La silenziosa resistenza di Antonio

La silenziosa resistenza di Antonio

Il Quotidiano del Sud
La silenziosa resistenza di Antonio

CATANZARO – Antonio ha 30 anni e gli occhi che brillano quando il suo sorriso dolcissimo si stende curioso sul mondo che sembra scivolargli dalle mani: occhi attenti e vivaci, mentre combatte la sua battaglia di resistenza quotidiana contro la Corea di Huntington, una condizione degenerativa che colpisce il cervello, portando a gravi problemi cognitivi e motori. La chiamano “la malattia di H” e gli ha già tolto sua madre.

Prima della malattia, Antonio era un ragazzo aveva una vita piena, lavorava al McDonald’s, circondato da amici e colleghi. Oggi, grazie al supporto del Centro Diurno Spazio Al.Pa.De. dell’associazione Ra.Gi. Onlus, sta facendo progressi significativi, come camminare e partecipare ad attività sociali. Il papà lo sostiene con amore e dedizione, cercando di offrirgli una vita dignitosa. La storia di Antonio è un esempio di resilienza e della forza della comunità nel sostenere chi affronta situazioni difficili. «Il papà di Antonio fa miracoli ogni giorno per suo figlio. Si sveglia presto per andare al lavoro, torna a casa per prendersi cura dell’igiene di Antonio e lo accompagna al centro diurno. Nonostante la stanchezza e il dolore, continua a lottare per dare a suo figlio una vita dignitosa – racconta la presidente dell’associazione Ra.Gi, Elena Sodano. La storia di Antonio è una storia di sofferenza, ma anche di grande amore, resistenza e resilienza. La sua battaglia contro la Corea di Huntington non è solo la sua, ma anche della sua famiglia e di tutti noi che ci impegniamo per offrirgli il miglior sostegno possibile».

Ma, come molte storie, anche quella di Antonio è turbata dalla prepotenza delle parole vuote che scherniscono invece di capire, che feriscono invece di aiutare e sfociano in atti vandalici. Antonio vive con la famiglia negli alloggi popolari di viale Isonzo, nella periferia sud della città, un quartiere critico ad alta densità di residenti di etnia rom. E nei giorni scorsi ha subito l’ennesimo atto di vandalismo: ignoti hanno quasi distrutto la piccola auto che è fondamentale per garantire gli spostamenti legati alla cura e alla quotidianità di Antonio. Viale Isonzo, per lui e la sua famiglia, è diventato un quartiere che lo priva della serenità e dell’autonomia di cui ha disperatamente bisogno. Il padre di Antonio aveva già inoltrato richiesta di cambio alloggio alle autorità, con una pec del novembre 2023, dopo aver chiesto di prestare attenzione alla loro situazione, chiedendo il trasferimento in un alloggio più sicuro, lontano dai pericoli e dalle tensioni del quartiere di viale Isonzo. Ma le richieste sono cadute nel vuoto, nonostante sia stata accertata la disponibilità di un alloggio popolare nel quartiere Gagliano, proprio vicino a casa della nonna di Antonio, che quindi potrebbe sostenere la famiglia nella cura e nell’assistenza con maggiore facilità.

«La demenza sta già sottraendo tanto ad Antonio. Non possiamo permetterci di lasciargli togliere anche la serenità che merita», dice Elena Sodano, che con coraggio, determinazione e affetto lo segue. «Antonio non può più vivere nella casa popolare di viale Isonzo. La sua vita deve continuare in un altro quartiere a lui più idoneo. Non può essere privato della sua serenità, della sua liberà e di quella autonomia che con fatica stiamo costruendo ogni giorno», esclama Elena.

Sulla vicenda è intervenuto anche l’avvocato Antonio Lomonaco, Garante Tutela vittime di reato della Regione Calabria. «Ho letto con molta attenzione l’appello lanciato dall’associazione Ra.Gi, finalizzato a reperire un alloggio popolare per un ragazzo affetto da una grave malattia degenerativa – afferma. La storia del giovane Antonio è una storia di resistenza in cui la famiglia ed il privato sociale fanno la differenza in positivo, mentre le istituzioni, con la loro assenza, vanificano tutti gli sforzi». «Antonio è un ragazzo che non si è arreso alla malattia ma, come tante altre persone perbene, deve alzare le mani non solo davanti alla prepotenza di chi compie atti riprovevoli come quelli denunziati alle forze dell’ordine, quanto davanti a chi non riesce a trovare soluzioni adeguate perché nessuno debba vivere ostaggio di una delinquenza spicciola che può fare molto male – dice ancora Lomonaco. Pertanto, quale Autorità garante regionale per le vittime di reato chiedo ufficialmente che Antonio trovi una rapida sponda nell’amministrazione comunale catanzarese, affinché il problema che lo affligge venga tempestivamente risolto». «E dopo Antonio nessuno deve sentirsi “abbandonato” in quei quartieri nei quali la politica ha alzato bandiera bianca, di fatto firmando una resa, che non è resa di pace ma di sconfitta», conclude Lomonaco. Adesso si attende la presa di posizione del comune di Catanzaro.

Il Quotidiano del Sud.
La silenziosa resistenza di Antonio

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