L’inferno delle carceri, Antonio detenuto a Bari: “Trasferito per essere curato, rischio la vita insieme ai miei compagni di cella”

RMAG news

Trasferito nel carcere di Bari a causa delle sue patologieAntonio ha scritto una lettera alla moglie Elisabetta, inviata alla nostra redazione grazie all’associazione Sbarre di Zucchero. Quattro pagine scritte in stampatello, parole chiare e nette che hanno testimoniato l’inferno al quale il detenuto e i suoi compagni sono stati condannati. Perché nel penitenziario pugliese il diritto alla salute che dovrebbe essere garantito per Costituzione, è latitante.

Il diritto (negato) alla salute in carcere

Ha scritto Antonio: “Vi è un centro Sai con soli 25 posti. Una struttura non a norma e danneggiata da un incendio. Si è scoperto che tale area non aveva il sistema anti incendio e nessuna uscita di emergenza. Per non parlare dell’impianto elettrico non a norma“. Nonostante l’arrivo a Bari per ricevere cure adeguate, “le uniche visite ‘specialistiche’, mai approfondite, fatte all’interno del carcere sono quelle di base. Le altre necessitano di una trasferta in ospedale e questo allunga di molto i tempi per i controlli“.

La testimonianza di Antonio, detenuto malato presso il carcere di Bari

Il motivo? L’assenza degli agenti della Polizia Penitenziaria, corpo dello Stato da anni sottodimensionato: di conseguenza è difficile trovare poliziotti per queste uscite, uomini che dovrebbero scortare e piantonare il detenuto-paziente, lasciando scoperto l’organico all’interno del carcere. Inoltre, nel penitenziario di Bari, non vi sono i pulsanti di emergenza, ovvero manca la possibilità per un detenuto di fare una chiamata urgente dalle celle. Così se qualcuno, già in condizioni di salute precarie, ha un malore improvviso, potrà tranquillamente rischiare di morire dietro le sbarre.

L’inferno delle carceri

Tema sul quale si è pronunciata anche la magistratura di Sorveglianza che ha ‘ordinato’ all’amministrazione del carcere di installare tali sistemi di sicurezza. Gli stessi pm che però, accogliendo il parere del personale sanitario, secondo cui – oltre che garantire cure e assistenza adeguati ai detenuti – questi ultimi sarebbero efficacemente piantonati. Ma, ha scritto Antonio: “Mi chiedo, visto il numero di detenuti ed agenti presenti, se si sente male una persona o più di un recluso, su quei piani dove c’è un solo poliziotto per due piani, senza l’ausilio di segnalatori acustici, come sarebbe possibile salvarli?“.

L’indifferenza della politica

Dunque, tra violenzetorturesovraffollamento e soprattutto suicidi, l’intera comunità penitenziaria sta continuando a vivere – nell’indifferenza totale della politica e delle istituzioni – un vero e proprio inferno in terra. Esseri umani trattati in modo degradante ai quali non è manco concesso il diritto costituzionale alla salute. Antonio è, purtroppo, uno dei tanti. Anzi, dei tantissimi. Ai quali l’ultimo provvedimento del governo prodotto dal ministro dell'(in)giustizia Carlo Nordio, non dà alcuna risposta e nessuna soluzione.

 

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