L’ultima intervista di Ismail Haniyeh: “Anche se ammazzano i leader, Hamas non muore”

RMAG news

Chi scrive ha avuto modo di conoscere, incontrare, intervistare più volte, nel corso degli anni, Ismail Haniyeh, primo ministro di Hamas, capo dell’Ufficio politico. L’uomo che teneva le fila dei rapporti esterni del movimento islamista. L’ultima intervista, ultima in assoluto ad un media italiano, è del novembre 2023, nell’ambito di un volume di Limes, la prestigiosa rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo. La prima intervista a un media europeo dopo l’inizio della guerra.

Israele ha reagito pesantemente all’attacco di Hamas del 7 Ottobre. Gaza è sotto le bombe, l’invasione da terra è certa. Diversi comandanti e dirigenti di Hamas sono stati uccisi. Vi ritenete sconfitti?
Mai. Il sacrificio dei nostri shahid, la determinazione della gente di Gaza a non subire una seconda Nakba, sono la riprova della determinazione della Resistenza a contrastare il nemico sionista. Un nemico vulnerabile, come hanno dimostrato le operazioni del 7 Ottobre. Abbiamo mostrato ai popoli arabi e musulmani, al mondo, che Israele non è invincibile, e che non avrà mai sicurezza finché perdurerà l’occupazione della Palestina.

Dietro Hamas c’è l’Iran. Una tesi che non è solo d’Israele.
La propaganda sionista agisce h24 ed è rilanciata in Occidente. L’Iran sostiene la causa palestinese. Come fa il Qatar e tutti i Paesi arabi, i popoli anzitutto. E lo confermano le manifestazioni di sostegno alla resistenza palestinese che si susseguono in tutto il mondo arabo e musulmano, ed anche in Europa. Il messaggio che i nostri eroici combattenti hanno inviato al mondo arabo è che Israele è un’entità che non è in grado di proteggere sé stessa dai nostri combattenti non è in grado di fornirvi sicurezza o protezione. L’intero processo di normalizzazione e riconoscimento, tutti gli accordi che sono stati firmati [con Israele] non potranno mai porre fine a questo conflitto.

A Gaza sono già migliaia le vittime. Morte e distruzione. C’è chi sostiene, non solo in Israele, che la gente di Gaza è ostaggio di Hamas.
Gaza subisce un embargo da quasi vent’anni durante i quali ci sono state quattro o cinque guerre che hanno causato decine di migliaia di martiri e feriti, case distrutte. Gaza sta vivendo una tragedia umanitaria, è una gigantesca prigione che rinchiude oltre 2 milioni di famiglie palestinesi. Gaza è la punta di diamante della Resistenza che ha lanciato l’attacco, ma trattandosi di una guerra che riguarda la terra di Palestina e Gerusalemme e Al-Aqsa, è l’intera battaglia dell’Umma Ecco perché invito tutti i figli di questa Umma, ovunque si trovino nel mondo, ad unirsi, ognuno a modo suo, a questa guerra, senza indugi e senza voltarsi. Per noi la resistenza armata non è il fine ma lo strumento per opporci all’annientamento, per far vivere il diritto ad una Palestina libera.

Nonostante il 7 Ottobre, Israele ha una potenza militare nettamente superiore a quella di Hamas. E l’intenzione proclamata è quella di distruggere una volta per tutte le capacità militari di Hamas e di eliminarne i capi.
Non è la prima volta che il nemico fa questi proclami. Hanno assassinato il nostro fondatore, e altri capi e comandanti sono morti da shahid. Ma Hamas è in vita. Lo è e lo sarà perché rappresenta, assieme alle altre forze della Resistenza, lo spirito indomabile del popolo palestinese. Nessuno fuggirà da Gaza. Se Israele invaderà, il 7 Ottobre sarà nulla rispetto a ciò che subiranno. Combatteremo strada per strada, casa per casa. Ci siamo preparati a questo da anni. Siamo pronti. Sappiamo bene che questa volontà di resistenza comporta il sacrificio più grande, la vita. Ognuno di noi ha visto morire i propri cari, e mette in conto di morire come uno shahid. Ma non c’è cosa peggiore di abbassare la testa, di arrendersi all’umiliazione dell’occupazione. Ciò non avverrà mai. La verità del 7 Ottobre è che gli israeliani hanno sottovaluto i palestinesi.

