Lucano, Rackete e Salis: gli ultimi sono diventati primi

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Il vociare scomposto sullo “scandalo” di Ilaria Salis eletta al Parlamento Europeo, non è solo un fastidioso, e prevedibile, moto di reazione della destra inviperita per questo smacco. E in effetti smacco, pernacchia, o metaforico calcio in culo ai fascistoni europei, di certo lo rappresenta. E queste elezioni per centinaia di migliaia che hanno votato Salis e Lucano, saranno ricordate come una azione da “una risata che vi seppellirà”, che sul suo manifesto ideale ha la foto di Ilaria, Mimmo Lucano e Carola Rackete, eletta anch’essa in Germania, ritratti insieme all’interno del “Palazzo Justus Lipsius”, sede del Parlamento europeo. Eh sì, perché quando “gli ultimi diventano i primi”, accade sempre qualcosa di straordinario. Ilaria Salis era sepolta viva nelle carceri ungheresi, tenuta in ostaggio in un processo farsa, con la sentenza già scritta. Doveva essere il simbolo, il trofeo, per dimostrare quanto il governo di Orban “coccoli” e protegga i suoi giovani virgulti nazisti. Costoro presidiano la società ungherese e garantiscono la promozione di quella “democrazia illiberale” come forma possibile e contemporanea del nuovo autoritarismo, incarnato dall’ala destra di Fidesz, il partito del premier.

Mimmo Lucano, un sindaco eccezionale, è stato trasformato dalla sinistra e dalla destra in Italia, in un “criminale politico”. La causa è stata il suo coraggioso tentativo di praticare un nuovo umanesimo mediterraneo, che aveva nella costruzione di una comunità concreta, Riace, il suo esempio da offrire al mondo. La sinistra, quella di Minniti, Gentiloni e del giudice che lo ha condannato in primo grado a tredici anni di carcere, non poteva accettare un “non allineato” sul tema dell’immigrazione e dei diritti umani. Erano gli anni del patto Italia – Libia, e quell’esperimento virtuoso di fraternità, di gestione del bene pubblico per produrre bene pubblico e non “ordine e disciplina”, era per quella sinistra, più nemico dei razzisti. La destra che applaudiva ed invidiava quella sinistra, continua oggi la persecuzione politica, per via mediatica, dopo che un’altra sentenza, in appello, ha ribaltato la vergogna di quella condanna in primo grado, restituendo anche formalmente libertà e dignità ad un uomo per bene.

E Carola Rackete, la “capitana”, sempre assolta da ogni accusa, è diventata “colpevole” per aver fatto quello che andava fatto: portare a terra, in salvo, dopo giorni di sequestro di persona in mezzo al mare, donne e uomini respinti per decreto. Quel sequestro di esseri umani, compiuto da ministri che hanno sempre giocato con le vite dei più indifesi la loro partita, puntava ad utilizzare i sopravvissuti al naufragio, come ostaggi, per negoziare con gli altri stati il loro “ricollocamento”. La ferocia e la disumanità – evidente a tal punto dall’essere riconosciuta anche dalla magistratura – in “leciti” strumenti di propaganda politica. Gli “ultimi” dunque, i reietti, i non autorizzati, gli “illegali”, sono diventati “primi”, e questo non può andare giù a chi si sente, a destra o a sinistra, depositario esclusivo dell’ordine delle cose. È tutto previsto e prevedibile: che ciò possa accadere, e che quando accade i “primi” ne escano pazzi. Ne abbiamo testimonianza fin dal Vangelo. Ma proprio per rispondere ai “primi”, a quelli che oggi gridano allo scandalo e all’ingiustizia di un epilogo del genere, proviamo a costruire un piano di ragionamento.

Ilaria Salis è messa all’indice perché ha praticato e sostiene la forma di lotta dell’occupazione delle case tenute sfitte per anni dagli enti pubblici (90mila circa in italia le case pubbliche chiuse e lasciate al degrado). Ieri tre ministri e lo Stato italiano sono stati condannati per “aver deportato persone, richiedenti asilo, famiglie di rifugiati, migranti, in Libia”, dove hanno continuato a subire torture, violenze, sofferenze di ogni tipo. Sono condannati i ministri, lo Stato, e per una cosa così grave, che nemmeno si può paragonare alle altre. Se prendessimo per buono il discorso dei “destrisinistri”, e cioè che se uno “forza la legge” non può più diventare “primo”, bisognerebbe anche valutare che cosa produce la violazione di una legge. Ad esempio, nel caso delle occupazioni di case tenute sfitte, bisognerebbe valutare se abitare una casa costruita con soldi pubblici, e ristrutturarla, farla vivere di nuovo, è più grave che tenerla chiusa, farla cadere in pezzi, sottrarla al suo valore d’uso sociale. Chi commette dunque, l’illegalità peggiore? Chi causa dunque, il male peggiore? Quelli che sono per definizione e decreto i “primi”, oppure gli “ultimi”?

Perché di certo, se non vi è alcuna legge che permette di occupare, non vi è nemmeno alcuna legge che permette a chi comanda di poter far andare in malora le case che potrebbero servire a soddisfare un diritto che è scritto nella costituzione. Ma siccome la disputa su queste due “illegalità” è lunga, nel mentre si decide e si procede, chi causa il danno peggiore, chi apre una porta senza chiave, o chi mette il lucchetto e costringe qualcun altro a dormire in macchina? La storia delle “graduatorie” non vale: stiamo parlando di case “non assegnabili”, poiché non a norma a causa del loro abbandono da parte degli Enti. Ma siccome si fa “di tutta un’erba un fascio”, e si scomodano i principi e i valori usandoli come clave e a sproposito, allora chi salva una vita in mare, disobbedendo a qualche circolare, è uguale a chi fa morire in mare, obbedendo alla stessa circolare? Salvare una vita, oppure far affogare bambini nel Mediterraneo, non è un metro di valutazione più grande e assoluto, per dare un giudizio, oppure ciò che fanno i “primi” è sempre lecito, e invece gli “ultimi” saranno condannati ad essere sempre tali perché così hanno deciso i “primi”?

Il ruolo del “padrone della vigna”, nella parabola evangelica, serve proprio a questo: a stabilire chi decide, fuori da ogni amicizia, simpatia o appartenenza. Produrre il bene per tutti, piuttosto che il male, attraverso le proprie azioni, decisioni, scelte, potrebbe essere un criterio per valutare. E dunque, mettiamo che si incontrino quei ministri condannati ieri, e Ilaria Salis, Mimmo Lucano, Carola Rakete, in ascensore. Finché si sale, verso l’alto, aumenta l’ansia. Si scambiano due parole, e la condivisione del piccolo spazio e della comune destinazione, favoriscono la sincerità. “Tu per che cosa sei stato condannato?”. Gli “ultimi” rispondono: “ho occupato una casa”. “Ho falsificato un registro per far avere la cittadinanza a un rifugiato”. “Ho soccorso in mare migliaia di donne, uomini e bambini anche se mi ordinavano di non farlo. E voi? Quali sono le vostre condanne?”. “Ho provocato il naufragio a Cutro, dove sono morte tantissime persone innocenti”. “Ho finanziato dei lager in Libia, dove sono state stuprate migliaia di donne e bambine, uccisi e torturati migliaia di uomini”. “Ho venduto armi per arricchirmi, che sono servite ad uccidere decine di migliaia di persone”. L’ascensore ha concluso la sua salita, fino all’ultimo piano. Le porte si aprono, ma ognuno scende diverso da prima. I primi saranno ultimi e gli ultimi, primi.