle amministrazioni responsabili.

LA REGOLA INATTUATA

Il Dipartimento di Coesione, ai sensi dell’articolo 7-bis del decreto-legge n° 243/2016 e del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2021, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 19 marzo 2021, n° 68, ha predisposto, in collaborazione con il Dipartimento per la programmazione economica della presidenza del Consiglio e con la Ragioneria generale dello Stato, il testo della circolare del 5 agosto 2021 del ministro per il Sud e la coesione territoriale che definisce i modelli di comunicazione dei dati da parte delle Amministrazioni centrali relativi alla programmazione delle risorse (modello fase ascendente) e all’impegno e all’erogazione della spesa, con riferimento all’anno precedente all’esercizio finanziario di riferimento (modello fase discendente).

Non basta neanche questo per giungere a un’effettività della norma, pure se il monitoraggio e la rendicontazione costituiscono un presupposto utile a valutare il percorso di attuazione di una regola, riducendo il tasso di astrattezza del dispositivo legislativo.
Serve però un complemento, finora mai ancora introdotto, e neanche ipotizzato. Le imprese pubbliche sono uno strumento operativo per l’attuazione delle politiche economiche del governo, che, in quanto azionista, mette a disposizione risorse spesso ingenti, soprattutto sul fronte degli investimenti.

Fare un passo in avanti è necessario, perché l’esperienza ci dice che dal 1988 a oggi, a trentasei anni di distanza, le tre norme approvate non hanno determinato alcun effetto. È presto, ovviamente, per verificare l’impatto della ultima legge approvata, ma nei primi due casi siamo in presenza di una solida prova.

LA LEVA DECISIVA DEGLI INVESTIMENTI

E allora, per rendere operativo e cogente l’obbligo della clausola di salvaguardia, va introdotto un principio di transfer cap: al montante delle risorse che lo Stato trasferisce all’impresa pubblica per l’ampliamento o il consolidamento della capacità produttiva, in caso di mancato rispetto della clausola di salvaguardia, andranno sottratte risorse equivalenti al mancato obiettivo sugli investimenti pubblici nel Sud.

Si tratta di un meccanismo semplice, sostanzialmente simmetrico rispetto alla clausola di salvaguardia, perché intende consentire alle imprese pubbliche di perseguire un obiettivo di riequilibrio, o quanto meno di mancato ulteriore squilibrio territoriale.
Alcuni economisti dicono che è necessaria la “spinta dolce” (Thaler e Sunstein) affinché si riescano a realizzare gli obiettivi auspicati. Serve però anche l’enforcement, vale a dire la capacità di esecuzione, nel caso in cui non funzionino gli incentivi positivi.

Insomma, se si vuole davvero che il Mezzogiorno torni a crescere, deve essere attivata la leva degli investimenti, pubblici e privati. Quelli privati si attirano con la semplificazione burocratica e i crediti di imposta, mentre quelli pubblici hanno necessità di comportamenti concludenti, non di semplici dichiarazioni programmatiche di cartone.

Il Quotidiano del Sud.
Investimenti pubblici, mai rispettate le quote per il Sud

Please follow and like us:
Pin Share