Libertà di stampa, meno male che Sergio (Mattarella) c’è

Libertà di stampa, meno male che Sergio (Mattarella) c’è

Il Quotidiano del Sud
Libertà di stampa, meno male che Sergio (Mattarella) c’è

L’intervento di Mattarella alla cerimonia del Ventaglio: informazione e libertà di stampa, giustizia, odio sociale, Ucraina. E comincia a levarsi i sassolini dalle scarpe

Libertà di stampa, di pensiero e di critica perché «ogni atto rivolto contro la libera informazione è un atto eversivo contro la Repubblica«. La necessità di difendersi per tutelare le democrazie. L’allarme sulle parole d’odio che diventano violenza. E poi la giustizia e le carceri e il «dovere di perseguire un nuovo modello di recupero».
Anche Sergio Mattarella ha iniziato a levarsi qualche sassolino dalle scarpe. Lo fa a modo suo, «con garbo ma con determinazione». Senza fare sconti e in modo molto diretto. È veramente solo un caso che ciò avvenga lo stesso giorno in cui la Commissione europea rende noto “Il Rapporto annuale sullo stato di diritto” in cui l’Italia esce con molti cerotti, soprattutto su riforme, libertà di stampa e limitazione delle norme contro la corruzione.

DIVARIO INCOLMABILE CON LA RUSSA

Ed è altrettanto un caso che Mattarella parli il giorno dopo la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che sugli stessi temi è stato evasivo, giustificazionista, quasi irridente.
I confronti tra le massime cariche non sono mai ortodossi. Andrebbero evitati. Impossibile, però, evitare il confronto e misurare la profonda distanza tra le altezze del Quirinale e la mediocrità del Senato.
L’occasione è stata aiutata dalla cronaca. Mattarella riceve Direttori e Direttrici, quirinalisti e stampa parlamentare come ogni anno prima della pausa estiva per la consegna del tradizionale “Ventaglio” (bellissimo quello di Ilaria Caracciolo).

Il cuore del suo messaggio non poteva non essere rivolto alla stampa in generale, ma i fatti di cronaca dell’ultimo mese – l’inchiesta di Fanpage sulla matrice fascista di “Gioventù nazionale”, il pestaggio del giornalista della Stampa da parte di Casa Pound a Torino e il j’accuse della Commissione Ue – ne amplificano la potenza e l’attualità.
«L’informazione è esattamente questo: documentazione dell’esistente, luce gettata su fatti fin lì trascurati, raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Democrazia è – citando Toqueville – il potere di un popolo informato».

Un crescendo di parole scelte con cura che fanno piazza pulita di “ma” e “se” e rimprovera chi non garantisce un corretto accesso alle informazioni. Il brutto vizio, per esempio, di non fare conferenze stampa e affidare la comunicazione a video senza interlocuzione.

NETTO SULL’UCRAINA

Fino alla potenza assoluta dell’affermazione finale: «Ecco perché – dice Mattarella – ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica».
Il capo dello Stato offre anche un elenco di cose da fare, compiti a casa per i politici e per chi fa informazione: «Promozione del pluralismo e dell’indipendenza dei media; garanzia del diritto dei cittadini alla gratuità e pubblicità delle informazioni; indipendenza editoriale dei media pubblici». Si comincia dalla Rai ma ci si rivolge a tutta Europa.

Sull’informazione, Mattarella si è tolto in un colpo solo – tra i moniti e le istruzioni per l’uso – diversi sassolini dalle scarpe. Ma ne aveva molti altri che gli davano urgenza di chiarimento, sollecitati dal taglio delle domande messe sul tavolo dal presidente della Stampa parlamentare, Adalberto Signore.
A cominciare dall’Ucraina. Ribadita con convinzione la posizione dell’Italia a sostegno di Kiev, ha osservato «la grande tristezza» nel vedere che il mondo getta in armamenti molti, troppi, soldi. Ma di chi è la colpa? «Di chi difende la propria libertà – e chi l’aiuta a difenderla – o di chi aggredisce la libertà altrui?». La risposta è affidata alla Storia. Il precedente da studiare è quello del primo ministro britannico Neville Chamberlain che nel 1938, di ritorno dalla Conferenza di Monaco, disse: «Sono tornato dalla Germania con la pace per il nostro tempo».

