L’Eremo del Vento, dove si incontrano Oriente e Occidente

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Ho avuto l’onore di presentare l’ultimo libro di Loris Facchinetti Rialta e le riflessioni che ne sono scaturite le ho raccolte in questa recensione, per la cui pubblicazione ringrazio l’Associazione Nessuno tocchi Caino e l’Unità. “L’Eremo del Vento” è un viaggio onirico e mistico, che si erge però su solide basi filosofiche e psicologiche. È una perfetta sintesi della cultura orientale e occidentale, esempio luminoso del sincretismo religioso che lega il Cristianesimo al Buddismo e al Taoismo. Nel romanzo si scorgono sentieri spirituali che conducono a nuovi stati della coscienza, che la grande letteratura tedesca chiamava identificazione. Per Jung è religiosa ogni esperienza di pienezza e di totalità che afferri l’individuo per farlo procedere lungo il tragitto dell’individuazione. L’Io è il centro della coscienza, che ci rende “consci” di tutto ciò che è fuori e dentro di noi, e favorisce così l’adattamento al mondo circostante. Ma per Jung il centro della psiche nella sua totalità è il Sé. Esso ha la funzione di autodefinirci, di darci un’identità. È il nucleo della personalità e come tale guida e coordina il processo di individuazione. “Il Sé rappresenta l’unità e la totalità della personalità considerata nel suo insieme.”

Per Steiner il Sé è lo strumento attraverso il quale sentiamo e capiamo la natura. “Tutta la natura sussurra i suoi segreti a noi attraverso i suoi suoni. I suoni che erano precedentemente incomprensibili alla nostra anima, ora si trasformano nella lingua espressiva della natura.” Nel romanzo è presente un bel passaggio sulla riscoperta della nostra unione con il suono e l’armonia dell’universo. Anche studi scientifici contemporanei dimostrano che tutto è frequenza e vibrazione, in maniera diversa ma complementare. In uno scenario culturale mondiale come quello attuale – una “società liquida” per usare le parole del sociologo Bauman – di degrado della coscienza collettiva e smarrimento generale, in cui vengono abbattute statue, si cancellano le radici e si bruciano i libri, ricordiamo Ulrich, il protagonista dell’Uomo senza qualità di Musil, che durante la sua “vacanza dalla vita”, nel tentativo di riappropriarsi della sua soggettività e delle sue qualità, trova lo spirito eroico e il coraggio di porre all’attenzione il peso dei doveri e dei valori. Steiner ha evidenziato questo indirizzo con un celebre passaggio del suo pensiero: “per ogni uomo che persevera arriverà il giorno in cui spiritualmente gli si farà la luce attorno.”

Questo stesso indirizzo è colto dall’autore con il protagonista del romanzo, Vajra, il “pensiero-monaco”, che guida questa rinascita spirituale. Come lo stesso Jung, l’autore ripercorre il rapporto con la cultura orientale con l’obiettivo di aiutare l’uomo occidentale a relativizzare l’Io come istanza suprema della psiche, ad apprendere invece l’importanza della vita immaginativa e la non centralità dell’Io tipiche della cultura orientale. Tutto è immagine. Fin da quando eravamo bambini, prima della parola, c’era l’immagine. Un celebre passaggio di Lao Tze dice: “ciò che è spezzato diventerà intero. Ciò che è curvo diventerà diritto. Ciò che è vuoto diventerà pieno. Ciò che è consumato diventerà nuovo. Chi ha poco otterrà. Chi ha molto verrà ingannato.” Alla fine il senso del tutto e della vita dell’universo si rintraccia, trasversalmente in tutte le tradizioni, nell’equilibrio. L’universo è equilibrio dell’energia, del numero, delle azioni. Il testo, in questo senso, ha grandi capacità maieutiche. Il consiglio è leggerlo tra le righe, cogliere le metafore, scorgere le analogie.

Un’ultima riflessione emersa dalla lettura del libro: il dialogo tra i personaggi e il contesto in cui questo avviene incredibilmente evoca l’enigma della visione di Nietzsche. A seimila metri di altitudine, a Sils Maria, dove c’è ancora la roccia dove ciò è avvenuto, lui ha l’illuminazione – un Satori direbbero gli orientali – della visione dell’eterno ritorno, che magistralmente racconterà come un dialogo nello Zarathustra, che riunisce il pensiero orientale e occidentale. La sua visione è alta e terrificante. Presuppone che il tempo sia circolare e non progressivo. L’attimo è lo snodo di due percorsi: l’eterno futuro e l’eterno passato. Tutto è collegato, anche le scelte e il destino di ciascuno di noi. Il romanzo di Facchinetti evoca questa stessa visione dell’enigma, interpretata e mediata attraverso l’esperienza dell’Autore ma che coglie la stessa rivelazione. Anche se partiamo da punti, storie, percorsi diversi, in tempi diversi si torna sempre alla scienza della tradizione, che è stata corrotta nei secoli e prevaricata dalla scienza in senso meccanicistico, ma che alla fine riemerge sempre. In questa era sta riemergendo e il libro di Facchinetti ne è un ulteriore segno.

*Presidente Commissione Cultura Camera dei Deputati