Torno alla tempistica. Molto si è scritto sul fatto che Hamas ha agito adesso, su input di Teheran, per far fallire il riavvicinamento tra Israele e l’Arabia Saudita.
Anche l’Arabia Saudita ha condannato l’assedio criminale di Gaza da parte israeliana e non ha messo in discussione il diritto dei palestinesi a combattere fino alla liberazione della Palestina. Una cosa è certa. Chiunque, a partire da Israele e dall’America, ha pensato, lavorato, per eliminare la causa palestinese favorendo accordi separati tra Israele e i Paesi arabi, ha commesso un errore esiziale. La causa palestinese vivrà perché vive e lotta il popolo palestinese. Questa è la nostra forza. Il diritto di resistenza all’occupazione è contemplato dalle stesse convenzioni di guerra. Quelle convenzioni che gli israeliani hanno sempre violato, ritenendole carta straccia. Le punizioni collettive sono un crimine di guerra. Bombardare case, scuole, ospedali, sono crimini di guerra. Crimini a cui Israele non ha mai dovuto rispondere. Nei mesi scorsi si sono susseguite le provocazioni dei ministri fascisti d’Israele che hanno profanato la Spianata delle moschee, la Mosca di Al Aqsa. Una provocazione all’intero mondo musulmano. Hanno armato i coloni, permettendo loro di attaccare impunemente interi villaggi in Cisgiordania, uccidendo e ferendo civili inermi. Nessuna condanna, nessuna sanzione. Il progetto di annientamento della Palestina è in atto. E nessuno di quelli che oggi accusano Hamas dei peggiori crimini, di essere una banda di terroristi sanguinari, ha mosso un dito, ha alzato la voce per protestare contro i crimini dei sionisti. La nostra è stata una reazione. Dura, combattiva, vincente. Israele sa di non essere invulnerabile e che mai avrà sicurezza con la Palestina occupata.

Non sono crimini di guerra anche quelli commessi dai miliziani di Hamas ll 7 ottobre? Civili uccisi, anche donne e bambini, altri presi in ostaggio.
I nostri combattenti avevano come obiettivo prioritario le strutture militari, a cominciare dal quartier generale della brigata di Gaza, e i soldati israeliani. Ma quella scatenata da Israele, e non certo dal 7 ottobre, è una guerra totale contro il popolo palestinese, senza alcuna distinzione tra combattenti e civili. Sono decine di migliaia i civili massacrati dagli israeliani, altrettanti tenuti prigionieri nelle loro carceri. Sono migliaia i bambini palestinesi morti nei bombardamenti, e altri ancora sono morti, nel disinteresse generale, a seguito dell’assedio che dura da oltre sedici anni. Israele è responsabile della distruzione dell’ospedale di Gaza, dove sono morti cinquecento palestinesi, molti dei quali donne e bambini. Così come fu responsabile del massacro di Sabra e Chatila. E saremmo noi i criminali? Il massacro dell’ospedale conferma la brutalità del nemico e la portata del suo sentimento di sconfitta. Quell’attacco è un nuovo punto di svolta. Rendo omaggio al popolo di Gaza che sta affrontando la barbara macchina sionista. Sono impegnati nelle loro terre. Oggi Gaza cancella dalla Comunità arabo-musulmana la vergogna delle sconfitte, la vergogna dell’accettazione e dell’inazione.