IL PRECEDENTE DI HITLER

Quella “pace” era il via libera a Hitler per annettersi i Sudeti, porzione dell’allora Cecoslovacchia che confinava con la Germania e dove si parlava anche tedesco. La Cecoslovacchia non voleva. Gran Bretagna, Francia e Italia dettero il via libera. Pochi mesi dopo, Hitler occupò tutta la Cecoslovacchia e poi la Polonia. E poi fu Seconda guerra mondiale. Putin come Hitler, l’Ucraina come la Cecoslovacchia. Chamberlain come Orban? Certi errori non possono esser ripetuti. Messaggio molto chiaro e diretto a tutti coloro, a destra e a sinistra, Salvini ma non solo, che chiedono la pace subito senza condizioni.
«L’Italia e i suoi alleati difendono la pace sostenendo l’Ucraina affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli». Chissà se è abbastanza chiaro e convincente. Non lo sarà, purtroppo, e attaccheranno anche Mattarella.

ODIO SOCIALE E GIUSTIZIA

Il capo dello Stato si leva dalle scarpe un altro sassolino: «Il diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio, una violenza che da verbale diventa frequentemente fisica». I destinatari del messaggio sono in Italia e fuori, chi ha armato con giochi di parole violente la mano di chi ha attentato a Trump, al primo ministro slovacco Fico, alla sindaca di Berlino Giffey e altri politici in Germania (i nazisti di Afd, ndr), al marito dell’ex portavoce Nancy Pelosi.
È una «drammatica deriva di violenza contro politici di schieramenti diversi». Parte quasi tutto dalle parole. «Vi sono in giro per il mondo – calca la mano Mattarella – molti apprendisti stregoni incauti nel maneggiare gli strumenti che generano odio e violenza».

Si genera odio anche proponendo leggi assurde come quelle che multano chi declina incarichi al femminile. La proposta è della Lega. «Piuttosto, spero si possa ancora dire sindaca» è l’inciso micidiale di Mattarella.
Altri “sassolini” che sono in realtà j’accuse severissimi. Hanno a che fare con la giustizia e puntano il dito sul Parlamento.
«Invito con garbo ma determinazione a eleggere subito il quindicesimo giudice della Corte costituzionale», la sua assenza, ormai da mesi, è «un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento» dice Mattarella. Così come «è un dovere perseguire un nuovo modello carcerario» perché quello attuale è «indecoroso per un Paese civile quale deve essere l’Italia».

IL POPULISMO

Altri sassolini chiamano in causa il populismo, affatto sconfitto, ancora ben presente tra noi. Molte persone, di fronte ai repentini cambiamenti della Storia, si sentono «disorientati e indifesi». Ma guai «cadere nelle rete ingannevole di chi fa credere loro che la soluzione sia semplice: tornare a un’epoca dorata che non c’è più (se mai c’è stata). E che non ci sarà più. Perché la storia cammina, i cambiamenti non si possono fermare, il tempo non torna indietro».

C’è anche molto non detto nelle parole del capo dello Stato. Resta deluso chi cercava un riferimento al voto contrario di due partiti su tre della maggioranza (FdI e Lega) al bis di Ursula von der Leyen. E chi cercava un indizio per risolvere l’ennesima figuraccia al Csm con il caso Natoli, laica di area La Russa. Dire qualcosa su entrambi i casi, in questa fase, avrebbe significato entrare pesantemente in partita. Errore che l’arbitro, Mattarella, non può fare.

Il Quotidiano del Sud.
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