Luca Palamara: «È tempo di scrivere un nuovo pezzo di verità»

Luca Palamara: «È tempo di scrivere un nuovo pezzo di verità»

Il Quotidiano del Sud
Luca Palamara: «È tempo di scrivere un nuovo pezzo di verità»

Intervista all’ex presidente di Anm, Luca Palamara, recentemente chiamato in causa da Nicola Gratteri: «È tempo di scrivere un nuovo pezzo di verità»

IL PROCURATORE Nicola Gratteri, nel corso degli ultimi eventi estivi, che lo vedono protagonista dentro e fuori la nostra regione, non perde occasione per ritornare sul “Caso Palamara” e le parole del magistrato antimafia certamente non sembrano un attacco all’ex presidente dell’Anm. «È improprio parlare di caso Palamara – ha detto Gratteri, nel corso della recente serata del Premio Caccuri – perché non è cambiato nulla ed ha pagato solo lui. Palamara era un magistrato medio, normalissimo, non era un genio. I primi anni li ha fatti a Reggio Calabria, io ero un pm della Dda, lui uditore. Dopo tre anni va alla Procura di Roma. Dopo quello che è successo avrebbero dovuto dimettersi tutti i componenti del Csm».

Finanche l’appellativo rivoltogli di “magistrato medio”, ha strappato un sorriso a Luca Palamara, che poi ha risposto ad alcune nostre domande, dandoci pure qualche anticipazione sul suo nuovo libro «che parlerà molto di Calabria» sua terra natia.

Gratteri da qualche mese incalzato dai giornalisti sta parlando del “Caso Palamara”. E proprio in Calabria, al premio Caccuri ha detto: “è improprio parlare di Caso Palamara perché al Csm non è cambiato nulla ed ha pagato solo lui”. Cosa risponde?

«Io penso che debba arrivare un punto della vita in cui anziché guardare indietro, sia necessario guardare avanti con rinnovato vigore ed entusiasmo. Il ruolo della vittima non mi è mai appartenuto, così come non mi è mai appartenuto il motto “muoia Sansone con tutti i filistei”. Oggi, affronto una nuova sfida che è quella di ristabilire la verità dei fatti su circostanze e vicende che hanno riguardato l’intero ordine giudiziario ed i rapporti tra magistratura e politica. Il 29 maggio del 2019, La Repubblica, titolava in prima pagina: “Corruzione al Csm. 40 mila euro per una nomina”.
Oggi, lo stesso quotidiano, che in tutti questi anni non ha mai dato notizia delle mie ripetute assoluzioni nei processi, si ricorda di me e pensa alla mia felicità perché il Ddl Nordio ha modificato la disciplina del traffico di influenze illecite eliminando dal panorama normativo un reato dai caratteri evanescenti, così come da sempre riconosciuto da fior di giuristi e di magistrati.
In realtà, la mia felicità odierna non proviene dalla promulgazione del Ddl Nordio, materia sulla quale si cimenteranno i miei legali, sia in ambito di esecuzione penale, che in ambito disciplinare innanzi al Csm, ma dal fatto che nessuna carta processuale, ha mai confermato quel titolo roboante di Repubblica grazie al quale è stata evitata una nomina che in quel momento veniva vista in linea di discontinuità con la gestione Pignatone e che ha sovvertito gli equilibri interni alla magistratura. È oramai tempo di scrivere un altro pezzo di verità su questa storia».

Ha detto che nel suo nuovo libro parlerà molto di Calabria. Ci può dare un’anticipazione?

«Inevitabilmente parlerò della mia esperienza alla procura di Reggio Calabria che per me è stata e sarà sempre un ricordo indelebile ed indimenticabile».

Dunque solo bei ricordi dalla sua terra natia, senza nessun sassolino calabrese da togliersi dalle scarpe…

«Nei miei racconti non ho mai inteso togliermi sassolini dalle scarpe ma semmai far comprendere all’opinione pubblica i meccanismi interni di funzionamento dell’ordine giudiziario e le storture che inevitabilmente hanno riguardato magistrati di tutte le correnti»

In qualche modo è accaduto che, a partire da Piercamillo Davigo, chi si è occupato della sua vicenda a sua volta è finito per essere indagato o addirittura condannato. Cosa ne pensa?

«Penso che in quel momento quella parte d’informazione sia stata molto abile ad alzare un polverone che in qualche modo ha finito per “narcotizzare” diversi magistrati. Davigo, che notoriamente ha legato la sua carriera alle indagini e non alla politica associativa, ha inteso cavalcare l’onda finendo a sua volta per rimanere impigliato nella vicenda dei verbali della fantomatica Loggia Ungheria. Non dimentichiamo, però, che a proposito della conoscenza del contenuto di quei verbali, nella stessa situazione di Davigo si trovava un altro componente laico di Palazzo dei Marescialli sulle cui modalità di elezione in quel Consiglio Superiore, c’è ancora molto da raccontare».

Molto si è discusso sulla abolizione dell’Abuso di Ufficio. Teme che questo possa portare a rendere impuniti i comportamenti degli amministratori Pubblici, pure in Calabria?

«Parlare di Calabria, non deve necessariamente implicare un riferimento alla illegalità. Rendere funzionali gli uffici giudiziari è il presupposto indefettibile per garantire il rispetto della legge da parte di tutti i cittadini e da parte degli amministratori pubblici. Allo stesso tempo, bisogna consentire alle amministrazioni di poter operare, perché altrimenti si crea quella paura della firma che blocca l’adozione di qualsiasi provvedimento da parte delle amministrazioni competenti. Detto questo sono certo che le nuove classi dirigenti in Calabria sapranno rispondere a questa sfida».

Cosa si sente di dire ai giovani magistrati che scelgono come prima sede gli uffici giudiziari calabresi?

«Sono passati quasi trent’anni ma respiro ancora l’aria del primo giorno al vecchio palazzo di giustizia di Reggio Calabria, l’entusiasmo e l’emozione di quel momento. Io penso che la magistratura abbia bisogno di una nuova classe dirigente staccata dalla correntocrazia che, purtroppo, ancora la pervade nei suoi meccanismi decisionali. Alle nuove generazioni il compito di affrontare l’ardua impresa del rinnovamento».

Il Quotidiano del Sud.
Luca Palamara: «È tempo di scrivere un nuovo pezzo di verità»

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