L’Italia delle tante “prigioni”, siamo un Paese di celle su base etnica: il caso delle detenzioni amministrative

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I trattenimenti delle persone straniere non avvengono esclusivamente nei Cpr ma, altresì, nei “luoghi idonei”. Ovvero? Il dl 113/2018 – il famigerato primo “Decreto Salvini” – convertito nella L. 132/2018 ha ampliato la tipologia dei luoghi di privazione della libertà destinati alla detenzione amministrativa delle persone straniere in attesa della convalida dell’accompagnamento immediato alla frontiera. La modifica dell’art. 13 del Testo Unico dell’Immigrazione ha così introdotto la possibilità per i Giudice di Pace, su richiesta del Questore, di disporre il trattenimento dei cittadini stranieri sopracitati presso “strutture idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza” nel caso di indisponibilità di posti nei Cpr.

Inoltre, qualora anche dopo l’udienza di convalida permanga l’indisponibilità di posti nelle sopracitate strutture (ndr: i Cpr) di cui all’art. 14 del D.Lgs. 286/1998 (ndr: il Testo Unico dell’Immigrazione), è possibile disporre il trattenimento dei cittadini stranieri in “locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza di convalida”. In altri termini, questi luoghi “idonei” destinati al trattenimento dei cittadini stranieri in procinto di essere espulsi sono sussidiari ai Cpr, disponibili presso le Questure e diffusi sul territorio nazionale. Luoghi di privazione della libertà personale, ancor più sconosciuti dei Cpr e non conoscibili perché non è dato avere nemmeno un elenco degli stessi da parte della Pubblica Amministrazione.

Le persone trattenute (sempre e solo straniere) possono rimanere in piccole stanze collocate in Questura sotto stretta sorveglianza per un massimo di novantasei ore, al termine delle quali possono essere liberate o rimpatriate, il tutto passa da un’udienza di convalida tenuta da un Giudice di Pace rigorosamente da remoto. I cellulari vengono sequestrati, quindi, la persona trattenuta una volta in Questura non ha modo di comunicare con l’esterno se non per concessione della Questura stessa. Non esiste una legge che disciplini le modalità di questo tipo di restrizione della libertà personale. Negli ultimi mesi questi casi di trattenimenti in “luoghi idonei” sono in aumento (ndr: chi scrive ha appreso di un forte incremento nella Questura di Milano). Tuttavia, le informazioni al riguardo sono pressoché inesistenti. Nebbia fitta insomma. Quello che si sa è che abbiamo delle persone, spesso residenti in Italia da anni, che si recano in Questura per ottenere, ad esempio, informazioni sullo stato della propria richiesta di permesso di soggiorno o di rinnovo dello stesso che poi si trovano letteralmente detenute, impossibilitate o quasi ad avere contatti con l’esterno per contattare il proprio difensore o i famigliari, sottoposte ad un’udienza che dura pochi minuti con un Giudice “da remoto” e poi imbarcate su un aereo.

E spesso ci si reca in Questura su un appuntamento dato dagli stessi organi di polizia, appuntamento, questo, atteso, a volte, anni, con la speranza di uscire da quei locali con un permesso di soggiorno. E, invece, in luogo del rilascio dell’agognato titolo di soggiorno il buio della detenzione e dell’espulsione, quasi senza possibilità di difendersi e, ancor prima, di capire quello che sta succedendo. Perché tutto questo? Una risposta la si può trovare nel c.d. “decreto Cutro” (il decreto-legge emanato dal Governo Meloni il 10 marzo 2023) e l’abrogazione del comma 2 dell’art. 12 del D.p.r. 394/1999, con la conseguente soppressione del meccanismo di intimazione a lasciare il territorio nazionale entro il termine di quindici giorni, previsto in occasione della notifica allo straniero del rifiuto/revoca del permesso di soggiorno. E, pertanto, volendo citare la Circolare del Ministero dell’Interno n. 400/B dell’1.6.2023: “In tale prospettiva codesti Uffici, contestualmente alla notifica del rifiuto del permesso di soggiorno, contenente l’avviso di cui al comma 1 della norma citata, valuteranno l’adozione dell’espulsione di cui all’art. 13 del Testo Unico, previa verifica della sussistenza dei presupposti”.

Ormai per un cittadino straniero è preferibile recarsi in Questura munito di passaporto, dichiarazione di ospitalità, contratto di lavoro o dichiarazione di disponibilità all’assunzione per il futuro per sperare che il suo trattenimento non venga convalidato avendo dimostrato il suo radicamento in questo paese. Altrimenti, ormai rimpatriato nel paese d’origine, dovrà sperare di trovare un avvocato che si opponga al suo decreto di espulsione. Ormai, volendo citare l’avvocato Maurizio Veglio, si può affermare che: “La semplice osservazione dei luoghi di trattenimento amministrativo, di fatto e di diritto, dei non cittadini – in Italia come nel mondo – consente di affermare che quello che si consuma al loro interno è un rito di separazione su base etnica. Il trattenimento degli stranieri è un poderoso strumento di propaganda a disposizione del governo di turno, che l’attuale riforma (ndr: il Decreto Cutro) porta alla sua massima espansione”. Definiti “luoghi idonei” ma, in realtà, sono luoghi dove si celebra il rito della segregazione nel silenzio dell’opinione pubblica. Come per i Cpr occorre impegnarsi per fare luce su queste zone d’ombra dei diritti totalmente sconosciute per porre fine all’ennesima guerra in corso, quella ai migranti.

* Tratto da trasform-Italia.it

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