L’ondata nera in Austria fa litigare Salvini e Tajani: in Europa torna l’incubo nazi

RMAG news

In Austria l’Fpo, cioè il partito neonazista, ha vinto le elezioni. Ha scavalcato i popolari del premier Karl Nehammer ottenendo quasi il 29 per cento dei voti contro il 26 per cento dei popolari e il 21 dei socialisti. I liberali sono al 9, i verdi al 6. Probabilmente l’Fpo non governerà, perché non ha alleati, però simbolicamente il risultato è clamoroso. Fa paura? Sì, fa paura.

Non sono io a definire l’Fpo di Herbert Kickl un partito nazista. È stato ieri Antonio Tajani, il nostro vicepresidente del Consiglio e capo di Forza Italia. Attirandosi la furia dei leghisti, suoi alleati di governo, anche di Salvini (l’altro vicepresidente del Consiglio) i quali sono dalla parte dell’Fpo. Cioè dei nazisti. Kickl da molti anni è al vertice del suo partito. Alla fine del secolo scorso fu il ghost writer di Jörg Haider, ex governatore della Carinzia, di estrema estrema destra, leader dell’Fpo e poi per un breve periodo premier. A un certo punto però i due ruppero perché Kickl considerava Haider un pericoloso moderato. Kickl ha posizioni antisemite, filoputiniane, e ha più volte proposto di preparare dei campi di concentramento per gli immigrati senza permesso di soggiorno. Li ha chiamati proprio così. L’espressione “campi di concentramento”, pronunciata dal leader di un partito che fu fondato alla fine degli anni Cinquanta da un gruppo di ex gerarchi nazisti, non è rassicurante e dà ragione a Tajani. Del resto Kickl non ha mai condannato il nazismo.

Propaganda no vax: curare il covid con un farmaco per i cavalli

In questa campagna elettorale Kickl – che in passato ha guidato anche una formidabile propaganda no-vax, proponendo di curare il Covid con un farmaco usato per i cavalli – ha giocato tutto su uno slogan: fare dell’Austria una fortezza. È pericolosa la vittoria di Kirckl in Austria? Certamente lo è. È un campanello, un campanaccio, una grande campana d’allarme. Non solo per l’Austria: per l’Europa. Anche perché avviene all’interno di un processo che negli ultimi anni e mesi ha portato a vistosi successi elettorali in mezza Europa (forse in tutta Europa) la destra estrema. È vero che al momento i grandi paesi europei, ad esclusione dell’Italia, sono governati dal centrosinistra. Però è anche vero che ovunque la destra radicale, con simpatie naziste, ha ottenuto dei risultati straordinari. In Francia Marine Le Pen ha conquistato il 29 per cento dei voti. In molti Land della Germania la destra neonazista ha ottenuto risultati simili, comunque superiori al 25 per cento.

In Italia la componente fascista non è maggioritaria

Paradossalmente è proprio l’Italia, forse, il paese dove la forza dei nazi è meno dilagante. La componente classica fascista è largamente presente sia in Fratelli d’Italia sia nella Lega, ma non è maggioritaria. Diciamo pure che coinvolge circa la metà del partito di Giorgia Meloni e la metà dei salviniani. Possiamo calcolare che riguardi non più del 17 o 18 per cento dell’elettorato. Però è una forza di pressione molto robusta. Anche perché negli altri paesi europei è esterna ai partiti di maggioranza, qui da noi è interna e ha una enorme capacità di condizionamento. Basta leggere la nuova legge sulla sicurezza, che ora è in discussione al Senato ma è stata già approvata dalla Camera, che ha nel suo Dna il fascismo. O la politica spietata di lotta alle Ong o ai migranti, che certo è determinata in larghissima parte non da considerazioni politiche o pragmatiche, ma dalla spinta xenofoba e razzista.

E sono proprio le politiche di contrasto all’immigrazione la cartina tornasole della corsa a destra dell’Europa. Perché il successo delle destra sta spingendo anche una parte delle sinistre, specie di quelle al governo, a prese di posizione di estrema destra. È successo nella Gran Bretagna della recente vittoria elettorale laburista, è successo in Germania. Sono questi i segnali che ci indicano il rischio della disfatta. Forse il pericolo nazista non si manifesta nel timore di una presa del potere degli eredi di Hitler. Ma nello sdoganamento di queste posizioni e nel loro dilagare in tutti i settori dello schieramento politico. Per esempio, qui da noi, c’è una forza che fa parte dell’opposizione – mi riferisco ai 5 Stelle – che su temi come la sicurezza e il contrasto all’immigrazione è schierata sul fronte delle destre. E anche alcuni settori del Pd sono tentati dal ritorno a vecchie idee come quelle che prevalsero alla fine degli anni 10 (il cosiddetto minnitismo).

Il problema di frenare le idee più estreme

Se le cose stanno così forse cambia la prospettiva della lotta politica. Il problema imminente non è come la sinistra possa tornare al governo. Il problema essenziale è come frenare, ostacolare, possibilmente fermare le idee e le politiche xenofobe e fasciste. E questa azione non si valuta in voti ma in risultati politici. E richiede molto coraggio e molta generosità. È necessariamente una battaglia di minoranza. Molto spesso le forze riformiste, in Italia, sono forze di minoranza. Che però sanno raggiungere i risultati. Influenzare le politiche del governo. Impedire i colpi di maglio reazionari. Del resto da noi tutta la storia della prima Repubblica è questo. È la battaglia sempre vincente del Pci. Partito che non è mai stato al governo dal 1947 in poi.

Dicono alcuni commentatori di destra, anche liberali: “Ma se vuoi rispettare la democrazia devi accogliere tutti i risultati. Se vincono i nazisti è comunque un segno della vitalità della democrazia”. No, non è così. La democrazia è un ottimo sistema di governo, ma non è di per sé la civiltà. Se vincono i nazisti, o le loro idee, forse non si mette in discussione la democrazia, ma si mette in discussione il diritto e la civiltà. È il trionfo della barbarie.

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