Hamas ha liberato due ostaggi. Ma ne ha in mano altri duecento, tra cui donne e bambini.
È impensabile liberare i prigionieri mentre Gaza è sotto bombardamenti. Impensabile e impraticabile. Israele sospenda gli attacchi, permetta l’ingresso degli aiuti umanitari e uno scambio può essere trattato. Il mondo parla e s’indigna per gli ostaggi in mano ad Hamas e ad altre fazioni della Resistenza. Ma si dimentica che migliaia di palestinesi, molti dei quali minorenni, sono da anni ostaggi degli israeliani. Ma li chiamano prigionieri. Sono oltre 6mila i palestinesi oggi prigionieri d’Israele. E le loro condizioni di prigionia sono sempre più dure. A deciderlo è soprattutto il ministro fascista Be-Gvir. Se potesse li eliminerebbe tutti. Ho perso il conto di quante volte abbiamo chiesto la liberazione dei prigionieri. Israele non ha mai inteso farlo, se non quando ha dovuto trattare la liberazione del soldato Shalit. Siamo pronti ad uno scambio di prigionieri, ma questo potrà avvenire solo se cesseranno gli attacchi a Gaza.

In questi giorni di guerra si è tornati a parlare di una pace fondata sulla soluzione a due Stati. Ma questo comporterebbe il riconoscimento d’Israele da parte di Hamas. È una prospettiva ipotizzabile?
Nessuno può chiedere alla vittima di riconoscere il suo carnefice. Nessuno. Hanno rubato le nostre terre. Hanno occupato la Cisgiordania e al Quds (Gerusalemme, ndr). Guardate che fine hanno fatto gli accordi di Washington. Arafat aveva riconosciuto Israele, ma trent’anni dopo i palestinesi sono ancora sotto occupazione. Quegli accordi non dovevano essere firmati, perché frutto di una strategia rivelatasi fallimentare. Israele li ha usati per coprire la colonizzazione, per mantenere e rafforzare l’occupazione, e avere la copertura internazionale. Quegli accordi non sono serviti neanche a ottenere la liberazione di prigionieri palestinesi. Quando ciò è avvenuto, è stato grazie alle azioni della resistenza palestinese. Vogliono trattare? Si ritirino dai territori che hanno occupato. Ma Israele non vuole trattare una pace giusta. Vuole annientare il popolo palestinese, occuparne le terre. Due milioni di coloni sono pronti a insediarsi in Cisgiordania. A coloro che oggi ritirano fuori i due Stati, chiedo: dove dovrebbe sorgere lo Stato di Palestina? Su quale francobollo di terra? La nostra non è una guerra di religione. È una guerra di liberazione. Agli israeliani diciamo: Quante volte vi abbiamo avvertito di ciò che avete commesso e perpetrato nei territori occupati nel 1948, oltre ai vostri tentativi di separare il nostro popolo?.

C’è chi sostiene che uno degli obiettivi di Hamas con gli attacchi del 7 Ottobre fosse sancire la fine politica dell’Autorità nazionale palestinese e del presidente Abbas.
È falso. Nel corso di questi decenni di occupazione abbiamo visto più volte il nemico provare, spesso riuscendoci, a dividere il campo palestinese, con la complicità dell’America e dell’Europa. Noi abbiamo sempre detto che l’unità è un bene da preservare ma l’unità la si costruisce nella resistenza all’occupazione israeliana e nel combattere chi vuole annientarci. La resistenza contro chi da sedici anni assedia Gaza, contro chi porta avanti la pulizia etnica a Gerusalemme Est, contro chi spaccia per diritto di difesa, le punizioni collettive, il furto di terre palestinesi, di chi detiene per mesi e anni prigionieri palestinesi senza neanche un processo. Questa è l’unità che interessa ad Hamas. Non c’è preclusione in questo. Quanto poi alla legittimazione, vorrei ricordare che Hamas ha vinto le elezioni del 2006, elezioni libere, democratiche. La reazione israeliana e dell’Occidente è stata quella dell’assedio, dello strangolamento. Hanno votato Hamas, meritano di essere puniti. Bella idea di democrazia.

(Ha collaborato Osama Hamdan)

 

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